Nel corso del XIX secolo, la città è stata rilevata, misurata topograficamente, studiata attraverso la cartografia storica e le vedute a volo d’uccello, per essere così reinterpretata e riprogettata. I piani regolatori sono stati strumenti di trasformazione, a volte radicale, e di sovrapposizione di modelli urbani, spesso diametralmente opposti alla struttura storica e stratigrafica della città stessa. Non sempre queste operazioni sono state esaurienti e hanno affrontato in modo esaustivo le esigenze della città stessa, creando, in alcuni casi, un radicale distacco tra vecchio e nuovo. L’analisi del “naufragio” di alcuni piani regolatori, pensati sulla carta ma disattesi nella realizzazione, ha portato a una visione “distorta” della città e di come la discussione su essi sia stata travisata. Discussione che non è stata imperniata solo sulle immagini della città, ma anche sul racconto, sul confronto nei giornali, nelle sedi cattedratiche, nel giudizio dell’opinione pubblica. Attraverso un approccio critico-storiografico la sessione intende analizzare il processo formativo delle trasformazioni, con un focus sulle rappresentazioni grafiche della città da trasformare o non trasformata, evidenziando ciò che è stato disatteso. La sovrapposizione critica tra disegni, vedute e rappresentazioni verbali del processo progettuale può diventare strumento per una riformulazione, in chiave moderna, della città e dei suoi spazi.
6.2 Architettura in tre minuti. La città nel racconto visivo musicale
Coordinatori: Ermanno Bizzarri (Biblioteca Nazionale di Napoli Vittorio Emanuele III) Email:erm.bizzarri@gmail.com
Descrizione sessione
Nell’immaginario collettivo contemporaneo, i video musicali hanno contribuito negli ultimi decenni alla formazione di un repertorio figurativo condiviso, soprattutto tra le generazioni più giovani, di concezioni della città. Riuscendo a combinare l’aspetto visivo con quello musicale, i videoclip non sono soltanto uno strumento promozionale per il singolo in uscita, ma – in quanto cortometraggi – anche un’efficace tecnica di rappresentazione che cristallizza idee originali o mutuate da altre forme narrative, descrittive o illustrative, nonché un recente strumento d’indagine storiografica. Citare soltanto qualche esempio risulta sempre riduttivo: dall’espansione urbana italiana del secondo Novecento nei caroselli di Mina e Raffaella Carrà alle città contemporanee, come la Milano di M¥SS KETA o la Napoli di Francesco Lettieri per Liberato; dalla città metafisica in “Digital Witness” di Chino Moya per St. Vincent alla realtà distopica di Romain Gavras a Hangzhou per “Gosh” di Jamie xx, fino alla Metropolis rivisitata da Madonna e Queen. La città è stata così ripresa o inventata a servizio di un racconto dalla breve durata, il cui limite temporale ha permesso di sostenere un’idea già iconizzata oppure di introdurre elementi per offrire nuovi spunti e orizzonti su precisi temi; parimenti, è stato possibile scrivere una nuova storia della città per immagini, d’immediata lettura e interpretazione. Inoltre, differentemente dalla classica cinematografia e in virtù anche della sua lunghezza, il video musicale ha da sempre goduto, sin dalla prima diffusione della tv e dei cinebox, di una più facile fruizione e di un’accessibilità maggiore da parte del pubblico, che ha così assimilato un’iconografia urbana ormai diffusa prima dalla programmazione televisiva quotidiana e poi tramite le ultime piattaforme digitali. Nella sessione si intende avviare un’ampia riflessione sul video musicale in qualità di mezzo icastico per la storia urbana ormai relativamente affermato, ma poco considerato. In esso l’immagine della città è stata usata o reinventata nella sua forma mediante molteplici tecniche, ripresa nei concetti da teorie urbanistiche, correnti artistiche e racconti letterari, nonché assunta come simbolo identitario di una comunità o di uno stato d’animo. In quale misura la città è protagonista della scena e quanto, invece, è stata adoperata soltanto come quinta cinematografica? Che significato si vuole esprimere con la scelta di un determinato ambiente urbano? L’obiettivo, dunque, è quello di ragionare – attorno a casi studio specifici o secondo analisi trasversali di temi scelti – sull’impatto di tale medium innanzitutto sulla sua influenza in campo storico e storiografico e intorno alla percezione condivisa della città, sul rapporto con gli altri metodi di rappresentazione, recenti o consolidati, e sulla creazione e reiterazione di paradigmi storici e modelli urbani, teorici o realizzati.
6.3 Città palcoscenico: gli Este dentro e fuori il dominio
Coordinatori: Beatrice Saletti (Università degli Studi di Ferrara), Domenico Giuseppe Lipani (Università degli Studi di Ferrara), Matteo Provasi (Università degli Studi di Ferrara) Email:beatrice.saletti@unife.it
Descrizione sessione
Autorappresentarsi, prima ancora di diventare un’esigenza politica, è una necessità antropologica. All’interno di una comunità, chi detiene il potere ha sempre dovuto rappresentare, oltre a sé stesso, l’evidenza dell’ineluttabilità del proprio ruolo. Come è noto, durante il Rinascimento avvenne un radicale cambiamento nel concepire l’essere umano, e tale cambiamento investì pure il concetto del potere: della sua natura, della maniera di esercitarlo e di mantenerlo. Nel XV secolo la rappresentazione del potere si sviluppò secondo canoni nuovi, volti non solo a colpire il pubblico dei sudditi ma a farlo facendo leva su bellezza, armonia ed equilibrio all’interno degli spazi pubblici. Il caso degli Este fu atipico nel panorama italiano: sia in quanto a capo della prima signoria della penisola (che ebbe inizio su una città priva di imprenditoria attiva politicamente), sia per il curioso caso che vide i suoi governanti tutti di nascita illegittima, dal 1352 al 1471. Dotati di sconfinati terreni, proprietari di attività economiche che facevano fruttare anche grazie a leggi monopolistiche, gli Este furono estremamente attenti alla propria immagine. Il panel accoglie contributi che analizzano le modalità con cui gli Este utilizzarono spazi pubblici per esibire la loro potenza e suscitare approvazione nel pubblico dei sudditi.
6.4 Elaborazione, rielaborazione e manipolazione dell’immagine fotografica nella costruzione dell’identità dei luoghi: architetture, città e paesaggi
Coordinatori: Gemma Belli (Università degli Studi di Napoli Federico II), Andrea Maglio (Università degli Studi di Napoli Federico II) Email:gemma.belli@unina.it
Descrizione sessione
Sin dalla sua invenzione, la fotografia ha eletto i luoghi – paesaggi o ambienti urbani con le relative architetture – come propri privilegiati oggetti di attenzione, rappresentandoli, documentandoli e raccontandoli. Se inizialmente gli scatti fotografici si relazionano strettamente con la tradizione delle vedute pittoriche, gradualmente mostrano la loro capacità di adattarsi a usi differenti, da quello documentario a quello progettuale, da quello artistico a quello propagandistico, anche in chiave turistico-commerciale. Appaiono, infatti, chiare le potenzialità non unicamente mimetiche della fotografia, volte a perseguire l’obiettivo di una “oggettiva” restituzione e riproduzione del reale. E si comprende che essa può essere concepita come una forma di rappresentazione capace di mostrare una realtà più ricca di quella usuale. Inoltre, necessita sempre, durante o successivamente, di una sia pur minima lavorazione, capace di modificare intenzionalmente la percezione e dunque il rapporto con i soggetti ripresi. Ulteriormente le immagini fotografiche possono essere rielaborate – anche semplicemente “tagliate” ad arte –, per mostrare o non mostrare, alterate per supportare la dimostrazione di una tesi, o proprio manipolate per raccontare e orientare la lettura di oggetti e luoghi, per veicolarne una determinata immagine, per rafforzare o per costruire un immaginario, una specifica identità collettiva, sempre mutevole anche perché figlia di una cultura e di un’epoca. La sessione intende, pertanto, raccogliere proposte che vadano a illustrare casi di luoghi – architetture, città e paesaggi –, rispetto ai quali l’elaborazione strumentale, la rielaborazione e la manipolazione dell’immagine fotografica è servita a indirizzare la costruzione di una peculiare identità, con riferimento ad autori, committenti, così come a specifiche intenzionalità di propaganda o “progettuali”.
6.5 Città in rivista. Costruzioni teoriche, rappresentazioni visive e nuove narrazioni nei periodici di architettura e urbanistica del XX secolo
Coordinatori: Angelo Bertoni (Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Strasbourg), Thomas Renard (Nantes Université), Ines Tolic (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) Email:angelo.bertoni@strasbourg.archi.fr
Descrizione sessione
La sessione intende riflettere su come le riviste di architettura e di urbanistica – legate ad associazioni professionali, ambienti accademici e culturali, istituzioni pubbliche – abbiano giocato un ruolo chiave nella costruzione e diffusione di nuove visioni della città, associando riflessioni teoriche e immaginari visivi. La lettura critica della città esistente e dei suoi spazi offre alle discipline del progetto (architettura, urbanistica e architettura del paesaggio) l’occasione per ripensare la loro costruzione teorica e immaginare nuove forme. La dimensione fisica della città, come produzione collettiva, è centrale in queste riflessioni: la città storica come artefatto ereditato dal passato che si vuole tramandare o profondamente trasformare; le nuove città come espressione di un habitat per l’uomo proiettato verso il futuro; o ancora le sperimentazioni di nuove forme di insediamento umano tra utopia sociale e innovazioni tecnologiche. Questo processo, iniziato a cavallo del 1900, si caratterizza per momenti di contrazione e accelerazione che accomunano non solo le aree culturali di più intenso impegno teorico e pratico (Europa occidentale e Nord-America), ma anche contesti solo apparentemente periferici (Europa orientale, America Latina, Asia). Le possibilità di scambi offerte dai progressi tecnici rendono la dimensione internazionale una caratteristica di molti periodici, espressa sia nell’apertura dei contenuti che nella composizione dei comitati editoriali e scientifici. Particolare attenzione è riservata alla vicenda italiana, nonostante l’iniziale assenza nel concerto delineato, soprattutto in rapporto a come viene recepito/integrato il dibattito internazionale e all’evoluzione delle principali aree tematiche. La sessione vuole aprire un confronto sul contributo delle riviste ai dibattiti sulla città, analizzandone i contenuti teorici, le rappresentazioni visive e le narrazioni in esse contenute. Tra i temi trattati: – La genesi e vita della rivista (creazione, titolo, struttura editoriale, rubriche, collaborazioni internazionali); – L’evoluzione dei temi presentati (le scale d’intervento; i riferimenti culturali; le scuole di pensiero); – La rivista come luogo di sperimentazione, con un approfondimento sulle innovazioni teoriche e i dispositivi visivi utilizzati; – Le riviste legate alle istituzioni (locali, nazionali, internazionali) e la rilevanza che vi hanno le tematiche urbane.
6.6 Immagini ‘olistiche’ e vis narrativa in dialogo come strumenti per la conoscenza della realtà urbana
Coordinatori: Valeria Manfrè (Universidad Complutense di Madrid), Concepción Lopezosa Aparicio (Universidad Complutense di Madrid), Félix Díaz Moreno (Universidad Complutense di Madrid) Email:vmanfre@ucm.es
Descrizione sessione
Durante l’età moderna il crescente interesse per l’iconografia urbana coincide con l’emergere del genere letterario della descrizione corografica, esempio di connessione tra conoscenza geografica e conoscenza storica. A questo si aggiunge l’indagine personale del territorio da parte dell’autore per legittimare la realtà corografica rappresentata attraverso la raccolta di dati empirici. Analizzando questa doppia fonte di informazioni, rappresentazioni grafiche e scritte, è possibile avvicinarsi alla funzione degli elementi temporali (storiografici) e spaziali (geografici, corografici), come supporto alla rappresentazione urbana che si proietta verso un’altra narrazione eterogenea, un processo che implica la riorganizzazione dello spazio narrato e rappresentato. Riflettere sulle pratiche di costruzione della conoscenza che si materializza anche sotto forma di generi letterari, serve a riflettere sulla pluralità di informazioni che dovevano essere raccolte, sistematizzate e utilizzate per creare un corpus iconografico eterogeneo. La sessione intende in particolar modo indagare e fornire un quadro significativo sui criteri di giudizio, sulla percezione della città, dei suoi monumenti rappresentati e descritti, e sulla scala di valori adottati a partire dall’età moderna.
Il volto della città si compone di elementi riconoscibili che ne permettono l’individuazione nelle fonti visive e documentarie attraverso la storia. I panorami dell’Italia Settentrionale, con peculiari forme architettoniche e spazi caratterizzanti, si qualificano tramandando una precisa identità visiva, spesso perfettamente aderente alla realtà, altre volte alterata da elementi idealizzanti e visionari. La sessione che si presenta si imposta su due principali filoni di ricerca, distanti ma connessi: da un lato vuole proporre letture trasversali delle diverse fonti utili alla ricostruzione dei luoghi specifici della città, dall’altro, sulla base degli esiti delle ricognizioni storiche, suggerisce la formulazione di progetti digitali volti a ricostruire l’originario assetto dei luoghi e degli allestimenti antichi. La rilettura di documenti archivistici, testi letterari e opere figurative (dipinti, incisioni, disegni, fotografie) è infatti fondamentale per riflettere sulla conformazione e la fruizione degli edifici più emblematici, gli spazi interni e la loro destinazione d’uso. In quest’ottica i palazzi del potere si prestano quali case studies utili a considerare come i luoghi permangano, mutando tuttavia conformazione e ruolo nel corso dei secoli, spesso mantenendo la loro funzione identitaria nell’immaginario civico (ne è esempio il palazzo ducale di Ferrara che, da luogo della corte estense, diventa residenza legatizia subendo significativi cambiamenti allestitivi degli interni). Tali affondi sulla storia più antica permettono dunque la formulazione di progetti digitali che, sfruttando le fonti emerse, propongano ricostruzioni aggiornate di innovative interpretazioni ambientali. Le attuali tecnologie immersive soccorrono esemplarmente in questo intento reinterpretando, ad esempio, i meccanismi circolari propri del panorama di fine Settecento, adottando un approccio interdisciplinare proprio delle Digital Humanities. In quest’ottica, le banche dati fotografiche offrono agli studiosi bacini inesplorati a cui attingere per offrire inedite narrazioni sia di scorci urbani che di interni storici, unendo il riuso di oggetti culturali digitali all’applicazione delle tecnologie per la realtà virtuale. Alla luce di tali considerazioni, si invitano proposte di interventi riguardo: le fonti visive per la rappresentazione della città, la ricostruzione degli edifici urbani (esterni ed interni) su base documentaria, riuso degli spazi degli edifici cittadini, trasposizione virtuale di spazi storici.
6.8 Ritratti e rilievi di città in epoca moderna per mostrare, manipolare, misurare e trasformare
Coordinatori: Francesca Capano (Università degli Studi di Napoli Federico II), Emma Maglio (Università degli Studi di Napoli Federico II) Email:francesca.capano@unina.it
Descrizione sessione
I ritratti di città a partire dal XV secolo hanno codificato e diffuso l’immagine urbana, ma anche la sua identità culturale: si tratta di un racconto visuale in tre dimensioni che include soprattutto vedute e assonometrie a volo d’uccello. A questa prima categoria di rappresentazioni si affiancano disegni di tipo strumentale come le piante topografiche, pre-catastali e militari, che da un lato sono il risultato di un rilievo dello spazio urbano, dall’altro servono a misurare la città. Tuttavia, questi tipi di immagini presentano diversi gradi di obiettività: il loro autore, spesso, seleziona gli elementi da rappresentare o da enfatizzare e ne omette degli altri, manipolando l’assetto spaziale in funzione degli obiettivi di propaganda o di selezione delle informazioni. Queste due categorie di documenti iconografici, aventi matrici differenti, sono destinate a convergere alla fine dell’età moderna nelle grandi imprese di rappresentazione scientifica dello spazio urbano, delle quali le topografie di Giovanni Battista Nolli per Roma e di Giovanni Carafa duca di Noja per Napoli costituiscono due esempi paradigmatici, nonché il termine a quem dello sviluppo della rappresentazione delle città. Per questa ragione, l’ambito cronologico della sessione è quello dell’età moderna (XV-XVIII secoli). Questa sessione accoglie contributi incentrati su progetti e trasformazioni che hanno interessato porzioni di città europee o loro architetture alla scala urbana, utilizzando come fonte privilegiata i documenti iconografici che testimoniano questi processi trasformativi. I contributi potranno indagare le modalità di rappresentazione e il loro grado di obiettività, la trasformazione a scala urbana attraverso i disegni di rilievo e di progetto, oppure approfondire la dualità fra ritratti e progetti.
6.9 Restauro e imago urbis. Visioni e rappresentazioni analogiche e digitali dell’immagine urbana tra XX e XXI secolo
Coordinatori: Leila Signorelli (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Mariarosaria Villani (Università degli Studi di Napoli Federico II), Giulia Favaretto (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) Email:leila.signorelli@unibo.it
Descrizione sessione
L’immagine della città e la sua rappresentazione costituiscono un nodo centrale nel dibattito sul restauro nel XX secolo, in relazione tanto alle rapide trasformazioni quanto agli eventi salienti che hanno portato a un profondo riassetto dei centri urbani fino al XXI secolo. Il dibattito sul rapporto tra Antico e Nuovo nelle “vecchie città”, sulla scorta delle teorie giovannoniane, ma anche le precedenti prefigurazioni – dettate dai principi di isolamento dei monumenti durante il regime fascista – destinate a ridisegnare il volto dei centri storici italiani, avviano una fase di fervida produzione di “visioni di città” che, attraverso concorsi, mostre ed esperienze di progettazione e pianificazione, restituiscono un quadro complesso e articolato del confronto culturale del periodo sul tema. Querelle che si accentua dopo il Secondo conflitto mondiale, con posizioni spesso tra loro antitetiche sulla ricostruzione – basti pensare all’iconico dibattito tra Berenson e Bandinelli sul come riconfigurare o “non” ricostruire l’immagine perduta di Firenze – ponenti in luce la centralità del tema della conservazione del contesto urbano, o del monumento, recepito dalla Carta di Venezia del 1964 e poi arrivato sino ai giorni nostri. In un excursus modificante metodi e tecniche di trasmissione, visione e rappresentazione del patrimonio e dei contesti urbani storici, dalle vedute progettuali degli architetti degli anni trenta del Novecento – impegnati maggiormente nella nascente disciplina del restauro –, che vivificano analogicamente le loro idee di città cercando un equilibrio tra antico e nuovo, fino alle contemporanee opere di lightscape, soundscape e mapping, utilizzanti strumenti digitali, è possibile ripercorrere e interpretare l’evoluzione dell’immagine urbana dal Novecento fino ad oggi. Partendo da tali premesse, la sessione intende esplorare esperienze e progetti che, nell’alveo del restauro architettonico e delle istanze della conservazione e della valorizzazione, hanno contribuito alla definizione o ridefinizione dell’immagine urbana sia con mezzi analogici, attraverso vedute di progetti realizzati o utopici, sia con approcci innovativi orientati all’impiego dello strumento digitale.
6.10 Il cantiere tra città e territorio nei grandi centri europei di età moderna
Coordinatori: Gaia Nuccio (Università degli Studi di Palermo), Valentina Burgassi (Politecnico di Torino) Email:gaia.nuccio@unipa.it
Descrizione sessione
La costruzione e le pratiche di cantiere hanno conquistato un posto di riguardo negli studi di storia dell’architettura dell’ultimo trentennio, quali componenti fondamentali per l’indagine e la comprensione del costruito; tuttavia, il ruolo del cantiere nel contesto urbano o territoriale, analizzato attraverso la sua iconografia, costituisce un tema di recente interesse e suscettibile di approfondimento. La rappresentazione dello stato di avanzamento di una fabbrica risulta forse “plus captivante que celle de l’oeuvre bâtie, plusvivante, pluspuissante que celle de l’édifice achevé” (Nègre, 2019), poiché raffigurazione del “possibile” e dunque testimonianza di una condizione dinamica dell’edificio. Al di là della fascinazione che la rappresentazione è in grado di suscitare, l’immagine di un cantiere nel proprio contesto urbano o territoriale può costituire l’espressione di una volontà politica, una necessità di carattere tecnico, e contenere un insieme di informazioni fondamentali per la comprensione della storia dell’edificio e della città. Facendo seguito a recenti eventi di rilievo internazionale (esposizioni: “Dessiner pour bâtir: Le métier d’architecte au XVIIe siècle” a cura di Alexandre Cojannot e Alexandre Gady [13/12/2017 – 12/03/2018, Archives Nationales di Parigi] e “L’art du chantier. construire et démolir, du XVIe au XXIe siècle”, a cura di Valérie Nègre [9/11/2018 – 11/03/ 2019, Cité del’Architecture et du Patrimoine]) e relativi esiti editoriali, la sessione intende raccogliere studi dedicati alle rappresentazioni del cantiere di architettura nel contesto urbano o territoriale in età moderna, in vedute, in documenti con valore tecnico-scientifico relativi allo stesso processo di costruzione, in raffigurazioni pittoriche. Il taglio storiografico che si propone di affrontare è quello di un focus sulle ragioni sottese alla redazione dell’opera grafica e sulle ricadute negli sviluppi del progetto stesso e del suo contesto cittadino o rurale, attraverso ragionamenti orientati sui seguenti temi: – La committenza e i soggetti coinvolti in scelte ed elaborazione del progetto grafico – Il ruolo della fabbrica nel contesto rappresentato – Le scelte grafiche adottate in relazione a valore e finalità dell’iconografia – Il ruolo tecnico, politico, sociale della “fotografia” di uno stato di avanzamento della fabbrica sugli sviluppi di questa e della città.
6.11 La città nelle memorie di viaggio: tra eterotopie e spazi reali
Coordinatori: Monica Esposito (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) Email:monica.esposito@unicampania.it
Descrizione sessione
La rappresentazione e la descrizione della città non sono mai un semplice specchio della realtà e risultano spesso filtrate e suggestionate da una serie di elementi, tra cui il personale substrato culturale dell’osservatore, generando una pluridimensionalità degli spazi vissuti. Michael Foucault definisce, in tal senso, le eterotopie, ovvero i luoghi reali, ma«assolutamente differenti» da tutti gli altri spazi che vengono rappresentati e modificati. La sessione si propone di riflettere sulla città in rapporto alle rappresentazioni ma anche alle eterotopie generate specificamente tra il XVIII e XX secolo dagli intellettuali, da letterati e viaggiatori attraverso la produzione di taccuini, di resoconti di viaggio, di disegni e stampe che avevano una larga diffusione anche in ambito accademico. In tal senso, l’obiettivo è quello di accogliere contributi multidisciplinari per riflettere su alcune questioni, ad esempio: quali pratiche contribuirono alle definizioni di rappresentazioni reali e immaginarie della città? in che modo le rappresentazioni parteciparono alla costruzione di un immaginario e di un’immagine della città, creando spesso stereotipi e false credenze? In che modo le singole esperienze personali modificarono la percezione collettiva delle città?
6.12 Rappresentare per ricostruire. Immagini e descrizioni di città colpite da catastrofi tra XV e XIX secolo
Coordinatori: Armando Antista (Università degli Studi di Palermo), Gaia Nuccio (Università degli Studi di Palermo), Pelin Bolca (Politecnico di Torino) Email:armando.antista@unipa.it
Descrizione sessione
La rappresentazione di città colpite da eventi improvvisi e catastrofici come alluvioni, terremoti, incendi, guerre, costituisce un tema esplorato in studi che ne hanno messo in evidenza la grande fascinazione esercitata sulle arti visuali nonché il grande potere comunicativo, in virtù di retoriche e significati simbolici e politici connessi ai temi della distruzione e della ricostruzione. In questa occasione si intende ragionare sul ricorso alla rappresentazione della città quale strumento di conoscenza dei contesti urbani danneggiati o distrutti dagli eventi calamitosi nell’età moderna e degli ambiti territoriali in cui questi si inseriscono. Particolare attenzione è riservata alle intenzioni “scientifiche” sottese, che corrispondono spesso a considerevoli avanzamenti tecnici nella predisposizione di strumenti di monitoraggio e intervento, come avvenne in seguito al grande incendio di Londra del 1666 o dopo il terremoto di Lisbona del 1755. Tali iniziative possono essere rivolte a una mappatura del danno finalizzata al processo di ricostruzione, con l’organizzazione, l’analisi e la restituzione dei dati raccolti per mezzo di rilievi, in seguito alla catastrofe e in vista della pianificazione degli interventi, ma anche a ulteriori approfondimenti specialistici. La ricognizione di città e territori colpiti da terremoti, ad esempio, può stimolare l’analisi sismica dei territori, lo studio delle caratteristiche geologiche e meccaniche del suolo (si pensi agli studi di Deodat de Dolomieu in seguito al terremoto di Messina del 1783), persino indagini dei litotipi, in relazione ai danni riportati dall’edilizia. Non in ultimo, la rielaborazione della catastrofe può stimolare analisi storiografiche (come la “Pianta Binovini” che raffigura la scomparsa Noto Antica) su commissione di eruditi e municipalità, rivolte allo studio e alla ricostruzione di città non più esistenti. Saranno accettati contributi riguardanti elaborati grafici o letterari prodotti tra il XV e il XIX secolo. che descrivano contesti urbani colpiti da catastrofi naturali o antropiche, e che costituiscano: – strumenti per analizzare la città e il territorio a partire dalla mappatura del danno; – strumenti di conoscenza propedeutici agli interventi di ricostruzione; – manifestazioni dell’interesse scientifico di intellettuali e uomini di scienza nei confronti dei fenomeni naturali; – dispositivi per ricostruire la memoria di ciò che non esiste più.
6.13 La città devota, la città salvata, la città donata: rappresentazioni urbane tra sacro e profano (XIV-XX secolo)
Coordinatori: Isabella Balestreri (Politecnico di Milano), Emanuela Garofalo (Università degli Studi di Palermo) Email:isabella.balestreri@polimi.it
Descrizione sessione
Ai piedi di santi o sullo sfondo di scene sacre, vegliate da patroni o proposte in dono, rappresentazioni di città compaiono di frequente nei dipinti devozionali (pale d’altare, cicli pittorici, affreschi), così come nelle incisioni in fogli sciolti e nelle illustrazioni di libretti a stampa o più in generale nella pubblicistica, prodotte in occasione di festività ricorrenti o di eventi straordinari. Sebbene le città rappresentate risultino spesso riconoscibili, si tratta comunque di immagini chiamate a veicolare visioni e concetti che superano la realtà apparente. In che modo tali raffigurazioni vanno oltre lo sguardo nel rappresentare la città? Quali punti di vista sono privilegiati e quali sono forzati per costruire un’immagine funzionale alla trasmissione di un messaggio? Chi sono i committenti di queste rappresentazioni e quali finalità si prefiggono? Quali elementi della città sono messi in evidenza e quali tralasciati? Esistono modalità di rappresentazione ricorrenti, modelli e simbolismi condivisi? Attraverso simili interrogativi la sessione intende sviluppare una riflessione critica su una casistica di rappresentazioni urbane spesso osservata con superficialità o solo alla ricerca di riscontri su configurazioni e assetti scomparsi o sensibilmente modificati, e che custodiscono invece ulteriori chiavi di lettura per l’interpretazione delle città. Approfondimenti su singoli casi studio o la costruzione di panoramiche, sincroniche o diacroniche, e approcci orientati secondo diversi punti di vista disciplinari potranno contribuire a mettere in uce gli aspetti ermeneutici, tra sacro e profano, che questo tipo di rappresentazioni offre.
6.14 Nature urbane. Immagini e retoriche del paesaggio nel progetto contemporaneo
Coordinatori: Federico Ferrari (Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris Malaquais – Université Paris Sciences et Lettres), Emma Filipponi (Ecole d’Architecture de Paris-Val-de-Seine), Alessandro Benetti (Politecnico di Milano) Email:federico.ferrari@paris-malaquais.archi.fr
Descrizione sessione
Il sovra-utilizzo di immagini evocanti la natura per rappresentare il progetto architettonico e urbano viene spesso liquidato come strumentale. Certamente la questione ecologica, a prescindere dalla sua effettiva urgenza, è sempre più spesso sfruttata a fini essenzialmente comunicativi e commerciali, ma la pervasività del fenomeno impone forse altri interrogativi: esiste oggi una “grande narrazione” naturalista, di cui il progetto sarebbe portatore? Quali sono le specificità di questa narrazione e quali gli elementi di continuità con i suoi precedenti della seconda metà del Novecento? L’approccio proposto riconosce il carattere ibrido della condizione metropolitana – tra città e campagna, urbano e rurale – rifiutando la dicotomia natura-artificio e affermando il carattere risolutamente artificiale del progetto contemporaneo. Il punto di partenza della proposta di sessione è infatti il concetto di onnipaesaggio. Coniato da Michael Jakob (Le paysage, Infolio, 2008), il termine descrive l’estrema pervasività della nozione di paesaggio, emblematica di un preciso approccio interpretativo della realtà contemporanea, in cui è centrale la produzione di immagini e a cui naturalmente non può sfuggire il progetto architettonico e urbano. La sessione, in equilibrio tra storia e progetto, intende dunque riflettere sull’utilizzo dell’elemento naturale nelle rappresentazioni urbane e progettuali, dal secondo dopoguerra a oggi, tramite differenti supporti – fotografie, disegni, fotomontaggi, render – come strumenti di produzione di narrazioni e immaginari. L’obiettivo è, da una parte, di approfondire un fenomeno troppo spesso appiattito sull’attualità, storicizzandolo nel medio periodo, a partire dalla seconda metà del Novecento. D’altra parte, si vuole gettare nuova luce su episodi poco conosciuti del passato recente che anticipano l’onnipaesaggio a vario titolo. Saranno privilegiate proposte dedicate a casi-studio specifici e/o a comparazioni tra casi- studio, provenienti da diversi ambiti disciplinari. Le proposte potranno inquadrarsi in uno o più dei tre ambiti di riflessione qui elencati e riferirsi alle loro parole chiave. Tali ambiti non sono da considerare in alcun modo limitanti o esaustivi: 1. Ambito degli attori pubblici: immagini, immaginari e retoriche identitarie 2. Ambito degli attori privati: pratiche, marketing, strategie 3. Ambito disciplinare del progetto: rapporto rappresentazione/progetto” (uso delle immagini, nuovi supporti digitali, etc.)
6.15 Iconografia urbana e retorica del potere: città e capitali nel Mediterraneo fra Cinquecento e Seicento
Coordinatori: Maria Sofia Di Fede (Università degli Studi di Palermo), Armando Antista (Università degli Studi di Palermo) Email:mariasofia.difede@unipa.it
Descrizione sessione
Nel Mediterraneo conteso fra la monarchia degli Asburgo di Spagna e l’impero Ottomano, le vicende che vedevano coinvolti fra il XVI e il XVII secolo i due blocchi del mondo cattolico e di quello islamico si sviluppavano in un quadro geopolitico estremamente frammentato, in una continua mutazione di assetti territoriali e di alleanze politiche. Una realtà fluida, più esplicita nel cronico frazionamento della penisola italiana in entità statuali più o meno estese e politicamente rilevanti e in perpetuo reciproco conflitto, ma che anche le galassie della monarchia spagnola e del dominio turco presentavano al loro interno, costituite com’erano dall’aggregazione di paesi e territori con storie politiche e culturali spesso assai diverse o addirittura di radicato antagonismo. Rispetto a questo quadro, perciò, erano tante le città che nell’area mediterranea potevano rivendicare antichi lignaggi e nuove ambizioni: vecchie e nuove capitali, città che ambivano a diventarlo o che ne reclamavano il ruolo, capitali “senza re” e capitali “senza stato”, città prive di ruoli istituzionali ma a loro modo riconosciute come “capitali” per importanza economica, o strategica, o confessionale. In ognuno di questi casi, le istituzioni governative e municipali utilizzarono, ovviamente, la produzione iconografica, soprattutto le opere a stampa, come formidabile strumento di affermazione e di propaganda, impiegando le migliori risorse intellettuali e tecniche di cui disponevano e investendo risorse economiche considerevoli. Scopo di questa sessione è analizzare quindi i processi e gli attori che negli specifici contesti cittadini portarono a costruire un repertorio di immagini, quasi sempre significativo, in cui le comunità potevano riconoscersi e veicolare all’esterno identità e prestigio, utilizzando le tecniche e le scale più diverse: cartografie, atlanti e raccolte di vedute, apparati e resoconti di feste pubbliche, dipinti, ecc. L’auspicio è che i contributi proposti vadano oltre la semplice decodificazione visuale, per approdare invece a letture storico-critiche inedite e, ove possibile, metodologicamente innovative.
6.16 Il disegno analogico e digitale per conoscere e comunicare la città storica: riflessioni teorico-applicative
Coordinatori: Manuela Incerti (Università degli Studi di Ferrara), Alessandro Merlo (Università degli Studi di Firenze) Email:manuela.incerti@unife.it
Descrizione sessione
La sessione intende indagare su come lo spazio della rappresentazione grafica possa contribuire allo sviluppo del processo di analisi e conoscenza della città storica. In tutte le epoche i metodi e le tecniche di rilievo e di rappresentazione – insieme a tutte le altre competenze tecniche e teoriche – hanno cooperato allo sviluppo del progetto urbano. Seguendo questa riflessione, si propone agli studiosi di condurre le proprie considerazioni sul tema della forma urbana il cui disegno costituisce la prima possibile esplicitazione materiale di una intenzione progettuale che si manifesta alla mente. I possibili ambiti di approfondimento riguardano le tecniche e procedure del rilevamento (da quelle storiche a quelle integrate avanzate), l’orientamento della città, il ruolo del punto di vista nello spazio della rappresentazione grafica, antagonismi e concordanze tra disegno analogico e disegno digitale, la città e il suo disegno di progetto, la misura della città, la geometria della città, il colore della città, il linguaggio grafico nella comunicazione di temi urbani, il modello digitale della città. Il panel accoglie preferibilmente contributi che privilegiano gli aspetti teorico applicativi inerenti la scienza della rappresentazione e che presentano disegni originali degli autori.
6.17 «Epifania dell’immagine». L’architetto-fotografo tra rappresentazione, interpretazione e conservazione
Coordinatori: Sara Di Resta (Università Iuav di Venezia), Giorgio Danesi (Università Iuav di Venezia) Email:sara.diresta@iuav.it
Descrizione sessione
La diffusione della fotografia come strumento che coglie immagini istantanee del mondo ha radicalmente cambiato l’approccio in tema di conoscenza e di rappresentazione della realtà. Tra i numerosi contesti cui riferire questo assunto, gli archivi fotografici degli architetti rappresentano un bacino inestimabile di documentazione della città e delle sue architetture. Allo stesso tempo, queste immagini costituiscono uno strumento d’interpretazione e di espressione: la visione autoriale di un ‘pensiero progettante’. Con quale sguardo l’architetto osserva i luoghi che si appresta a modificare con il progetto? Come sceglie di rappresentare le proprie architetture una volta realizzato l’intervento? Se la materia rappresenta il campo dell’intervento di restauro, Cesare Brandi la definisce come «ciò che serve all’epifania dell’immagine», vale a dire alla sua manifestazione. Materia e immagine appaiono quindi indissolubili. Allo stesso tempo, sono le immagini che, in numerosi casi, concorrono – o hanno concorso – alla definizione dell’oggetto. Numerosi e differenti gli aspetti che contribuiscono a creare l’immagine consolidata degli edifici e del loro contesto urbano, in qualche caso rendendoli ‘icone’: la collocazione, il punto di osservazione, la luce, l’atmosfera, lo sguardo. Quanto brevemente delineato consente di stabilire un legame indissolubile tra l’opera (alla scala architettonica o urbana) e la sua rappresentazione fotografica così come espressa dall’autore. A partire da queste premesse, la sessione accoglie proposte in grado di alimentare un dibattito interdisciplinare e il più possibile ampio su questo tema. Senza escludere ulteriori proposte coerenti con tale premessa, gli affondi potranno considerare aspetti quali: – Fotografia e autorialità: riflessioni a partire da indagini su fondi fotografici provenienti da archivi di architetti; – Alterità e polisemia dell’opera: in cosa si differenzia lo sguardo dell’architetto dallo sguardo del fotografo professionale? – Fotografia e progetto: quale ruolo hanno assunto gli scatti fotografici nelle visioni dell’architetto prima e dopo la realizzazione, anche in vista della divulgazione dei contenuti dell’opera? Quale il ruolo della fotografia nella definizione e nella comprensione delle questioni costruttive? – Fotografie di viaggio: visioni dell’architettura e della città attraverso lo sguardo dell’architetto; – Memoria e conservazione: quale ruolo assumono gli scatti dell’architetto nella conservazione della sua opera?
6.18 Vivere il cambiamento e l’incertezza: rappresentazioni urbane in conversazione con l’ambiente costruito
Negli ultimi anni, la Urban Representations Interest Group, che opera in seno alla European Architectural History Network (EAHN), ha promosso panel sul tema dell’esperienza umana della città e, in particolare, sulla risposta emotiva ad essa. Nelle precedenti occasioni, ci siamo concentrati sui temi della densità e della crisi; ci soffermiamo ora sui modi in cui le rappresentazioni visive svelano atteggiamenti mutevoli nei confronti del paesaggio urbano, reinterpretandolo nel tempo e innescando nuovi approcci progettuali. Nel rappresentare la città, i produttori di rappresentazioni visive compiono scelte fondamentali su ciò che mostrano e sul come lo inquadrano, sia che il loro mezzo consista in istantanee digitali o in schizzi, dipinti, stampe o film, i quali richiedono molto più tempo per essere realizzati. Queste rappresentazioni incarnano punti di vista e scelte editoriali. Attraverso la loro capacità narrativa, queste rappresentazioni possono svelare una conversazione animata che comprende molti attori, che riflette le diverse intenzioni e altrettante azioni compiute sia da coloro che modellano l’ambiente costruito sia da coloro che lo usano e lo osservano. Nel corso del tempo, gli stessi edifici e spazi possono stimolare rappresentazioni che reimmaginano i luoghi in modi nuovi e radicalmente diversi, reinterpretandoli per riflettere le preoccupazioni e le questioni contemporanee. Queste ultime possono – o meno – coincidere con le intenzioni originali di architetti, progettisti e committenti. In particolare, tali rappresentazioni possono indicare cambiamenti nel modo in cui quei paesaggi vengono vissuti giorno per giorno, trasmettendo una serie di reazioni emotive che includono il piacere o la repulsione, il potere o la repressione, l’ammirazione, il disgusto, la pietà, la disperazione o la felicità. I cambiamenti nella percezione dei paesaggi urbani, che si manifestano in diverse rappresentazioni dello stesso luogo, possono essere il risultato di disastri come guerre, inondazioni, terremoti o incendi; possono riflettere il cambiamento delle abitudini di consumo o dei ruoli di genere; possono derivare da cambiamenti demografici, sconvolgimenti sociali o cambiamenti economici. Desideriamo esplorare il modo in cui le rappresentazioni urbane raccontano le mutevoli percezioni e risposte emotive all’ambiente costruito; e, infine, invitiamo a formulare ipotesi sugli effetti generativi delle rappresentazioni urbane sulla nostra comprensione di cosa sia la “città”. Riassumendo, la sessione mira a raccogliere proposte che indagano la reinterpretazione di particolari spazi urbani nel corso del tempo attraverso le sue rappresentazioni visive. In particolare, cerchiamo paper che dimostrino come tali rappresentazioni rivelino i cambiamenti nella nostra conoscenza e consapevolezza dell’ambiente costruito. Sono benvenuti argomenti che abbracciano un’ampia gamma di periodi e geografie.