4.1 La città e il sacro. Comunità, coralità, tradizioni, polarità magico religiose fra ‘colto’ e ‘popolare’
Coordinatori: Rosario Chimirri (Università della Calabria) Email:chimirri@hotmail.it
Descrizione sessione
Il paesaggio in cui vive una comunità, dal sistema urbano all’ambito che lo circonda, è caratterizzato da un universo simbolico i cui significati propiziatori, protettivi e di appropriazione culturale dello spazio, da epoche protostoriche, attraverso lunghi processi di trasformazione, sono giunti sino ai nostri giorni. Il fenomeno, nato dalla necessità da parte dell’uomo di combattere i timori dell’ignoto, di sacralizzare nuove aree abitative, di respingere forze negative, di abitare uno spazio significativo e intelligibile, ha progressivamente assunto le sembianze di usanze cristiane, di cui sono stati collocati i segni nel costruito, in stretta continuità con la città antica. Si tratta di una dimensione nella quale gli edifici religiosi, la disposizione delle strade e altre forme espressive quali i riti cautelativi, gli oggetti apotropaici, le processioni, le feste, le croci, i calvari, i pellegrinaggi, ecc., che definiscono spazi esistenziali, appaiono fortemente radicate in un substrato storico di ampio spessore. Si sviluppa, così, una fitta struttura sacrale, strettamente correlata anche all’architettura e all’urbanistica, che diviene importante punto di riferimento, orientamento e di confine delle comunità e che rafforza il radicamento al proprio luogo, permettendo, contemporaneamente, sia la conservazione dell’identità etnica e la continuità dell’immagine della famiglia identificata con la casa e il vicinato, sia il divenire storico, in una sorta di mescolamento tra le nuove esperienze e la tradizione. Lo scenario, vasto cronologicamente e geograficamente, è ricondotto ad esperienze italiane e dell’Europa mediterranea e continentale, comprese dal Basso Medioevo all’età controriformista e barocca sino al tardo Settecento, fra città e centri minori – gli esempi sono numerosi, dalla croce di strade di Cittadella, alla croce di croci di Bologna, alle croci di chiese di Utrecht e della Roma cinquecentesca, oltre quella paleocristiana, ai Quattro Canti di Palermo, alla miriade di segni sacrali nei piccoli paesi, ecc. – interessando, per gli ampi contenuti, studiosi di Storia dell’urbanistica e dell’architettura e di antropologia dell’abitare, anche in ottica contemporanea, nonchè sociologi e pianificatori, vista la recente ‘nostalgia del sacro’, cioè la tendenza, dopo decenni d’opacità, di un ritorno alla religione nelle società.
4.2 Esplorare le città nei suoi interstizi: scienza ed emozione nel flâneur
Coordinatori: Giampaolo Nuvolati (Università degli Studi di Milano-Bicocca), Luca Bottini (Università degli Studi di Milano-Bicocca), Letizia Carrera (Università degli Studi di Bari Aldo Moro) Email:giampaolo.nuvolati@unimib.it
Descrizione sessione
La nozione di flâneur – impiegata fin dalla fine dell’Ottocento per designare poeti, artisti e intellettuali che osservano criticamente il comportamento delle persone mentre passeggiano tra la folla, e codificata prima da Baudelaire e successivamente nell’importante opera di Walter Benjamin sui Passages di Parigi – è oggi tornata di grande interesse come strumento per identificare una specifica modalità di viaggio e di esplorazione dei luoghi, un particolare tipo di relazione riflessiva tra persone e spazi. Il flâneur costituisce una figura contraddittoria, in quanto non solo egli è uno spettatore passivo che assorbe la realtà urbana, ma è anche un interprete attivo e creatore che rimodella la città stessa con la propria opera. In particolare, la flânerie si muove verso nuove prospettive metodologiche per lo studio di luoghi, città e territori, integrando gli approcci di ricerca più consueti con altri più originali. Seppure il tema della flânerie sia al centro della attenzione da quasi due secoli e riguardi molti paesi, la sessione si concentrerà sulle esperienze metodologiche di integrazione dei vari approcci per come stanno trovando realizzazione nel mondo occidentale a partire dal secondo dopoguerra fino ad oggi. La prospettiva disciplinare della sessione concerne soprattutto l’approccio della sociologia urbana per come viene ad integrarsi con le analisi storiche, geografiche, antropologiche e letterarie della città. Questa sessione intende dunque raccogliere papers che discutano le connessioni possibili tra scienze sociali e pratiche della flânerie nell’esplorazione dell’ambiente urbano contemporaneo. I contributi potranno affrontare da varie angolature disciplinari domande quali: come i metodi tradizionali di ricerca possono essere combinati con approcci più emozionali nell’analisi e nell’interpretazione dello spazio pubblico e dei suoi nodi interstiziali? Come catturare e descrivere il genius loci di un quartiere o di una città? Per distacco dei suoi protagonisti o per coinvolgimento profondo nella scena urbana? Come possiamo essere contemporaneamente spettatori e attori del teatro quotidiano? La possibilità per i sociologi urbani di poter contare sulla ricostruzione in chiave storica della città, dei modelli culturali susseguitesi nel tempo, delle narrazioni letterarie, consentirà loro di cogliere maggiormente le relazioni esistenti tra contesti urbani, comportamenti umani e fenomeni sociali riferiti a specifici luoghi.
4.3 Gli esuli e le tradizioni locali: il ruolo degli espatriati nella costruzione delle identità cittadine. Casi di studio
Coordinatori: Marco Folin (Università di Genova) Email:mafolin@libero.it
Descrizione sessione
Se è vero che le città tendono spesso a riconoscersi in immagini urbane fondate sull’idea di tradizione, capita non di rado che un ruolo di primo piano nella costruzione dell’identità locale sia svolto da persone estranee a quest’ultima: architetti, maestranze, committenti (ma anche politici e letterati, funzionari e imprenditori) costretti a stabilirsi per periodi più o meno lunghi in una città diversa dalla propria per farne la scena privilegiata della loro attività. Forestieri, con difficoltà a integrarsi, essi si mostrano talvolta capaci di trasformare la propria marginalità in valore aggiunto, riuscendo a interpretare la cultura della città d’adozione con un grado di consapevolezza maggiore degli stessi nativi. La storia ne offre innumerevoli esempi, da Apollodoro di Damasco a Leonardo da Vinci, dai ticinesi che costruirono San Pietroburgo ai tanti europei trapiantati nelle Americhe fra Otto e Novecento: figure di primo piano, per quanto spesso trascurate perché eccentriche rispetto ai canoni della storiografia municipale, o agli schemi delle scuole nazionali, oltre che per le oggettive difficoltà che lo studio di una vita raminga pone al ricercatore. Sradicati, apolidi, cosmopoliti, ma ciò nonostante – o forse proprio per questo – fra i più sagaci interpreti di una tradizione non propria: può sembrare un paradosso, è in realtà un indice della natura intrinsecamente composita della cultura urbana, e dell’impossibilità di studiare una città come se fosse un’isola chiusa in se stessa. Saranno benvenuti gli studi di caso dedicati a qualsiasi aspetto collegato alle questioni sopra evocate, senza alcuna preclusione geografica o cronologica. Si darà precedenza alle ricerche originali, proposte in una prospettiva aperta alla comparazione.
4.4 Firenze Illustrata: Visualizzare la storia dell’arte e della società
Coordinatori: Niall Atkinson (University of Chicago), Anne Leader (University of Virginia), Lorenzo Vigotti (Columbia University) Email:nsatkinson@uchicago.edu
Descrizione sessione
Cinque progetti digitali accademici in varie fasi di sviluppo costituiscono la base di Florence Illuminated, un sito Web creato attraverso l’OCHRE (Online Cultural and Historical Research Environment) dell’Università di Chicago, che fornirà non solo saggi interpretativi digitali e visualizzazioni dinamiche e interattive attraverso mappe georeferenziate e modellazione 3D, ma fungerà anche da portale attraverso il quale gli utenti potranno conoscere meglio il materiale archivistico, archeologico e storico che ha portato a queste interpretazioni narrative e visive. L’interazione digitale tra i dati forniti da tre di questi cinque progetti sarà discussa nella nostra sessione: “Communities, Architecture, and Technology Align in Space and Time Online” (CATASTO) di Niall Atkinson presso l’Università di Chicago utilizza il software ARCGIS per creare una mappa interattiva della città come appariva ed era abitata nel 1427. Questo progetto di mappatura digitale trasforma le informazioni sulla proprietà incorporate nelle dichiarazioni dei redditi manoscritte in una rappresentazione visiva della demografia sociale della città. Senza alcun sistema fisso di indirizzi in senso moderno, i fiorentini localizzavano sé stessi e i confini fisici delle loro proprietà in base alle identità dei proprietari e degli inquilini adiacenti, definendo chi erano all’interno di una complessa rete sociale di familiari, soci negli affari, amici e vicini in relazione all’infrastruttura architettonica della città. Il “Digital Sepultuario” di Anne Leader all’Università della Virginia è un’innovativa risorsa online che cataloga ed esplica il mosaico dei monumenti tombali che un tempo ricoprivano i pavimenti, le pareti e i cortili del paesaggio urbano fiorentino, circondando gli abitanti delle città e i visitatori con costanti richiami alla città passato e il significato di questa storia per il presente e il futuro della città. Correlando un gran numero di memoriali piuttosto che concentrarsi su una singola istituzione o tipo di monumento, Digital Sepoltuario crea una topografia di tombe che ci avvicina al modo in cui gli europei del Rinascimento hanno vissuto la morte e la commemorazione. “Pupilli: Florentine Household Inventories 1382-1530” di Lorenzo Vigotti al Medici Archive Project si basa su più di 3.000 inventari domestici per ricostruire gli spazi residenziali di Firenze. Il suo progetto fornisce dati sia qualitativi che quantitativi a studiosi e studenti per mappare specifici spazi architettonici privati e tendenze generali in contesti urbani e rurali. Questa ricca documentazione è servita da punto di partenza per pubblicazioni sulla diffusione delle opere d’arte e relative pratiche di raccolta, la circolazione dei manoscritti, la presenza di armi e schiavi, e la divisione della casa in spazi di genere.
4.5 Città frammentate. Identità e conflitti sociali nelle città italiane e dei Paesi Bassi in epoca premoderna
Coordinatori: Bente Marschall (University of Antwerp), Peter Stabel (University of Antwerp) Email:bente.marschall@uantwerpen.be
Descrizione sessione
Questa sessione ha posto l’accento sulla nozione di extraterritorialità, sul fatto che molte città erano entità politiche, giuridiche, culturali o sociali divise, in cui un unico governo urbano non controllava l’intero territorio né comprendeva tutte le relazioni sociali all’interno delle mura cittadine. In particolare, le città premoderne (Medioevo e primo periodo moderno) erano caratterizzate da un mosaico di enclave giuridiche diverse che influenzavano direttamente o indirettamente la vita economica, politica e culturale dei loro abitanti. Esaminando i modelli di frammentazione, ne tracceremo gli effetti sulla coesione urbana e sull’agency urbana. Per molti storici, l’idea che le città formino un’unità è superata. Il paesaggio urbano diviso è stato al centro di molti studi, che si sono principalmente concentrati e hanno tracciato un legame diretto tra questo paesaggio diversificato e i conflitti e le rivolte (cfr. Lantschner, 2015). Di conseguenza, oggi la città medievale è generalmente concepita come policentrica, con diverse costellazioni di potere e quadri giuridici. Le sfide socioeconomiche poste da tale extraterritorialità sono illustrate, ad esempio, da McSheffrey (2013) per l’enclave di St. Martin le Grand a Londra, che mostra come quest’area funzionasse come rifugio, zona franca economica e santuario. Ma le extraterritorialità influenzano numerose intersezioni nel paesaggio urbano, non solo a livello politico. I temi che rientrano nell’argomento includono la formazione dell’identità, la migrazione, la concentrazione/posizione di alcuni gruppi (professionali), i paesaggi architettonici, la presenza di gruppi privilegiati o svantaggiati e la disuguaglianza sociale e culturale, ecc. In breve, questa sessione mira a riunire gli approcci sociali, politici, economici e culturali alla città divisa.
4.6 Le città europee tra Medioevo ed Età Moderna: pratiche sociali, materiali e intellettuali
Le pratiche urbane, ossia le diverse forme di appropriamento simbolico e materiale degli spazi da parte di individui o di gruppi, sono strettamente correlati con la costruzione delle identità singole e collettive. Le cerimonie religiose, le feste cittadine, i riti laici, le transazioni commerciali e l’amministrazione della giustizia avvengono in luoghi in cui i partecipanti si dispongono secondo una gerarchia che ne connota l’identità. Per questa ragione analizzare i luoghi della sociabilità e le pratiche della vita quotidiana nelle città europee acquista unforte significato politico ed è indispensabile per comprendere l’articolazione del potere nella società di antico regime. Questo panel è rivolto a quei contributi che intendono esaminare le pratiche materiali, sociali e intellettuali che si svolgono negli spazi urbani come momenti di costruzione dell’agire politico e delle gerarchie di potere nell’Europa di antico regime.
4.7 La città in scena. Riappropriazione dello spazio urbano e strategie culturali e ambientaliste tra anni Sessanta e anni Ottanta
Coordinatori: Chiara Baglione (Politecnico di Milano), Elisa Boeri (Politecnico di Milano) Email:chiara.baglione@polimi.it
Descrizione sessione
In epoca contemporanea lo spazio urbano ha continuato, come nel passato, ad essere scenario di eventi effimeri, anche se con connotazioni, contenuti, processi e attori diversi. Installazioni e happening artistici, performance teatrali, eventi musicali, fashion shows hanno usato la città come sfondo o coprotagonista, talvolta in modo spontaneo e non pianificato, in altri casi come risultato di precise strategie e di regie attentamente studiate. Negli anni Settanta questi eventi sono stati anche diretti alla riappropriazione dello spazio urbano da parte dei cittadini, per affermare l’idea della “strada per la gente”, in quella “battaglia” contro l’automobile basata sulla volontà di agganciare i problemi della salvaguardia e del recupero dei centri storici e degli spazi pubblici alla coscienza ambientalista che andava maturando in quegli anni in Europa e negli Stati Uniti. La sessione intende proporre riflessioni sugli attori, i processi, i contenuti ideologici di tali eventi e il peso e il ruolo che specifici contesti urbani hanno avuto nelle loro ideazione e realizzazione. Attraverso l’analisi di casi studio significativi, si propone di tentare una ricostruzione dei processi ideativi di performance teatrali, artistiche o musicali che hanno avuto lo spazio urbano come scenario, nonché i rapporti di collaborazione instauratisi tra artisti, registi, performers, architetti e urbanisti. L’interesse è rivolto anche al modo in cui architetti e urbanisti hanno introiettato e declinato questi temi nei loro progetti a scala urbana, o in cui associazioni di cittadini hanno usato eventi culturali e performativi svolti nella città come strumenti di pressione politica e sociale.
4.8 Venezia Inside Out: un osservatorio sulla storia della città (XVI-XX secolo)
Coordinatori: Marco Capponi (Università Iuav di Venezia), Katia Martignago (Università Iuav di Venezia), Francesca Rognoni (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) Email:mcapponi@iuav.it
Descrizione sessione
“Venezia è una città che quando ci si arriva è quasi incomprensibile. È una città fuori dal mondo. In un primo momento io l’ho vissuta come un osservatorio, come se fosse un grande picco di montagna che permetteva di guardare molto bene orizzonti lontanissimi”. Con queste parole, in un’intervista del 1992, Manfredo Tafuri ricorda il suo arrivo a Venezia, città tanto eccezionale da essere copiata e replicata in tutto il mondo e diventare paradigma, ma anche così diversa da generare in chi viene da fuori un senso di disorientamento che, una volta accettato, la trasforma in un osservatorio privilegiato, un vero e proprio ‘teatro del mondo’. Le parole dello storico romano – che avrebbe penetrato le forme del tempo veneziano senza mai abbandonare la propria condizione (“Io […] ci sono entrato perché ero allo stesso tempo a Venezia e fuori”) – ci inducono a riflettere su una realtà storicamente ineludibile: quella della specifica alterità di Venezia. Un’alterità che si definisce, necessariamente, attraverso il confronto con lo sguardo dell’altro. Andando oltre una narrazione stereotipata di Venezia, la sessione intende dare spazio alle ‘Venezie degli altri’, per indagare in una prospettiva diacronica come le percezioni degli altri si siano riverberate sulla città e sulla sua storia urbana, generando nuovi immaginari, stimolando concrete trasformazioni della città e favorendo inedite letture della condizione presente. La sessione, al fine di dare conto della molteplicità dei fenomeni coinvolti, considera un arco cronologico ampio (XVI-XX secolo), invitando ad esempio a soffermarsi sul Cinquecento, nel corso del quale la Dominante si avvale dello sguardo degli altri per costruire una nuova percezione di sé, o sulle implicazioni del misterioso viaggio di Michelangelo e di quelli di Pietro da Cortona e Andrea Pozzo. O ancora sulle rappresentazioni della città legate al Grand Tour (vedute di Canaletto, disegni attribuiti ad Antonio Visentini, etc.) che spingono teorici e architetti veneziani a riscoprire la propria storicità. E infine sul Novecento, quando l’irrompere della modernità, fenomeni economici, demografici e naturali portano alla nascita di una specifica narrazione sul rapporto tra Venezia e l’altro (il rinascimento, il moderno, Frank L. Wright, Le Corbusier, Louis Kahn, etc.) che, seppur incline a enfatizzare le occasioni perdute, nello sguardo di storici e architetti ha reso la città lagunare allegoria del motore stesso del cambiamento.
4.9 Architettura e politica attiva in Italia nel secondo Novecento
Coordinatori: Lorenzo Mingardi (Università degli Studi di Firenze), Lorenzo Ciccarelli (Università degli Studi di Firenze) Email:lorenzo.mingardi@unifi.it
Descrizione sessione
Perché nell’Italia del secondo Novecento un gran numero di architetti, urbanisti, ingegneri e storici dell’arte scelse la via della politica attiva? Ad esempio Marcello Vittorini e Cesare Valle agirono come funzionari ministeriali; Bruno Zevi e Giuseppe Samonà furono parlamentari della Repubblica; Giulio Carlo Argan sindaco di Roma; Carlo Aymonino, Giovanni Astengo, Giuseppe Campos Venuti, Edoardo Detti, Renato Nicolini importanti assessori nelle maggiori città del Paese; mentre Piero Bottoni, Luigi Cosenza, Luigi Piccinato, Mario Ridolfi stimati consiglieri comunali. Perché, pur oberati da impegni accademici, editoriali e professionali, essi decisero di dedicarsi alla politica attiva? O perché, di contro, alcuni partiti politici si offrirono di cooptarli in ruoli di primo piano? Quali furono gli spazi di manovra che essi riuscirono a conquistare e quali gli ambiti in cui più frequentemente ebbero modo di firmare atti politici e amministrativi? Come la ricerca teorica e progettuale svolta in ambito accademico e professionale orientò e fu trasposta nell’attività parlamentare, ministeriale e amministrativa? Come, cioè, questi architetti, urbanisti, ingegneri e storici dell’arte hanno trasformato le loro posizioni culturali in scelte politiche che hanno direttamente inciso nello sviluppo delle città italiane? E infine perché, oggi, il fronte della politica attiva sembra essere completamente scomparso dall’interesse degli architetti, ingegneri e degli storici dell’arte? La sessione intende accogliere e discutere contributi specifici dedicati a singoli personaggi o città, basati su ricerche d’archivio e rivolti all’interrogazione della più ampia condizione storica, culturale e disciplinare che ha permesso ed alimentato l’incontro tra l’architettura e la politica attiva nell’Italia del secondo Novecento, in un arco temporale che va dalla Ricostruzione (1945) alla vicenda giudiziaria di “Mani Pulite” (1992).
4.10 L’immagine della città oltre la sua percezione – Teorie e Pratiche
Coordinatori: Tarek Teba (University of Portsmouth, UK), Kawthar Bazzoun (University of Portsmouth, UK) Email:tarek.teba@port.ac.uk
Descrizione sessione
L’immagine della città è frutto di un’idea complessa, emergente da fattori tangibili ed intangibili. Questi fattori e le relazioni specifiche che avvengono fra di essi contribuiscono alla morfologia, all’unicità e al carattere unico di ogni città. Tratteggiare l’immagine di una città quindi, è come riferirsi olisticamente alla descrizione di una scena, dove fatti diversi accidentali e non, sentimenti e memorie, si incontrano e collidono con strutture, edifici, strade, piazze e paesaggi intrecciandosi con dimensioni umane, sociali, ed economiche, incluse interazioni e pratiche ambientali. I tentativi di definire l’immagine della città hanno messo storicamente in luce approcci diversi fra loro, fondati su idee talvolta catalizzatrici. Essi hanno contribuito al pensiero sulle città e alla pianificazione di esse. Natura e ambiente, struttura e forma, percezione e significato, incluse le trasformazioni storiche e i grandi cambiamenti fisici, sono fra i principi fondamentali che hanno guidato l’esplorazione intellettuale e la lettura della città. Comunque, anche le pratiche appartenenti all’architettura, il design urbano, l’ingegneria e soprattutto quelle di esplorazione artistica guidate dalle comunità locali, hanno contribuito e contribuiscono in modi diversi a definire l’immagine della città. Naturalmente anche la coscienza umana in relazione alla città costruita e alle componenti urbane crea un dialogo continuo fra le persone e la loro città; questa relazione è alla base dell’evocazione continua di storie e esperienze che la città offre in termini di spazi significanti. Questa sessione, quindi, vuole indagare il ruolo delle persone e delle comunità nel creare e percepire l’immagine della città come elementi concorrenti nella pianificazione e sviluppo futuro della città, capace di proteggere le sue dimensioni visibili e invisibili. La sessione invita contributi teorici, basati sulla pratica o misti, tesi ad investigare gli aspetti che legano le città alle loro comunità in termini di valori e aspirazioni. La sessione accoglie sia pratiche di ricerca convenzionali che esplorative, purché capaci di contribuire a questo tema, e secondo uno spettro disciplinare ampio (Design Urbano, Pianificazione, Architettura, Art e Design).
4.11 La città che cambia: quartieri urbani tra spopolamento, degrado e gentrificazione
Coordinatori: Simona Talenti (Università degli Studi di Salerno), Annarita Teodosio (Università degli Studi di Salerno) Email:stalenti@unisa.it
Descrizione sessione
Molti degli studi finora condotti si sono concentrati su borghi e città abbandonate o grandi contenitori liberati dalle loro funzioni originarie (dai conventi alle caserme, ai capannoni industriali, ecc…). Tuttavia, anche ambiti urbani più circoscritti e con minore stratificazione che, per diverse ragioni si sono svuotati e degradati, potrebbero essere oggetto di analisi più approfondite. Quartieri formatisi intorno a realtà industriali, terziarie o a grandi snodi ferroviari, come per esempio le Varesine di Milano, hanno subito nel corso degli ultimi decenni grandi mutamenti passando da fasi di spopolamento e declino ad una rinascita che spesso ha innescato rischiosi fenomeni di gentrificazione e perdita di identità. La sessione è diretta a studiosi di diverse discipline (architettura, urbanistica, sociologia, ecc..) che, senza limiti geografici e cronologici, indagano a vario titolo sul processo urbano con particolare attenzione a quartieri e aree oggetto di profonde trasformazioni che ne hanno mutato a volte la percezione e il ruolo all’interno della città.