2.1 Il lavoro delle donne nelle città e nelle loro prossimità. Un approccio di lunga durata
Coordinatori: Paola Lanaro (Università Ca’ Foscari Venezia), Edoardo Demo (Università degli Studi di Verona) Email:lanaro@unive.it
Descrizione sessione
Nella sessione s’intende esaminare, in un approccio di lunga durata, il definirsi del lavoro femminile, dapprima condotto in una dimensione familiare, poi progressivamente nella dimensione della fabbrica. L’evoluzione nasconde tutt’ora molti punti oscuri, che la sessione si propone di affrontare, pur nella consapevolezza che la materia è ancora oggi da analizzare nella sua completezza. Con il termine “lavoro” s’intende sia il lavoro agrario, sia il lavoro industriale e manifatturiero, sia quello commerciale. Il tema del lavoro delle donne è strettamente connesso al concetto di segregazione femminile, che si manifestava anche nella dimensione spaziale e nella stessa dimensione dell’organizzazione aziendale o imprenditoriale. Attraverso un approccio di lunga durata si vuole aprire la riflessione sia all’età premoderna che all’età dell’industrializzazione nel mondo occidentale. Ci si propone così di fare emergere i balzi in avanti e i momenti di regressione sulla base dell’idea che l’avvio ai processi di industrializzazione e di uguaglianza tra maschi e femmine, anche nel lavoro, non ha una dinamica progressiva ma presenta un andamento non lineare. Si auspica infine la possibilità, attraverso gli studi presentati, di avviare anche processi comparativi tra diverse realtà urbane.
2.2 Spazi urbani e prospettiva di genere
Coordinatori: Orsetta Giolo (Università degli Studi di Ferrara), Barbara Badiani (Università degli Studi di Brescia) Email:orsetta.giolo@unife.it
Descrizione sessione
L’analisi critica dello spazio urbano nella prospettiva di genere è al centro di un numero importante di studi di carattere interdisciplinare e di un crescente interesse anche nel dibattito pubblico, che vede il coinvolgimento del mondo dell’associazionismo e delle istituzioni. A partire da questo vivace confronto, la sessione intende contribuire alla discussione in corso indagando nell’ottica di genere lo spazio – fisico, simbolico, pubblico e privato – nella città, passata e presente. Le prospettive femministe e queer rappresentano il punto di vista privilegiato nell’analisi dello spazio urbano, sia con riferimento alle possibilità generative di modi di appropriarsi, di stare, di usare e abitare lo spazio urbano, sia in relazione ai processi di esclusione e marginalizzazione che nella città si radicano e manifestano. Particolare attenzione sarà dedicata, anche attraverso una prospettiva storica, all’intersezione tra genere, razza e classe, nella disamina delle diverse forme di discriminazione spaziale, al loro emergere, manifestarsi, farsi rappresentazione e richiamo a un diverso agire nella città. La sessione, dunque, approfondisce i seguenti temi (ma non si limita a questi): La città femminista Spazi urbani e prospettiva queer Abitare i diritti nella città: criticità e potenzialità nell’ottica di genere La relazione spazio/tempo nello spazio urbano La città della cura e la dimensione relazionale Discriminazione spaziale e intersezione genere, razza, classe Soggettività politica delle donne e spazi urbani La storia delle donne nella città La formazione dei progettisti e la prospettiva di genere Pratiche, politiche e progetto dello spazio urbano nella prospettiva di genere Spazi urbani e dati di genere
2.3 Diplomazia del patrimonio: la conservazione del patrimonio culturale come strumento per le relazioni internazionali
Coordinatori: Anna Paola Pola (CNR, ISPC Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), Emma Guarneschelli (ricercatrice indipendente) Email:nnplpl@gmail.com
Descrizione sessione
La conservazione del patrimonio culturale (in ambito archeologico, architettonico e urbano) è stata per secoli oggetto di politiche interne e scambi diplomatici tra Stati. Oggi, le attività diplomatiche basate sulla tutela e la promozione del patrimonio culturale hanno ampliato la loro portata e sono diventate parte integrante delle agende internazionali assieme agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), ai diritti umani, alla ricostruzione, o allo sviluppo economico. Da un paio di decenni, i cambiamenti in atto nella percezione e conservazione del patrimonio testimoniano un crescente interesse per la diplomazia del patrimonio, ovvero un insieme di processi in cui il patrimonio culturale, specialmente quando condiviso tra le nazioni, diventa oggetto di scambi, collaborazioni e forme di governance cooperativa (Winter 2015). Questa sessione vuole indagare il ruolo e l’evoluzione del rapporto tra conservazione del patrimonio culturale e relazioni internazionali. Pertanto, intendiamo discutere casi studio su scala globale che attestino come la diplomazia del patrimonio, dalla seconda metà del XIX secolo in poi, abbia contribuito a ridefinire la rappresentazione e percezione di uno Stato a livello internazionale; come sia stata utilizzata per promuovere l’influenza culturale (soft power); e come abbia agito nel ridisegnare i rapporti tra Stati, attori transnazionali (UNESCO, ecc.) e società civile in un’ottica di inclusività e sostenibilità. Siamo inoltre interessati a contributi che si interroghino su quali attori globali siano emersi ed emergono oggi in questo scenario (agenzie non governative e filantropiche, società di consulenza, enti finanziati dallo Stato, organizzazioni intergovernative, ecc.) e con che ruolo; se e come siano cambiate le narrazioni storiche su scala regionale e globale; e infine come la conservazione del patrimonio sia stata inquadrata, elaborata e resa operativa, anche in considerazione del numero sempre maggiore di Paesi non-occidentali (Cina, Stati Arabi del Golfo, ecc.) che sta investendo in questa forma di diplomazia attraverso istituzioni e iniziative finalizzate alla tutela del patrimonio, anche al di fuori dei propri confini (Winter 2014). Sono apprezzate le proposte di storici, archeologi, architetti e urbanisti, nonché di studiosi di studi internazionali e culturali.
2.4 Schemi percettivi, ordini urbani. L’organizzazione topologica della disabilità e della vecchiaia
Coordinatori: Maria Giulia Bernardini (Università degli Studi di Ferrara), Ciro Tarantino (Università della Calabria) Email:mariagiulia.bernardini@unife.it
Descrizione sessione
La sessione è interessata a contributi che riflettano sulle molteplici relazioni che caratterizzano attualmente o hanno caratterizzato nel corso della storia il complesso rapporto tra le strutture percettive e la strutturazione degli spazi, sia da parte delle persone con disabilità e di quelle anziane, sia da parte degli “altri”. Si tratta, in particolare, di indagare le modalità attraverso le quali tali condizioni esistenziali sono state percepite ai fini della progettazione della città, ma anche di interrogarsi direttamente in merito alla percezione degli spazi urbani da parte di questi soggetti, al fine di verificarne la portata inclusiva o escludente. Lungi dal costituire realtà date, definite e immutabili, sia la disabilità, sia l’età senile si configurano infatti quali processi dinamici, in relazione ai quali la percezione – intesa nella sua dimensione collettiva – svolge un ruolo attivo già sul piano definitorio: cosa debba considerarsi disabilità o vecchiaia dipende infatti dai diversi contesti storici e geografici. La storia di sistematica sproporzione di forze e marginalizzazione delle persone con disabilità e di quelle anziane rivela come la percezione collettiva abbia svolto un ruolo attivo anche nelle dinamiche di inclusione e di esclusione dei soggetti: esclusi dalla progettazione sociale e politica, rappresentati come “inadatti” e “inaffidabili”, questi individui sono stati a lungo considerati dei perturbatori dell’ordine. Essi, con la loro a-normalità, richiedevano l’attivazione di composite strategie di difesa sociale, rapportabili in primo luogo ai processi di sovraesposizione e di confinamento all’interno di precisi luoghi. Su questa base, si è assistito alla loro rimozione dalla memoria condivisa, attraverso un’opera di cancellazione dalla sfera pubblica che, nel corso della storia, ha subìto pochissime eccezioni, perlopiù in occasione di massicce e non più occultabili violazioni dei diritti. In tempi recenti, la “presa di parola” di questi soggetti ha però portato ad una rinegoziazione dei rapporti di potere interni alle società occidentali e, con essa, alla necessaria ridefinizione degli spazi di presenza. Così, oggi lo spazio urbano è osservato e interrogato anche a partire dalle percezioni proprie di queste “nuove” soggettività. Ciò permette in primo luogo di individuare nuove forme di esclusione e di discriminazione. Inoltre, in un’ottica progettuale, le prospettive di questi “soggetti imprevisti” concorrono alla formulazione di un universale “dal basso” e portano alla ridefinizione degli spazi, secondo un’ottica inclusiva dei molteplici particolari.
2.5 Storia “evento” progetto. Percezione dei paesaggi urbani tra continuità e trasformazione
Coordinatori: Benedetta Caglioti (Università degli Studi di Ferrara), Francesca Romana Fiano (Università degli Studi di Ferrara), Francesco KB Simi (Sapienza Università di Roma) Email:benedetta.caglioti@unife.it
Descrizione sessione
Città antica e città contemporanea appaiono alla percezione comune quali realtà antitetiche a scapito della comprensione del processo che ne intesse il “continuum”. Il paesaggio antico è stato contemporaneo di ogni proprio tempo e le accumulazioni di materia e memoria sono il risultato delle innumerevoli selezioni e perdite che toccano ciò che permane e ciò che si trasforma. Ponendo al centro della riflessione il binomio continuità/trasformazione si intende superare tale stereotipo pregiudiziale e percepire le forme urbane in tutta la complessità fenomenologica della loro temporalità. Individuando nei momenti della scoperta e del progetto l’opportunità di promuovere un nuovo sguardo sulla tensione esistente tra “continuità” e “trasformazione” della città, il panel discute il tema dell’intervento archeologico e architettonico in ambito urbano quale”evento”. Quest’ultimo è ritenuto in grado di incoraggiare una percezione delle trasformazioni urbane che sappia porsi all’origine del processo interpretativo del patrimonio culturale e dell’assegnazione di un valore condiviso. Eventi, siano essi imprevisti o pianificati (scavi, restauri, valorizzazione, engagement), che guidano nel comprendere la città nella sua sedimentazione storica operando scelte attente alle possibili configurazioni del binomio continuità/trasformazione; eventi che mostrano la città grazie a progettualità inclusive, con attenzione ai soggetti solitamente esclusi dal cuore delle dinamiche urbane; eventi, infine, in grado di generare sguardi imprevisti a partire dai quali indagare gli aspetti più significativi e innovativi del patto tra comunità e patrimonio.
2.6 Storia e storiografia dell’urban design
Coordinatori: Heleni Porfyriou (CNR, ISPC Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), David Grahame Shane (Columbia University USA) Email:heleni.porfyriou@cnr.it
Descrizione sessione
Percepire con gli occhi, percepire attraverso gli occhi, con gli occhi dell’anima. Fisiologia e psicologia si sono incontrate e unite nell’analisi e nella progettazione delle città (passate e presenti) fin dall’Ottocento nel tentativo di dare basi scientifiche ed estetiche all’urbanistica e al disegno delle città. Parallelamente, ciò che sta al di là degli occhi e ancora più in là, al di là dello sguardo – la città misurabile, astratta, invisibile, la città dei bit, la città digitale – è stato ugualmente impiegato, da allora e con tutti i suoi multiformi strumenti e approcci, per organizzare lo spazio urbano. In altre parole, da un lato, la città come opera d’arte totale, la città degli architetti, la città dello spazio urbano tridimensionale e, dall’altro, la città delle reti (infrastrutturali, di traffico, digitali), la città dei geometri e degli ingegneri, rappresentano i due grandi paradigmi secondo i quali si è sviluppata la forma della città. Questa sessione vuole indagare la storia dell’urban design, il suo insegnamento e la sua storiografia, attraverso questi due ampi approcci apparentemente antitetici ma a volte complementari. L’enfasi non è sull’arte e la cultura contro la scienza e la tecnologia e il risultato urbano che hanno prodotto. Questa tradizione storiografica, a nostro avviso limitata e parziale, è di fatto superata. L’enfasi è posta su come lo spazio e la costruzione dello spazio urbano nello specifico sono stati affrontati, concepiti, pensati, insegnati. I contributi possono concentrarsi su specifiche scuole di pensiero o personalità rappresentative in un singolo paese o in tutto il mondo e in diverse tradizioni; possono seguire nel tempo traiettorie specifiche; indagare sulla trasposizione delle idee e degli insegnamenti dell’UD in diversi paesi, seguendo l’influenza di progetti o pubblicazioni, riviste o esposizioni. Obiettivo della sessione è raccogliere contributi in grado di affrontare la storia dell’urban design con un rinnovato interesse per lo spazio urbano; in grado di riscoprire, di volta involta, il valore sociale, politico, economico, sanitario, culturale, ambientale, funzionale, ideologico ad esso assegnato, per guardare con occhi nuovi, consapevolmente, lo spazio urbano e il suo disegno.
2.7 Il volto inquieto della città contemporanea: narrazioni e immaginari ai confini tra formale e informale
Coordinatori: Francesca Scamardella (Università degli Studi di Napoli Federico II), Alessandro Arienzo (Università degli Studi di Napoli Federico II), Francesco Casalbordino (Università degli Studi di Napoli Federico II), Maria Fierro (Università degli Studi di Napoli Federico II) Email:francesca.scamardella@unina.it
Descrizione sessione
La sessione vuole raccogliere proposte che indagano uno dei paradossi interni alle città contemporanee: la compresenza della “città dell’immagine” e delle “città degli esclusi”. Le rappresentazioni della città del XXI secolo incontrano infatti un importante banco di prova nei processi di inclusione sociale e culturale. La questione non è nuova: la città è stata sempre il luogo per eccellenza di scambi economici, politici, culturali, sociali, come racconta Marco Polo all’imperatore dei Tartari (Calvino). Quest’attitudine allo scambio sembra oggi più sfumata, come se lo spazio urbano stesse diventando un luogo di emarginazione, disuguaglianze, accesso negato ai diritti. È una tendenza che la globalizzazione ha acuito, favorendo un paradigma di esclusione. Le trasformazioni urbane che ne derivano sono alimentate da un campo di aspirazioni – la mondialità. Ne è conferma il modello di città globale caratterizzata da un centro omologante costituito da un network di iperconnessioni che tende a favorire condizioni di emarginazione e di esclusione per tutti quei soggetti (individui e gruppi) che non riescono ad accedervi. Si configurano così due immagini di città: da un lato, la città dell’immagine, dei piani strategici dominati dal capitale finanziario; dall’altro, una città degli esclusi, del diritto alla città che mette in forma insediamenti e pratiche informali. I due fenomeni descritti, sebbene opposti, sono generati da fattori comuni e plasmano forme e immagini delle città contemporanee. Proprio questo sguardo, che coglie una contraddizione intrinseca allo spazio urbano, determina l’urgenza di indagare il ruolo e le possibilità delle diverse discipline, dell’architettura e delle scienze socio-giuridiche, di leggere, interpretare, progettare la mondialità, le sue narrazioni e i suoi immaginari, a confine tra formale e informale, pubblico e privato, attraverso approcci multidisciplinari. La sessione incoraggia la presentazione di contributi fortemente interpretativi che, partendo soprattutto da casi studio, mettono in evidenza la relazione tra le due città descritte, esplicitando le ragioni formali, socio-giuridiche, culturali, politiche e storiche della loro (co-)esistenza nel campo urbano.
2.8 Persistenza, percezione e memoria dell’antico nella forma della città moderna e contemporanea
Coordinatori: Clara Di Fazio (SAPIENZA Università di Roma-Dipartimento di Scienze dell’Antichità), Rachele Dubbini (Università degli Studi di Ferrara) Email:clara.difazio@uniroma1.it
Descrizione sessione
Ragionando sulla definizione degli elementi primari nelle dinamiche urbane e sui fenomeni di persistenza e trasformazione dello spazio costruito, Aldo Rossi afferma «sono infatti propenso a credere che i fatti urbani persistenti si identifichino con i monumenti; e che i monumenti siano persistenti nella città ed effettivamente persistano anche fisicamente. (Tranne, tutto sommato, dei casi abbastanza particolari). Questa persistenza e permanenza è data dal loro valore costitutivo; dalla storia e dall’arte, dall’essere e dalla memoria» (A.Rossi, L’architettura della città, Torino 1995, p. 58). A partire da una simile riflessione teorica, che segna un punto cardine negli studi sul tema in rapporto all’architettura, il panel intende approfondire l’analisi del ruolo, della funzione e del significato dell’antico, delle tracce monumentali e immateriali del passato, nei processi di evoluzione dello spazio e del paesaggio urbano in età moderna e contemporanea. Si suggerisce l’adozione di uno “sguardo” trasversale sulla città, “imprevisto” nel tentativo di muoversi tra archeologia, urbanistica, storia urbana e sociologia della cultura. Con riferimento agli aspetti legati alla memoria collettiva – e ai casi “particolari” di oblio – è possibile mettere a fuoco anche i fenomeni di semantizzazione degli spazi e dei luoghi attraverso i segni di memoria storica. Quali elementi mostrano gli esiti dei meccanismi selettivi, formali e di senso, sui monumenti e sul passato? Quale valore assumono le tracce dell’antico nella dinamica urbana? Il panel tenta di rispondere a queste domande al fine di comprendere come la città scelga di narrare e ricordare sé stessa e la propria storia, costruendo e trasformando non solo spazi, ma anche forme di memoria culturale. La sessione, dunque, propone un riesame in prospettiva storica dei seguenti temi, declinabili attraverso l’analisi di casi studio quali, ad esempio, specifici quartieri o aree urbane: – Persistenza e percezione dell’antico nei processi di definizione urbanistica – Cancellazione della memoria dei monumenti antichi nella trasformazione urbana – Archeologia e metamorfosi dello spazio urbano – Citazioni dall’antico nelle forme della città moderna e contemporanea – Semantica dell’antico e percezione dello spazio – Memoria storica e progettazione urbana – Memoria dell’antico ed evoluzione del paesaggio urbano – La città, la storia e la memoria collettiva
2.9 Città delle differenze
Coordinatori: Chiara Ingrosso (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), Francesca Castanò (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) Email:chiara.ingrosso@unicampania.it
Descrizione sessione
Il diritto alla città oggi passa attraverso l’assunzione del concetto di differenza come caposaldo del vivere collettivo: differenza nel reddito, nella sessualità, nell’età, nella nazionalità, nella cultura, persino nell’accessibilità motoria o percettiva. Corollario del principio di differenza è quello della minoranza. Dare valore alle minoranze significa mettere da parte il principio universalistico e omologante che vede nella media (e storicamente nello standard) il concetto cardine della pianificazione urbanistica. Partendo dalle differenze e dalle minoranze l’approccio alla città cambia, divenendo più diversificato e olistico, più inclusivo e sostenibile. Le esigenze delle differenze e delle minoranze, come la pedonalità, la sicurezza, l’autonomia, infatti, si traducono per i pianificatori in specifiche misure indirizzate al trasporto e allo spazio pubblico, ai percorsi ciclabili e per i bambini, ai luoghi per la cura, alle scuole, agli ospedali, agli alloggi collettivi, ai luoghi per lo svago per tutte le generazioni, dai circoli ricreativi alle aree gioco e sportive. Una storia della città basata su tali principi si apre pertanto all’osservazione di fenomeni per lo più sfuggiti all’approccio tradizionale, ponendo al centro gli spazi di relazione, quelli dello scambio, dell’intermediazione e dell’appropriazione, forme abitative autorganizzate alla scala locale definite dai comportamenti quotidiani, dalle consuetudini anti-metropolitane, dai legami o dai conflitti sociali che hanno agito in opposizione alle strutture preordinate della città pianificata e razionale. La sessione è aperta a quei contributi che approfondiscano questi temi attraverso casi studio nazionali ed internazionali. L’obiettivo è mettere a confronto e dare valore ai diversi sguardi e approcci per la città storica e contemporanea, in un’ottica inclusiva, empatica e comparativa.
2.10 Coinvolgere le comunità in città multistrato: metodi per approcci educativi
Coordinatori: Burcu Selcen Coskun (Mimar Sinan Fine Arts University, Istanbul), Mesut Dinler (Politecnico di Torino) Email:selcen.coskun@msgsu.edu.tr
Descrizione sessione
Le teorie contemporanee sull’educazione evidenziano il ruolo cruciale dell’impegno in un contesto specifico per consentire l’apprendimento di un particolare argomento o l’acquisizione di una particolare abilità. L’ambito di applicazione di “educazione” è ampio e può essere applicato a diverse parti della società, e l’educazione dei bambini e dei giovani ne costituisce una parte importante. Il patrimonio, con la sua materialità e contestualità di manufatti, luoghi e pratiche, è uno dei modi che viene sempre più riconosciuto come una piattaforma stimolante per l’apprendimento, la costruzione di nuove competenze e il coinvolgimento dei coetanei (Kisis e Tomka, 2018). D’altra parte, a partire dagli anni Duemila, è cresciuto l’interesse per l’importanza del coinvolgimento e dell’educazione dei cittadini nel riconoscimento e nella tutela dell’ambiente costruito. In relazione alle teorie emergenti sull’urbanistica, la sostenibilità e la conservazione del patrimonio a partire dall’ultimo quarto del XX secolo, un numero sempre maggiore di studiosi e organizzazioni ha iniziato a cercare modi per coinvolgere la società con il patrimonio urbano, la cultura architettonica e la conservazione dell’ambiente costruito. Gli obiettivi principali che hanno spinto gli studiosi a lavorare in questo campo dipendono dalle teorie del patrimonio culturale, che sottolineano la necessità di “creare un impegno pubblico e ampliare il senso di proprietà dell’ambiente storico e costruito” e “ampliare il senso di proprietà dell’ambiente storico e costruito”. Gli elementi tangibili e intangibili delle città con molteplici stratificazioni storiche sono sicuramente degli spazi eccellenti per i cittadini per riunirsi e godere del loro patrimonio condiviso. Come ha affermato Pallasmaa (2005, 53), “gli edifici e le città… ci permettono di vedere e comprendere il passaggio della storia e di partecipare ai cicli temporali che superano la vita individuale”. Per arricchire questo impegno esistono pratiche e strategie educative sviluppate da diversi gruppi. Questa sessione invita a presentare contributi che affrontino le diverse modalità di strategie educative sviluppate per coinvolgere le comunità nelle città multistrato. I contributi sono incoraggiati a discutere le pratiche educative e a riflettere sul loro impatto sul discorso e sulla pratica contemporanea. Ci proponiamo di ascoltare una varietà di metodologie educative e di accogliere prospettive da tutto il mondo.
2.11 Nuovi sguardi, strategie diverse per una cura condivisa del patrimonio
Coordinatori: Andrea Ugolini (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Daniela Pittaluga (Università di Genova), Alessia Zampini (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Eleonora Melandri (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) Email:a.ugolini@unibo.it
Descrizione sessione
La percezione dei luoghi e degli oggetti che li segnano, da sempre cambia con il mutare degli sguardi che vengono loro rivolti. Il mutare delle “narrazioni”, l’interpretazione dei segni e delle stratificazioni che li caratterizzano, la scoperta di nuovi valori materiali e immateriali o la rilettura di quelli già conosciuti ma osservati da prospettive diverse condiziona, inevitabilmente, la vita e spesso la sopravvivenza delle nostre città e degli spazi che le caratterizzano. Luoghi vissuti in antico e/o abitati sino a poco tempo fa, spazi del lavoro, della sofferenza o della cura, spesso dimenticati e in disuso, oggi si palesano come nuovi patrimoni necessari ad una diversa rifondazione identitaria delle comunità che qui ci vivono. La cura di questi “nuovi/antichi” patrimoni è divenuta, grazie alla Convenzione di Faro del 2005, sempre di più un diritto/dovere delle comunità che si relazionano con queste realtà e che talvolta le vivono. Una cura fondata sui processi di studio e riconoscimento di luoghi e manufatti, che comporta nuove forme di educazione, di sguardi, di inclusione e di fruizione finalizzate alla riappropriazione di frammenti perduti della storia. In questa sessione si intende accogliere pertanto quei contributi che analizzano queste nuove forme di patrimonio in relazione a modi diversi di sentire e leggerne la storia grazie ad una necessaria molteplicità di sguardi, propria di ogni comunità; che intendono occuparsi della formazione del/al patrimonio culturale, con un’attenzione nuova ai concetti di identità e memoria collettiva attenta alla inevitabile loro processualità e mutamento; che si interrogano sull’importanza dei fattori identitari e percettivi dei luoghi urbani in una ottica di salvaguardia del patrimonio culturale lato sensu, della sua specificità e relazione contestuale; che propongono, grazie a questi nuovi modi di sentire e di interpretare il dato, esperienze di gestione partecipata del patrimonio culturale architettonico, archeologico e naturalistico, magari sottolineando quelle politiche e pratiche di salvaguardia di tipo bottom up quando messe a confronto con le tradizionali forme di tutela.
2.12 Percepire (e conservare) il Patrimonio Dissonante: materia/memorie, valore/disvalore, immaginari/stereotipi
Coordinatori: Emanuele Morezzi (Politecnico di Torino), Chiara Mariotti (Università Politecnica delle Marche), Leila Signorelli (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Alessia Zampini (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) Email:emanuele.morezzi@polito.it
Descrizione sessione
La sessione si propone di approfondire la conservazione del così detto Dissonant Heritage, patrimonio che può assumere questo significato per cause legate a conflitti, sia di natura bellica sia di natura interpretativa. Proprio il patrimonio architettonico storico, oggetto di tutela e conservazione, può divenire infatti strumento non di unificazione sociale e democrazia, ma di divisione e di inasprimento delle tensioni fra fazioni ancora divise. Su tali tematiche la disciplina del restauro architettonico ha trovato nelle parole di R. Pane nel saggio “C. G. Jung e i due poli della psiche” (1987) una teorizzazione del concetto di istanza psicologica a rimarcare quanto il percepito da parte della popolazione nei confronti di un patrimonio in conflitto dovesse essere associato alle visioni brandiane in merito a istanza storica ed estetica. La portata innovativa di tali concetti appare più rilevante oggi, alla luce di fenomeni internazionali come la Cancel Culture e i movimenti di protesta contro la monumentalizzazione di un patrimonio disconosciuto o al centro di conflitti di interpretazione. Se Sharon Macdonald nel suo contributo “Is ‘Difficult Heritage’ Still ‘Difficult’?” (2015) si interroga se affrontare un’eredità difficile sia oggi un’azione possibile rispetto alla damnatio memoriae del passato, appare ancora difficile giungere ad esiti interpretativi condivisi per quei patrimoni la cui dissonanza deriva, come sta accadendo nei conflitti più recenti, da una comunicazione che manipola volontariamente stratificazioni del tempo e valori per legittimare ambizioni di supremazia di gruppi etnici, politici o religiosi. Il patrimonio culturale diviene un cardine delle cosiddette “identity politics” e la sua narrazione assume un ruolo cruciale nelle strategie di guerra ibrida (hybrid war), dove il controllo delle informazioni (infowar) diviene a tutti gli effetti un’arma comprimaria per il successo militare delle operazioni, tanto più se tali informazioni sono veicolate su piattaforme che si sottraggono con facilità a forme di controllo. La sessione si configura come invito alla riflessione sulle modalità di percezione, e quindi di conservazione, del Patrimonio Dissonante o Dissonant Heritage, intendendo con questo la categoria di eredità del passato teorizzata da Tunbridge e Ashworth (1996) e attribuendo alla “dissonanza”, sia di natura bellica che interpretativa, una delle più alte forme di rischio che ne minaccia la permanenza.
2.13 Contested touristic production of the space as landscape in the Mediterranean destinies
Coordinatori: Antoni Vives Riera (Universitat de Barcelona) Email:tonivives@ub.edu
Descrizione sessione
The proposed session deals first of all with the production of tourist spaces through architecture, urban planning and territorial management in the European Mediterranean, in relation to their performative character of tourist imaginaries, often previous, in which space is signified as a landscape of seduction. We are therefore interested in delving into the construction of the landscape as a tourist scenario. However, we want to go beyond the simple spatial materialisation of tourist desire, so we also consider the impact on the historical configuration of cultural identities and social subjectivities of the multiple perceptions and stereotypes that come into play, as well as the different views projected in the process. Of particular interest are the relations of social inequality established between the different actors involved in this process of spatial production, as well as the conflicts raised in the everyday uses of the performed space. From a historical perspective, we propose an archaeology of the practices and meanings of space prior to its tourist production, and of the power relations established in this process, especially from the point of view of gender, class and place. In this sense, we understand the tourist space as a device of social discipline of bodies in which difference of gender, class and territory has not only been projected and implemented from above, but also transgressed and subverted in everyday practice from below. Thus, papers on processes of production of tourist spaces through the implementation of architectural, urban and, beyond the urban sphere, territorial management projects, which have been multiplying in southern Europe since the end of the 19th century, will be welcome at the round table. In the same way, special emphasis will be placed on making visible the conflicts and unequal power relations involved in the process, as well as the transformation of these spaces through everyday subaltern practice.
2.14 Performatività, genere e conflitti dello spazio turistico
Coordinatori: Nadia Fava (Universitat de Girona), Marisa Garcia Vergara (Universitat de Girona) Email:nadia.fava@udg.edu
Descrizione sessione
L’uso della metafora della performance e del teatro negli studi di storia urbana del turismo suggerisce che le performance turistiche non iniziano e finiscono nei luoghi, ma mettono in gioco tutti gli agenti coinvolti e la molteplicità di sguardi. Il turismo favorisce narrazioni e relazioni attraverso i luoghi e li trasforma con le pratiche quotidiane, gli immaginari e le ideologie politiche che costruiscono il valore patrimoniale di questi luoghi. Questa sessione vuole mettere a dibattito i modi in cui gli spazi turistici del secolo XX e XXI siano prodotti socialmente, ma anche le modalità in cui questi stessi territori essendo il prodotto di negoziazioni siano stati talvolta contestati attraverso pratiche di soggettivazione e assoggettamento alle norme del turismo come pratica di consumo. L’obiettivo è quello dimostrare come le transazioni tra la performance della esperienza turistica, immaginata da politiche sociali, economiche e culturali e effettuata da architetti e urbanisti, e le dinamiche presenti del sito turistico portino alla realizzazione di nuovi spazi e paesaggi. Paesaggi che organizzano le visioni da dentro e da fuori articolando l’esperienza e il sito turistico come una scenografia dove attori e spettatori possono intercambiare i ruoli e definire nuove identità. Alla sessione saranno benvenuti le comunicazioni che tentano di mettere a fuoco casi di studio possibilmente del Mediterraneo costiero durante il XIX i XX secolo capaci di stimolare una riflessione sui processi di produzione dei “paesaggi” turistici e sui valori culturali che mettono in gioco, rendendo visibili i conflitti, le relazioni di potere diseguali e gli stereotipi di genere che vengono riprodotti, progettati e immaginati per i luoghi del riposo dalla quotidianità. In particolare, la sessione comprende (ma non si limita a) i seguenti temi: – Performatività spaziale che gli immaginari alterità turistica formulano in relazione alle architetture delle vacanze e agli spazi del tempo libero – Formalizzazione architettonica o spaziale delle identità turistiche nelle città e urbanizzazioni turistiche, campeggi o nelle grandi pianificazioni a scala nazionale – Ruoli di genere interpretati negli spazi informali del turismo come i campeggi, gli eventi effimeri come i festival o altri – Confronto tra gli sguardi, identità i modelli di turismo e conflitti con i territori interessati (sono particolarmente apprezzati i casi di studio sul Club Méditerranée)
2.15 Spazi urbani: scenari di conflitto da una prospettiva di genere. Secoli XV-XIX
Coordinatori: Ofelia Rey Castelao (Università Santiago de Compostela), María José Pérez Álvarez (Universidad de Leòn) Email:ofelia.rey@usc.es
Descrizione sessione
Cities of all kinds were and are spaces occupied by more women than men, both in Europe and America. Female immigration is the fundamental factor in this imbalance. Domestic service was the goal of most young and single women, so their relationship with the urbanspace was, therefore, the interior of the houses where they worked, but also went out to the streets to buy, to look for water or fuel, etc. Inside and outside the houses, the maids were daily involved in a micro-conflict: we are interested in observing the scenarios of these conflicts, what their causes were, how they were dealt with by the authorities, what control measures were adopted, etc. Women worked in many other activities, especially in small businesses: the sale of all kinds of goods in markets, streets and squares also gave rise to many situations of conflict between the women themselves over the sales spaces with the authorities for the irregularities they committed (fraud, lack of hygiene, illegal practices). The manufacture and sale of bread was an activity also carried out by women: conflicts arose due to the danger of the ovens, due to home delivery, etc. The same happened with other activities that were carried out in spaces of the city and that caused problems (laundry, fish preparation, etc.). Squares and streets were the spaces for collective conflicts and riots led by women: the use of these spaces had a high symbolic value, which are proposed under study.