8.1 La città fluida tra rifiuti della coscienza e illuminazioni: fondazione, crescita, decrescita in cerca delle fondamenta di un nuovo patto sociale
Coordinators: Federico Maria Jelo di Lentini (Università di Catania), Nicola Cavallotti (Università degli Studi di Milano), Davide Crimi (ricercatore indipendente) E-mail:federico.jelodilentini@phd.unict.it
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Qual è l’utilità di un’idea di città, se ce n’è una? E cosa succederebbe se non ci fosse nemmeno un’idea di città? Il Novecento ci ha portato a comprendere progressivamente che non esiste una realtà “oggettiva”, che le cose non sono come le vediamo (Il tradimento delle immagini, avrebbe detto Magritte). La nostra medesima vita, in certa misura, non è quel che è ma è quel che immaginiamo che sia: l’immaginazione, se non può abolire le condizioni date, può contribuire certamente al superamento dei limiti o all’edificazione di nuovi. Per valorizzare lo spazio urbano bisogna conoscerne la storia. Non ci sono scorciatoie; e la strada bisogna farla a piedi, camminando: si scopriranno le ragioni della città contratta, con le sue periferie al centro, e della città dilatata, con le sue borgate, personaggi in cerca d’autore (e di simboli). Il paradigma della città fluida si manifesta negli elementi che lo compongono: identità (valorizzazione delle specificità culturali e delle vocazioni), interattività (apertura al confronto, allo scambio, al turismo), interdisciplinarietà e Multisettorialità (incrocio di competenze, di saperi e di saper fare), potenzialità (vedere l’idea), sostenibilità economica (concretezza di rapporti), dinamismo (imprimere costantemente energia, sia quando si vedono risultati e, soprattutto, quando non si vedono) e, infine, perturbazione: perché se un’operazione ha impatto, crea sempre un effetto perturbante. La logica itinerante del viaggio interno alla città assume metodologicamente il riferimento agli esempi nobili e consolidati: da una parte il Bloomsday, celebrazione di James Joyce nel pattern del viaggio in un solo giorno nella città seguendo gli itinerari e le flâneries dell’Ulysses; dall’altra, il modulo d’interpretazione critica di Jane Jacobs come osservazione diretta della vita reale. Accanto al télos (τέλος) l’associazione tra monumenti e personaggi storici intesa come scopo joyceano, la tecnologia contemporanea permette di porre una tecnica (τέχνη) per rendere mnemonicamente profonda e più incisiva l’esperienza, con l’apparizione in ologramma dei personaggi evocati, così da rendere attuale l’opera dell’immaginazione (μαγεία). La dissipazione dell’illusione avviene attraverso la produzione di nuove immagini, rinnovando il ciclo; soprattutto, sostituendo uelle negative con altre idonee alcambiamento armonico richiesto dall’epoca.
8.2 Spazio Libero: slack space e città media
Coordinators: Alberto Geuna (Politecnico di Milano), Antonello Alici (Università Politecnica delle Marche), Niccolò Suraci (Politecnico di Torino), Quirino Spinelli (ricercatore indipendente), Enrico Vercellino (ricercatore indipendente) E-mail:alberto.geuna@polimi.it
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Slack space è un’espressione originaria del mondo dell’informatica, che descrive lo spazio residuo disponibile su un disco fisso. L’autore inglese Jeremy Till la utilizzò nel primo decennio del 2000 per rappresentare una capacità propria dell’architettura di appropriarsi dello spazio dilatato della città contemporanea. Lo slack space è una caratteristica intrinseca di ogni conurbazione, è intimamente legato ai caratteri urbani contemporanei e si esprimein proporzione al palinsesto territoriale sul quale si tiene. La sessione intende porsi in continuità con la prima edizione del festival Spazio Libero di Ferrara (15-30 aprile 2023), finanziato dalla Direzione Generale Arte Contemporanea del Ministero della Cultura, che propone una riflessione sulle modalità d’uso e le opportunità insite nell’idea di slack space nel contesto della città media italiana ed europea. Gran parte della struttura insediativa del nostro Paese si caratterizza per una diffusa presenza di conurbazioni di dimensione intermedia, difficile da ricondurre ai piccoli centri o alle città. Impossibile ricondurre un metodo di definizione univoco, sia che si attraversino trasversalmente gli studi urbani, sia che si prenda in considerazione uno specifico contesto geografico. Proprio per la sua condizione di medietà, conurbazioni genericamente né grandi né piccole, questa dimensione di città pare reggersi piuttosto su un raggio molto esteso di aspetti, e che ben descrivono la complessità di circoscrivere il campo. Alcuni caratteri possono guidare questa azione: la demografia è probabilmente il primo dato rilevante, che fotografa il mix di popolazione giovane e anziana, nonché il peso della popolazione che abita in contesti più o meno urbani o rurali; in secondo luogo, la diversificazione e il peso dell’attività economica; in terzo luogo le infrastrutture, le reti di trasporto privato e pubblico, l’accesso ai servizi pubblici; infine le istituzioni culturali e le istituzioni educative. In un ambito così variegato e complesso, la sessione propone l’osservazione di pratiche architettoniche in grado di reinterpretare lo slack space, costituendo nuove prospettive per la città media. Cosa vuol dire osservare lo slack space nel contesto di una città media? Da quali pratiche è attraversato e quali economie muove? Che tipo di spazio descrive, da quali attori è promosso, a quale comunità è orientato? In che modo è differente nella città media?
8.3 Spazi produttivo-commerciali e architetture per lo ‘svago’: storia, riuso e questioni di restauro delle memorie urbane novecentesche
Coordinators: Maria Grazia Turco (Sapienza Università di Roma), Elena Paudice (Sapienza Università di Roma), Giulia Luciani (Sapienza Università di Roma) E-mail:mariagrazia.turco@uniroma1.it
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Le strutture produttivo-commerciali e i luoghi per lo svago, dal Novecento fino ad oggi, hanno ricoperto un ruolo di primo piano nell’evoluzione della città contemporanea, sovente quali vere e proprie infrastrutture sociali. Se in una prima fase, la presenza di luoghi dedicati alle attività produttivo-commerciali (stabilimenti industriali, centrali elettriche, mercati generali e di quartiere) e della rappresentazione (teatri, sale cinematografiche, auditori) ha influenzato le dinamiche di crescita e di sviluppo di interi settori urbani, le trasformazioni più recenti hanno, invece, spesso determinato situazioni di abbandono di luoghi e strutture generando, inevitabilmente, degrado, incuria e nuove forme di utilizzazione ‘incompatibili’. Tuttavia, questi manufatti rimangono, ancora oggi, luoghi carichi di significato per l’identità collettiva che, nella permanenza della memoria, mantiene saldo il legame tra comunità e strutture fisiche, tra ciò che era, ciò che rimane e ciò che potrà essere. Una situazione in bilico tra il non-più e il non-ancora, tra architetture dismesse e architetture disponibili che oggi richiedono nuovi usi e compatibili riutilizzazioni; si tratta di testimonianze che, venuta meno la loro funzione iniziale, mostrano le eredità delle città del passato affioranti nella città esistente, in forma di tracce e di stratificazioni, dimostrando in modo esemplare la natura della città come palinsesto. Naturalmente la dinamica di riscrittura, vale a dire il progetto, è chiamata non solo alla conservazione delle permanenze, dei ‘valori’, ma anche alla definizione di proposte ‘innovative’ che devono saper instaurare nuove relazioni ma anche soddisfare varie esigenze funzionali e di uso oltreché sociali e culturali. Si tratta di un ambito tematico che richiede, nell’attualità, nuove chiavi interpretative per questi luoghi urbani, ormai ‘consumati’, e nuovi cicli di vita. Non di rado, tuttavia, la prefigurazione degli scenari futuri rivela campi di tensioni conflittuali tra diversi attori, in cui accanto o in sostituzione delle previsioni ufficiali intervengono processi imprevisti e pratiche dal basso di rivendicazione degli spazi simbolo della città. La sessione vuole, quindi, sia analizzare le dinamiche di trasformazione dei luoghi produttivi- commerciali e dello spettacolo novecenteschi, spesso vere e proprie infrastrutture sociali, rivolgendosi ai percorsi passati e alle tendenze attuali, sia indagare il rapporto che viene a delinearsi tra contenitore storico e trasformazione, cercando di comprendere come sia possibile, sulla base di mutate necessità, soddisfare da una parte le esigenze della conservazione e dall’altra quelle di trasformazione-innovazione.
8.4 Città Fluide: spazi, tempi e relazioni della città contemporanea
Coordinators: Federica Fiorillo (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), Michele Cerro (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) E-mail:federica.fiorillo@unicampania.it
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Il fenomeno migratorio, che a partire dalla nascita delle città industriali ha interessato i piccoli centri, rappresenta, ancora ad oggi, una criticità sociale con la quale confrontarsi. Come testimoniano le ultime indagini storiografiche, gran parte dei piccoli borghi delle aree interne sono protagonisti di un significativo depauperamento in termini di risorse e, soprattutto, capitale umano. Ecco che la visione multidisciplinare della cosiddetta “Città Fluida”, per usare un paradigma ancora efficace, coniato dalla matematica Sandra Bonfiglioli nel 1990, si propone quale strumento strategico per la valorizzazione e la rigenerazione dei centri minori, in linea con le innovazioni tecnologiche figlie della contemporaneità. Connessione, relazione, integrazione. Una dimensione urbana, in cui l’agorà si trasforma in un sistema di contatti interattivi e interdisciplinari, che si liberano dai limiti spazio- temporali, perdendo la loro fisicità. Questo consente al fruitore di vivere una nuova esperienza percettiva della città. Trasformata in un non luogo, o meglio, in un sistema integrato di non luoghi, permette una comunicazione simultanea con tutto il resto del mondo. Nella “Città Fluida”, dice Maurizio Corrado «Il mezzo elettronico elude la distanza, non la annulla ma la ignora». Una dimensione internazionale, in cui l’innovazione tecnologica è perfettamente integrata con le realtà locali e le identità territoriali, generando flussi di conoscenza sostenibili e soprattutto accessibili. La diffusione di questa nuova dinamica urbana consente, da un lato, di decongestionare e decentrare le sovraffollate metropoli contemporanee, dall’altro, di mitigare i fenomeni di spopolamento dei centri minori, attraverso il potenziamento del canale comunicativo dematerializzato. In tal senso, quali sono i nuovi caratteri della città della contemporaneità? Quali i nuovi bisogni a cui è chiamata a rispondere? Come la nuova esperienza di città influisce sulle dinamiche sociologiche e antropologiche? La sessione si propone di indagare e approfondire le esperienze, nazionali ed internazionali, di “Città Fluida” quale acceleratore di relazioni nonché volano di nuove funzioni volte alla valorizzazione del patrimonio culturale e naturale dei luoghi interessati.
8.5 Città italiane all’estero
Coordinators: Riccardo Serraglio (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), Raffaela Fiorillo (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) E-mail:riccardo.serraglio@unicampania.it
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La storia dell’emigrazione rappresenta un fenomeno diacronico, caratterizzato da flussi più o meno intensi di italiani all’estero, indotti da condizioni politiche ed economiche di particolare difficoltà. In determinati contesti storici e geografici, l’estrema povertà e l’assenza di prospettive di miglioramento hanno indotto molti italiani a spostarsi in paesi più o meno lontane. Il fenomeno dell’emigrazione ha talvolta causato lo spostamento all’estero di comunità omogenee, provenienti da regioni e territori dell’Italia meridionale o settentrionale. Molte volte le migrazioni si sono generate in maniera spontanea, in qualche caso sono state regolate da decisioni politiche. Per esempio, nel contesto delle misure adottate per far fronte alle gravi problematiche economiche e sociali del secondo dopoguerra, il governo democratico considerò l’emigrazione programmata come uno strumento efficace per allentare la pressione sociale causata dall’enorme richiesta di posti di lavoro. Di conseguenza, utilizzando parte delle risorse finanziarie acquisite mediante il Piano Marshall, il governo favorì l’espatrio di una consistente quantità di lavoratori riattivando i percorsi delle grandi migrazioni verso il Sud America dell’ultima decade dell’Ottocento e della prima del Novecento. Si vuole verificare se le comunità italiane trasferite in nazioni straniere, in differenti periodi storici, abbiano prodotto insediamenti simili a quelli della madrepatria, sia nelle forme dell’architettura e dell’urbanistica sia nella struttura sociale delle relazioni comunitarie, in maniera spontanea oppure mediante operazioni di pianificazione territoriale e progettazione urbana.
8.6 Dalle manifatture alle industrie urbane: fabbriche e welfare nelle città italiane tra Ottocento e Novecento
Coordinators: Giovanni Luigi Fontana (Università degli Studi di Padova), Edoardo Currà (Sapienza Università di Roma) E-mail:giovanniluigi.fontana@unipd.it
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Nelle forme e nei modi di vita delle realtà urbane contemporanee si possono ben distinguere gli effetti di un “fare” e di un “essere città” legati alla presenza e al protagonismo dell’impresa industriale moderna dentro o a ridosso del costruito storico. Sono molte e ben caratterizzate le storie che si possono tracciare e che si pongono a volte in continuità con le vocazioni produttive manifatturiere di un determinato contesto, altre volte si manifestano come pure giustapposizioni, nate dall’incontro tra l’iniziativa imprenditoriale e la disponibilità di una mano d’opera a basso costo. Nell’ampio spettro di esperienze riscontrabili tra questi due estremi si può in generale constatare come queste presenze abbiano influito in modo determinante sull’evoluzione della città o almeno di sue parti importanti. Da un lato attraverso la sottrazione, con i recinti chiusi dei luoghi della produzione impenetrabili ai più, dall’altro attraverso la ramificazione costruita e infrastrutturale della realtà produttiva, di quella economica e di quella sociale. Questo innervamento va dalle necessarie connessioni infrastrutturali, come le strade, le linee ferroviarie, i ponti o i canali, alle risposte ai bisogni residenziali, socio-sanitari e culturali dei lavoratori. Se le company town, realizzate dentro o fuori dalla realtà urbana esistente, hanno permesso la proposizione di modelli tipologici e urbani che hanno influenzato la nascita e i postulati principali del Movimento Moderno, è possibile individuare, nelle vicende urbane di lungo periodo, invarianti, elementi innovativi e specificità sperimentali che la vita della fabbrica nella città ha determinato sul costruito, sull’uomo e sulla società? L’indagine, in corso da tempo, si propone di cogliere le diverse stagioni e i molteplici volti di una fenomenologia che, nell’individuazione dei caratteri della città tra Ottocento e Novecento, costituisce un campo di ricerca, pianificazione e progettazione fondamentale per il presente e il futuro delle città italiane.
8.7 Historical heritage and oblivion. Strategies, methods, case studies for the enhancement of systems, landscapes and architectures
Coordinators: Manfredi Leone (Università degli Studi di Palermo), Giancarlo Gallitano (ricercatore indipendente), Carlotta Fazio (ricercatrice indipendente) E-mail:manfredi.leone@unipa.it
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La città contemporanea è il risultato di un sistema di connessioni e sovrapposizioni che nel corso dei secoli hanno generato la nuova forma urbis. Processi feroci e incontrollati nella recente storia dei luoghi hanno spesso generato territori e sistemi urbani in conflitto, condizioni e occasioni nelle quali il patrimonio storico monumentale è messo a rischio, affronta l’oblio della riconoscibilità nella identità propria e dei luoghi stessi, indipendentemente che si tratti di edifici o sistemi complessi. Questa condizione è il risultato di processi di costruzione della città, che in epoca moderna si formano attraverso studi, piani e progetti, ma che spesso sono il frutto di illegalità e mancanza di controllo del territorio. Persino grandi operazioni di insediamento di nuovi quartieri a opera di grandi maestri non hanno dato i risultati sperati, provocando trasformazioni violente che hanno cancellato segni ed eredità del patrimonio storico con la complicità di una urbanistica quantitativa e dedita solo al rispetto delle norme. Recentemente alcune città europee e italiane, hanno intrapreso percorsi di rigenerazione e di recupero del legame con il tessuto storico, con il patrimonio architettonico monumentale, anche contemporaneo, attraverso valorizzazioni dell’esistente e nuove integrazioni. Pedonalità, mobilità lenta, reti, riconoscimento di luoghi e paesaggi nascosti o soffocati, sono le chiavi per una nuova interpretazione di porzioni di città che non riescono a emergere e farsi riconoscere per il valore che realmente hanno, mentre si manifesta evidente la necessità di riconnessione e valorizzazione di importanti segni della storia urbana in relazione allo scenario urbano attuale e contemporaneo. Il riconoscimento UNESCO dei patrimoni potrebbe essere una chiave di alto livello per comprendere alcune storie di successo o fallimento, come paradigma operativo o valutativo. La sessione intende indagare e riflettere su esperienze urbane o su configurazioni di luoghi che si possono identificare in questa casistica.