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1.1 I lombardi a Roma da Martino V a Gregorio XIV (1417-1591): la nascita di una “nazione”
Coordinatori: Roberta Martinis (SUPSI Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, Mendrisio); Edoardo Rossetti (SUPSI Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, Mendrisio)
Email: roberta.martinis@supsi.ch
Descrizione sessione
Il panel si propone di indagare il sistema di inserimento dei lombardi (provenienti dai territori del Ducato di Milano, ovvero dal Piemonte orientale, Lombardia occidentale e Canton Ticino) nel tessuto sociale e urbano di Roma, tra la restaurazione del potere pontificio nell’Urbe e il pontificato del cremonese Niccolò Sfondrati.
Negli studi, il trasferimento dei lombardi a Roma è di fatto prevalentemente associato a quella di un blocco compatto e operoso di maestranze migranti attive nell’edilizia in conflittuale concorrenza con altri colleghi stranieri. Tuttavia, è necessario superare questa indistinzione cercando di comprendere chi siano realmente queste figure, come e perché giungono a Roma, quale reale apporto forniscano allo sviluppo alla cultura materiale e visuale del Rinascimento, qual sia il loro reale senso di identità e quali reti creino, quali le dinamiche delle ondate migratorie. È dunque opportuno fare interagire le biografie delle numerose maestranze impegnate a vario livello nei cantieri pontifici, artisti, pittori, architetti e ingegneri con quelle del personale curiale specializzato in diritto canonico, dei mercanti e banchieri, degli artigiani del lusso, provenienti dalle stesse aree geografiche. Diverse le motivazioni di questa migrazione da ricondurre in parte agli esuberi demografici alpini quattrocenteschi, ai conflitti che comportano il collasso dello stato sforzesco, alle tensioni religiose cinquecentesche, al potere attrattivo dell’Urbe come mercato e come luogo di aggiornamento artistico sull’Antico e sulle novità della “maniera moderna”.
In questo contesto, si intende prestare particolare attenzione alle dinamiche di insediamento nella città a vari livelli: dimore cardinalizie, quartieri bancari, artigianali e mercantili, sistemi di lottizzazione, sepolture. Fondamentale risulta lo snodo di fondazione, risignificazione e trasformazione della chiesa della natio, Sant’Ambrogio. In questo e in altri cantieri i lombardi agiscono, con un grado di compattezza ed efficacia che va verificato, sia a livello di committenza che di progettazione e realizzazione.
Si auspicano interventi che affrontino questo contesto attraverso riflessioni su casi studio specifici di cantieri, opere d’arte e attori (mecenati e artisti) da analizzare sotto diverse sfaccettature per comprendere come l’azione dei lombardi influenzi i rapporti sociali, le interferenze culturali, i modi di abitare e l’elaborazione di linguaggi artistici e che tengano conto dei motivi delle migrazioni, dei gradi di integrazione nello spazio urbano, delle tipologie di conflitti.
1.2 Spazi interni della migrazione: abitazione, spostamento e identità
Coordinatori: Min Kyung Lee (Bryn Mawr College); Robin Schuldenfrei (The Courtauld Institute)
Email: mlee9@brynmawr.edu
Descrizione sessione
La migrazione e le sue condizioni creano spazi e paesaggi, dando significato agli atti di adattamento, costruzione, abitazione e sopravvivenza. I campi profughi, le enclave etniche, i quartieri periferici, i cantieri e i campi agricoli sono stati oggetto di importanti indagini sugli ambienti costruiti della migrazione. Questi spazi costituiti da e attraverso le esperienze migratorie mettono in crisi i concetti architettonici convenzionali di esterno, soglia e interno, a causa di status transitori, precari e marginali. Attraversare confini multipli, mercati e culture discriminatorie, politiche di esclusione e di violenza richiede tattiche spaziali creative e spesso produce tracce durature basate sulla necessità e non sulle norme.
Sulla base di questa ricerca, questa sessione si concentra sulle pratiche e sulle teorie della storia dell’architettura e degli oggetti per comprendere i modelli di migrazione, con particolare attenzione ai paesaggi interni. In che modo la migrazione e la transitorietà ci permettono di riconsiderare il domestico e l’interno? Quali sono le molteplici e diverse pratiche di creazione di luoghi domestici che definiscono la migrazione? Questa sessione invita a presentare relazioni sull’intersezione tra interiorità e migrazione, che impieghino nuove lenti e metodi per considerare gli intrecci di popoli e luoghi in transizione. Si auspicano inoltre contributi che considerino le culture interne, le pratiche e i siti lasciati materialmente alle spalle, che accompagnino, ricostruiscano o costruiscano di nuovo i migranti. I contributi dovrebbero anche affrontare le sfide metodologiche della ricerca sulla migrazione, le complessità della documentazione d’archivio e la miriade di modi in cui la disciplina ha mantenuto barriere epistemologiche allo studio della migrazione.
1.3 Transiti permanenti. Storie locali e saperi globali
Coordinatori: Ornella Cirillo (Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’); Alessandra Vaccari (Università Iuav di Venezia)
Email: ornella.cirillo@unicampania.it
Descrizione sessione
Come crocevia di persone, idee e merci, città e località minori della penisola italiana all’interno dei propri laboratori manifatturieri, nelle botteghe, negli atelier, hanno visto confrontarsi e intrecciarsi materiali, tecniche e abilità che hanno connotato significativamente gli sviluppi delle storie produttive locali, perché in questi incontri singoli o gruppi di “forestieri” hanno saputo reinventare le tradizioni e fondere sincreticamente intuizioni personali, richieste di mercato, industria e turismo.
La tematica si esplicita chiaramente se pensiamo al caso eclatante di Venezia, dove nei secoli la seta e il vetro hanno alimentato floridi scambi commerciali con l’Asia e l’Africa, e, poi, all’alba del ’900, la fusione tra le sperimentazioni tessili dello spagnolo Mariano Fortuny (con la moglie, Henriette Negrin, francese) e la riscoperta delle antiche maestranze della laguna hanno scritto una pagina rilevante della sua storia, come testimoniano la fondazione della fabbrica di tessuti alla Giudecca e la musealizzazione della casa e showroom del poliedrico artista. In città quali Capri, Ischia, Vietri, Positano, i successi di alcuni prodotti iconici (gli scialli, i pantaloni “capresi”, i cappelli di paglia, le ceramiche, “le pezze”) sono frutto di acute iniziative intraprese da alcuni “ospiti” (il fiorentino Emilio Pucci, la tedesca Sonja de Lennart, la romana Maria Chiara Gallotti, la polacca Irene Kowaliska e così via), insieme ad artigiani autoctoni, in risposta a importanti opportunità sociali e commerciali. E ancora nel caso di Roma, dove sono confluiti da Nord a Sud couturier e designer attratti dalla feconda committenza che ruotava intorno al mondo dello spettacolo e delle istituzioni, stabilendovi le sedi della propria fortunata avventura creativa e trasferendo, poi, modalità progettuali e sollecitazioni culturali nelle città di origine.
La genesi non sempre pienamente autoctona di simili vicende, come le “vere” origini di molti manufatti “locali” non sono spesso note, o almeno dichiarate, così come è significativa la conoscenza della ricaduta di queste osmosi nelle modifiche impresse al tessuto urbano e produttivo dei luoghi o nelle fortune di alcuni autori. In ragione di tali interrogativi critici, nasce l’idea di dedicare una sessione a questi temi, al fine di delineare, con chi vorrà parteciparvi, un osservatorio aggiornato delle permanenze impresse nei patrimoni materiali e immateriali delle città dai transiti di figure umane allogene che ogni ‘civitas’ ha accolto nel tempo al proprio interno.
1.4 Corpi in transito: città, spazi, diritti e dispositivi di controllo delle migrazioni
Coordinatori: Francesco Casalbordino (Università degli Studi di Napoli Federico II); Maria Fierro (Università degli Studi di Napoli Federico II); Sara Riccardi (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Email: francesco.casalbordino@unina.it
Descrizione sessione
Con la mondializzazione contemporanea, il fenomeno migratorio ha subito una crescita esponenziale, assumendo spesso la connotazione di un’emergenza; si verifica in maniera sempre più evidente lo scarto tra i diritti umani universali e un sistema giuridico ancora fondato sulla sovranità dello Stato-Nazione, messo in crisi dall’evoluzione di una società interconnessa a livello globale. In realtà, la migrazione è un fenomeno strutturale che caratterizza la storia dell’umanità fin dalle sue origini.
La città, come entità sociale complessa, rappresenta da sempre un polo di attrazione per chi è in movimento, fungendo da punto di accumulazione e luogo di opportunità. Il migrante diventa un corpo da controllare nel momento in cui viene riconosciuta e formalizzata la sua estraneità a una cittadinanza, sulla base di criteri che mutano nel tempo (etnici, politici e giuridici). In risposta a questa condizione, la città continua a trasformarsi con diverse modalità di controllo del corpo migrante per accogliere, respingere o confinare.
Nella storia, è possibile riconoscere diversi dispositivi istituzionali di gestione dei flussi migratori concretizzati in forme spaziali ben definite, modellati dalle ideologie e dalle politiche contingenti. Dai ghetti medievali agli internamenti coloniali, fino ai moderni centri di detenzione per migranti, questi luoghi si presentano come strutture complesse, con regole e dinamiche proprie che esplicitano la relazione tra migrazione, spazio e potere, articolandosi all’interno della città o costituendosi esse stesse come forme di città.
Questa sessione intende esplorare la tensione storica tra due sfere di diritto: da un lato, il diritto dello Stato di regolare l’accesso e la permanenza sul proprio territorio; dall’altro, il diritto dei corpi a muoversi e abitare. Questa frizione si manifesta nello spazio urbano attraverso l’interazione tra dispositivi istituzionali di controllo e pratiche informali di adattamento messe in atto dalle persone migranti. Lo spazio, quindi, non è un semplice contenitore, ma un elemento attivo nella costruzione dei luoghi legati alle migrazioni.
La sessione invita contributi che analizzino i dispositivi spaziali e normativi inventati dalle città per gestire i fenomeni migratori, nonché le strategie informali che ne sovvertono o reinterpretano le logiche. Sono particolarmente incoraggiate ricerche che presentino casi studio italiani e internazionali, storici o contemporanei, legati a forme di controllo dei migranti e come si sono evolute nel tempo, con relativi metodi critici di indagine, esplorazione e sperimentazioni progettuali che ne possono derivare.
1.5 Lo svago in esilio: spazi di piacere nei paesi ospitanti dopo la Seconda Guerra Mondiale
Coordinatori: Fernando Quesada (Escuela de Arquitectura Universidad de Alcalá de Henares); Esteban Salcedo (Andrés Bello University, Chile)
Email: fernando.quesada@uah.es
Descrizione sessione
Questa sessione si concentra sui contributi architettonici dei professionisti in esilio nella creazione di spazi dedicati allo svago e al tempo libero nella seconda metà del XX secolo, un periodo segnato da conflitti armati su larga scala. Le guerre di decolonizzazione in Africa e Asia, la guerra del Vietnam, i conflitti legati alla Guerra Fredda, le dittature militari in America Latina e le guerre civili in Medio Oriente e nei Balcani sono solo alcuni degli eventi che hanno determinato un massiccio flusso di rifugiati ed esiliati, tra cui numerosi architetti. Questi professionisti portarono la loro esperienza nei paesi ospitanti, dove il loro lavoro non solo arricchì le culture architettoniche locali, ma contribuì anche a ridefinire gli spazi dedicati allo svago e al benessere sociale. Gli spazi per il tempo libero – come resort, centri culturali, parchi e strutture ricreative e di intrattenimento – offrono una prospettiva interessante per esplorare come gli architetti in esilio abbiano negoziato la loro identità professionale e personale, adattato i loro metodi progettuali e contribuito al tessuto sociale dei nuovi contesti. Oltre alla loro funzione pratica, questi spazi hanno rappresentato scambi culturali, processi di integrazione e atti di adattamento di fronte alla condizione di esilio.
L’obiettivo della sessione è mettere in evidenza il ruolo dell’esilio come fenomeno trasformativo nella produzione architettonica, con particolare attenzione agli spazi destinati allo svago e al benessere sociale. Alcuni dei temi chiave che verranno affrontati includono:
• Adattamento creativo in esilio: in che modo le esperienze personali e culturali degli architetti esiliati hanno influenzato nuovi approcci alla progettazione architettonica.
• Trasferimento culturale e tecnico: come gli architetti in esilio sono riusciti ad adattare o reinterpretare le tradizioni architettoniche locali nei paesi ospitanti.
• Lo svago come resistenza: in che misura gli spazi di piacere e benessere creati dagli architetti in esilio possono essere interpretati come atti di negoziazione culturale o integrazione.
• Progetti emblematici: casi di studio su architetti o progetti specifici che esemplificano queste dinamiche.
Sebbene la proposta si concentri principalmente sulla seconda metà del XX secolo, si incoraggiano approcci metodologici e contesti geografici diversificati. La sessione intende favorire prospettive interdisciplinari, attingendo alla storia culturale, agli studi sulla migrazione e alla teoria architettonica, per offrire una comprensione più approfondita di questo tema.
Si invitano gli studiosi a presentare ricerche originali su periodi, architetti, geografie o progetti meno studiati, così come rivalutazioni critiche di opere note da questa prospettiva. La sessione accoglie anche approcci metodologici innovativi e analisi che enfatizzino le dimensioni sociali, politiche e culturali dell’architettura dell’esilio.
1.6 La città altrove
Coordinatori: Antonio Labalestra (Politecnico di Bari); Antonio Nitti (Politecnico di Bari); Tiziano De Venuto (Politecnico di Bari)
Email: antonio.labalestra@poliba.it
Descrizione sessione
La sessione intende rivolgere un approfondimento precipuo alla dimensione dell’abitare, con riguardo ai flussi interni ed esterni di gruppi di popolazioni migranti a Sud e sin dall’età moderna.
L’obiettivo è quello di focalizzare l’approfondimento sulle funzioni dell’abitare, in relazione alla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti e alla capacità di queste comunità esogene di promuovere la costruzione di pezzi e parti di città autonoma.
In questo modo ci si auspica di far emergere continuità e differenze negli interventi di edilizia pubblica (temporanea e residenziale) generate a seguito di concentrazioni di gruppi di individui originariamente estranei allo spazio della città che, dall’Ottocento a oggi, hanno costituito progressivamente enclave culturali e sociali autonome all’interno di tessuti urbani consolidati.
Saranno apprezzati contributi storici e teorici relativi alle dinamiche di esclusione che hanno prodotto e producono luoghi di segregazione abitativa (anche informali) costruiti e/o gestiti, direttamente o indirettamente, dalle istituzioni pubbliche (città di fondazione, ghetti agricoli, campi, foresterie…), con particolare attenzione agli aspetti legati alla sicurezza e alla sanità pubblica.
Questa call ha l’obiettivo di raccogliere contributi che vedono lo spazio urbano come un ambiente inclusivo, dove avvengono incontri, convivenza, organizzazione e rafforzamento del tessuto sociale.
Saranno particolarmente apprezzati contributi che propongono modelli di abitare, sia storici sia innovativi, che possano essere individuali o collettivi, temporanei o residenziali, e che portino all’attenzione l’analisi di politiche architettoniche lungimiranti e sostenibili, nonché le migliori pratiche sia europee sia internazionali, in una prospettiva comparativa.
1.7 “Città nuove” e dinamiche insediative tra popolamento e abbandoni
Coordinatori: Emanuele Gallotta (Università di Catania); Guglielmo Villa (Sapienza Università di Roma)
Email: emanuele.gallotta@unict.it
Descrizione sessione
La sessione intende esaminare le dinamiche insediative, spontanee o forzose, nel caso specifico delle città di fondazione, intese quale esito materiale di una precisa intenzionalità politica, economica e architettonica, non soltanto dal punto di vista del loro popolamento.
Il trasferimento di genti e la localizzazione di spazi residenziali sono essenziali per lo sviluppo delle attività socio-economiche dei nuovi abitati e, al tempo stesso, fungono da motore per la crescita urbana. In alcuni esempi, perlopiù di età medievale, la rarefazione delle fonti documentarie illumina solo sulla definizione spaziale della città e sullo stanziamento fisico degli abitanti, come per la colonia senese di Talamone, progettata e realizzata all’inizio del XIV secolo, di cui si conserva uno schema planimetrico del 1306 che, insieme alla collocazione di edifici monumentali e spazi pubblici, definisce i lotti residenziali e il nome degli assegnatari a cui sono concessi. In casi più recenti, invece, è possibile ricostruire anche dinamiche e ragioni dell’allocazione di gruppi demici esogeni. Il fenomeno è ben noto, ad esempio, per i centri sorti nell’entroterra di Sicilia tra la fine del XVI e l’inizio del XVIII secolo su iniziativa dell’aristocrazia isolana: trasferendovi coloni all’interno dei propri feudi per consentire la coltivazione di terreni prima destinati al solo pascolo, lo stanziamento era indotto non solo da immunità e franchigie promesse dal fondatore ma anche dai debiti contratti nelle città di provenienza, generalmente distanti non più di 20-25 km. Eppure, esistono “città nuove” il cui ciclo di vita, dopo l’iniziale insediamento di una comunità, è stato poi interrotto da eventi traumatici che hanno imposto una radicale trasformazione dei territori: come per le città di Poggioreale e L’Aquila, danneggiate rispettivamente dai terremoti del 1968 e del 2009, il cui spopolamento coatto è comparabile a quanto avvenuto in tanti altri contesti di città non necessariamente fondate (Matera, Irpinia).
Attraverso casi studio relativi (seppur non esclusivamente) alle epoche medievale e moderna, la sessione si propone di esplorare il rapporto tra città di fondazione e insediamento di persone “chiamate” a vivere il nuovo abitato o, al contrario, a doverlo abbandonare. Saranno benvenute riflessioni su meccanismi e modalità di radicamento delle genti attraverso l’edificazione delle case e la dotazione dei servizi essenziali e, a una scala più ampia, sulla ristrutturazione demografica di intere porzioni di territorio. In tal modo, la sessione si propone di stimolare un dibattito interdisciplinare capace di coinvolgere i diversi ambiti del sapere (storia, geografia, demografia, architettura, urbanistica, ecc.) che s’intrecciano nello studio storico delle città e dei territori.
1.8 Heritage Rewind – newcomers, migrazioni e patrimoni culturali nazionali
Coordinatori: Simona Bravaglieri (Università Ca’ Foscari Venezia); Martina Bergamo (Università Ca’ Foscari Venezia); Anna de la Torre Fornell (Università Ca’ Foscari Venezia); Giulia Ferro (Università Ca’ Foscari Venezia); Jacopo Paiano (Università di Trento); Marco Paladini (Università Ca’ Foscari Venezia); Paola Peratello (Università Ca’ Foscari Venezia); Duna Viezzoli (Università Ca’ Foscari Venezia); Margherita Zucchelli (Università Ca’ Foscari Venezia)
Email: simona.bravaglieri@unive.it
Descrizione sessione
La memoria storica è una pratica dinamica e trasformativa che dovrebbe aprirsi alle nuove presenze che vivono lo spazio urbano prendendosi la responsabilità di creare significati condivisi, aperti e interculturali. Il Patrimonio culturale, inteso come ciò che è materiale e immateriale, è stato messo o è ancora a rischio sopravvivenza a causa del cambiamento climatico e rispetto alla percezione che di esso hanno avuto e hanno oggi comunità autoctone e alloctone, interagenti nello spazio urbano. La sessione apre una riflessione su temi lanciati nei tavoli di lavoro Think it Big svoltisi in occasione dell’evento di NextGenHeritage del Progetto PNRR CHANGES-CREST. I tavoli hanno raccolto proposte di modifica delle Disposizioni generali del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, per immaginare uno strumento normativo adatto alle sfide contemporanee. Si è riflettuto sugli impatti dei fenomeni ambientali e migratori sull’Heritage, preso in considerazione nel suo contesto storico, passato e contemporaneo, per riflettere sul suo ruolo futuro. La percezione dell’Heritage si sta indirizzando verso una concezione dello stesso sempre più strutturale. L’obiettivo è quello di superare il concetto di ‘patrimonio nazionale’, creando assieme alle comunità che abitano un territorio, di qualsiasi origine, le modalità di gestione, fruizione e dialogo con il patrimonio locale, localmente e comunitariamente inteso.
La sessione si articolerà intorno ad alcuni quesiti principali, proposti con metodologia partecipativa in forma di tavola rotonda, in cui verrà preferito un equilibrio tra proponenti del settore accademico, professionale e della società civile, per estendere le riflessioni agli Heritage practitioners. Per poter immaginare le nuove “comunità di patrimonio” e raccogliere buone pratiche nello spazio della città come luogo di relazione in una proposta concreta di modifica normativa, si rifletterà sulle seguenti questioni:
● Partendo dall’evoluzione storica e dai segni urbani del Patrimonio, come possiamo rivedere i processi di patrimonializzazione in termini di partecipazione attiva?
● Come superare una visione di patrimonio culturale “Nazionale” statica, proprietaria e identitaria e permettere alle comunità di contribuire alla creazione di nuovi significati “locali”, mutevoli e inclusivi?
● Come integrare processi di multiculturalità, educazione interculturale, multilinguismo/plurilinguismo, inte(g)razione e coesione sociale nello spazio urbano attraverso e nei beni culturali?
Il XII Congresso AISU (Palermo, 10-13 settembre 2025) è organizzato da
