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7.1 Le città crocevia di mestieri: il ruolo delle donne nelle corporazioni artigiane e nei cantieri europei ed extra-europei della prima età moderna

Coordinatori: Nicoletta Marconi (Università degli Studi di Roma Tor Vergata); Cristina Cuneo (Politecnico di Torino); María Elena Díez Jorge (Universidad de Granada)
Email: marconi@ing.uniroma.it

Descrizione sessione

Nella prima età moderna la presenza delle donne nelle fabbriche edili fu tutt’altro che occasionale. Al contrario, aderendo a una radicata consuetudine che affonda le proprie radici nelle necessità operative dei cantieri medievali, la manodopera femminile ha rappresentato una risorsa irrinunciabile per l’abbattimento dei costi di produzione e per assicurare il necessario contingente lavorativo in fabbriche pubbliche e private, specie nei periodi di crisi economica o bellica. È provato inoltre che il lavoro edile non si dimostrò tanto pesante da risultare impraticabile alle donne, né esse si sottrassero alle mansioni più defatiganti, tanto più che queste ultime non richiedevano lunghi periodi di apprendistato, né specializzazioni specifiche, risultando pertanto adeguate alle necessità economiche di molte madri e figlie. Se storia della città, dell’architettura e della costruzione non sono state – e non sono – dominio esclusivamente maschile, consistenza e tipologia del contributo delle donne all’artigianato e alla professione edile – spesso obliterato alla memoria storica, documentale e iconografica – sono dipese dalla interazione con gli uomini e dalle specifiche convenienze sociali delle diverse epoche, come del resto il loro progressivo allontanamento dai cantieri a partire dalla fine del Settecento. Tale esclusione dipese sostanzialmente da obiezioni di natura ideologica ed economica, e non già da ragioni fisiologiche o genetiche. Riconosciuta la pervasività della presenza femminile nei cantieri edili e nell’indotto artigianale di pertinenza, questa sessione intende aprire un ampio e aggiornato confronto trasversale – internazionale e interdisciplinare – su esperienze lavorative, eventuali percorsi formativi, condizioni economiche, assistenziali e retributive, ruolo delle corporazioni e ragioni sociali del contributo apportato dalle donne alla costruzione delle città europee in età moderna. Si intende dunque aprire un nuovo sguardo sul lavoro femminile, non già nei più indagati ambiti della committenza, dell’architettura e delle arti maggiori, quanto piuttosto nei più umili e molteplici rami delle attività artigianali connesse al cantiere e al suo indotto, in diverse realtà italiane ed europee – prime tra tutte Spagna e Francia – ma anche in altri ambiti internazionali. Particolare attenzione è rivolta alle interazioni tra il lavoro femminile e le realtà sociali, politiche, culturali e religiose proprie dei diversi contesti urbani.


7.2 Quando la terra incrocia l’acqua: architetture litoranee e spazi liminali

Coordinatori: Ludovica Galeazzo (Università degli Studi di Padova); Simone Fatuzzo (Università degli Studi di Padova); Martina Massaro (Università degli Studi di Padova)
Email: ludovica.galeazzo@unipd.it

Descrizione sessione

Fin dai tempi antichi le civiltà si sono insediate vicino all’acqua facendo del punto materiale di congiunzione con la terra il contesto insediativo per nuove forme antropiche e abitative. All’interno di questi spazi liminali, aperti alle relazioni esterne ma contestualmente rivolti all’entroterra produttivo, architetture e strutture urbane si sono innestate come elementi costitutivi di un rapporto non solo definito ma anche strettamente regolamentato dalla morfologia acquatica. Fabbriche civili, residenziali, mercantili, difensive o religiose adagiate lungo la linea di costa – sia essa marittima, lacustre o fluviale – o inserite in contesti insulari, a livello tipologico rispondono necessariamente a una doppia esigenza, di filtro e di barriera, di anticamera d’ingresso e di sbarramento, che si traduce nell’organizzazione degli impianti distributivi, nelle caratteristiche polifunzionali degli ambienti o nelle forme architettoniche stesse. La fragilità intrinseca di questi “azzardi edilizi” innalzati sull’acqua ha inoltre costretto a sviluppare in molti casi prassi, pratiche e tecnologie costruttive specifiche al fine di rispondere a un perfetto equilibrio artificiale tra natura e ambizione umana.
La posizione privilegiata di queste architetture – traguardo visivo per chi giunge dall’esterno e ultimo baluardo aggrappato alla terra per chi vi risiede – consegna loro un valore identitario che si estende spesso anche al più ampio tessuto urbano. Spazi e manufatti “di limite” modellano e caratterizzano il profilo urbano – oggi si direbbe waterfront – tanto da assumere, nella loro piena riconoscibilità formale ed estetica, una valenza quasi emblematica che riassume in sé l’immagine stessa del luogo.
La sessione accoglie interventi che presentino il tema dell’architettura e degli spazi di crocevia tra terra e acqua tanto nel loro significato formale che nell’impianto edilizio e strutturale. Si accettano riflessioni che indaghino, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, contesti litorali, rivieraschi ma anche di isole e arcipelaghi e casi quali roccaforti costiere, strutture portuali, luoghi mercantili, monasteri ed eremi incastonati su scogliere, edifici residenziali adagiati sulle sponde di bacini d’acqua o arroccati su cinte murarie litoranee. I contributi possono proporre approcci monografici o trasversali, che abbraccino una cronologia ampia, dall’età medievale sino all’epoca contemporanea, e qualsiasi area geografica.


7.3 Antiche città moderne tra continuità e discontinuità

Coordinatori: Clara Verazzo (Università degli Studi di Chieti-Pescara); Oliva Menozzi (Università degli Studi di Chieti-Pescara)
Email: clara.verazzo@unich.it

Descrizione sessione

La lunga vita delle città nei contesti italiano, mediterraneo, europeo ed eurasiatico presenta ovviamente il problema della coesistenza di città molto diverse, creando la necessità di scegliere quale di esse debba essere “valorizzata” e perché. Ogni caso può offrire problematiche e suggerimenti pratici diversi, soprattutto se studiato in parallelo e all’interno del proprio panorama culturale e del background demo- etno-antropologico.
L’idea alla base di questa proposta è la possibilità di presentare numerosi casi ed esigenze diverse nel contesto euro-mediterraneo ed eurasiatico al fine di utilizzare esempi pratici per confrontare bisogni, problemi, soluzioni e idee in una prospettiva transnazionale. Sono quindi benvenuti esempi provenienti da tanti paesi diversi, per avere un approccio il più ampio possibile in una prospettiva diacronica.
La maggior parte delle città e dei villaggi moderni in Italia e nei contesti mediterranei sono attestati su precedenti centri preromani e romani, che poi divennero generalmente insediamenti medievali, modificando la fisionomia degli insediamenti. La convivenza tra quartieri e monumenti antichi e gli sviluppi urbani moderni hanno dato vita a risultati molto diversi, a volte con aree in forte contrasto, a volte in fluida continuità. Ovviamente non esiste un’unica formula migliore e la geomorfologia e il paesaggio locale hanno sicuramente influenzato fortemente scelte e adattamenti, come anche le tradizioni costruttive locali, così come i nuovi movimenti architettonici, possono essere stati di qualche ispirazione.
L’intento è quindi quello di aprire la sessione a casi ed esempi molto diversi, per vedere le varietà multiformi e gli esiti poliedrici di una continuità che ha creato una stratificazione culturale in centri antichi che oggi sono città moderne con una personalità speciale.
Ci auguriamo che i colleghi, sia architetti, sia archeologi e specialisti interessati a questo argomento, offrano un gran numero di casi che illustrino diversi contesti in tutto il Mediterraneo, in Europa e oltre. Rappresenterà anche un momento per discutere insieme i casi, ma anche le problematiche nate in caso di progetti di valorizzazione e valorizzazione delle fasi precedenti della città moderna. Importante è anche la possibilità di presentare casi, problemi e soluzioni con approcci diversi per indagare il tema con un orientamento interdisciplinare e transdisciplinare.


7.4 Le città mitteleuropee come sede della cultura politecnica: progetti architettonici e restauri.

Coordinatori: Dragan Damjanović (University of Zagreb); Paolo Cornaglia (Politecnico di Torino); Raimondo Mercadante (Politecnico di Torino)
Email: ddamjano@m.ffzg.hr

Descrizione sessione

La cultura architettonica si è diffusa nello spazio centroeuropeo attraverso differenti modi, metodi e pratiche. L’area dell’Impero asburgico e dei paesi creati all’indomani della sua disintegrazione continua a suscitare interesse negli storici dell’architettura, sia per l’eccezionale qualità dei suoi principali architetti, sia per la diffusione delle sue idee in tutto l’Impero. La formazione architettonica fu perseguita da diverse istituzioni, come accademie di belle arti, scuole politecniche, scuole di arti applicate, scuole private e studi di architettura. Sia la pianificazione urbana che la progettazione architettonica, incluso il restauro dei monumenti, erano materie insegnate da tali istituti educativi.
L’insegnamento fu plasmato da maestri come Pietro Nobile, Friedrich von Schmidt, August Sicard von Sicardsburg, Henrich Ferstel, Karl König, Theophil Hansen, Carl von Hasenauer, Otto Wagner, SamuPecz, Frigyes Schulek, Imre Steindl, Alajos Hauszmann, Julian Zachariewicz, Herman Bollé, Jan Kotěra, Jože Plečnik e molti altri. La storiografia attuale tiene conto di ciascuna di queste scuole, ad esempio le Accademie di Belle Arti e i Politecnici di Vienna, Budapest, Leopoli, Praga, la Scuola di Arti Applicate di Praga, Brno o Zagabria, tuttavia per lo più all’interno dei confini nazionali, anche se la ricerca mostra come il suo impatto sia andato oltre questi confini, per includere Italia, Russia, gi stati balcanici, l’ex Impero Ottomano e il Medio Oriente.

In che modo queste diverse tradizioni hanno plasmato le città? Ci è lecito trovare un filo conduttore dietro queste esperienze, in particolare, anche se non solo, nell’area dell’Europa centrale? Inoltre, in che modo tale cultura didattica ha impresso un segno su architetti e studiosi che in seguito trascorsero la propria vita altrove? Questa sessione cerca contributi non solo da storici urbani, ma anche da storici dell’arte e della cultura, che possano mostrare tracce di questi fenomeni attraverso esempi concreti e casi di studio, come:
• progetti che evidenziano l’influenza di una scuola di architettura
• idee di pianificazione urbana che hanno portato alla trasformazione completa o parziale delle città
• casi che illustrano un’idea specifica di restauro di monumenti
• biografie di maestri/studiosi
• esempi di impatto delle scuole in vari paesi e/o regioni
I contributi dovrebbero evidenziare non solo la cornice dell’argomento, ma anche i metodi e il contesto storico.


7.5 Corrispondenze e innesti nelle città del Mediterraneo. La Koiné della cultura costruttiva nei luoghi di culto.

Coordinatori: Renata Prescia (Università degli studi di Palermo); Giulia Sanfilippo (Università di Catania)
Email: renata.prescia@unipa.it

Descrizione sessione

I luoghi di culto, siano essi grandi Cattedrali o Santuari o chiese ‘minori’, hanno costituito nel tempo un crocevia delle culture del costruire producendo una koiné dei saperi tecnici riconoscibile nei paesi del Mediterraneo con analoghe vicende politico-religiose e determinando simili processi di trasformazione, sostituzioni e ampliamenti delle architetture storiche.
La sessione si propone di raccogliere ragionamenti critici sulle mutazioni inerenti alla conoscenza delle tecniche costruttive, nel rapporto anche con lo stato di conservazione dei luoghi di culto. Queste testimonianze sono crocevia di flussi religiosi e di maestranze, in relazione alle committenze ecclesiastiche ed espresse in forme e tipologie ricorrenti.
Le riflessioni possono scaturire da considerazioni generali o dall’analisi di casi studio significativi per le modalità d’innesto nelle preesistenze (elementi o frammenti: portali, rosoni, membrature lapidee), con particolare riferimento al tema delle stratificazioni, o per la loro incidenza su un paesaggio urbano perché emergenti (campanili, cupole, pinnacoli), o per contemporanee esigenze di salvaguardia e d’uso.


7.6 Dalla carta al cantiere: il ruolo degli architetti-imprenditori nella trasformazione urbana

Coordinatori: Micaela Antonucci (Università di Bologna); Lorenzo Grieco (Università di Roma Tor Vergata)
Email: micaela.antonucci@unibo.it

Descrizione sessione

Le figure di architetti-imprenditori occupano una posizione centrale nella storia delle città. Grazie alla loro duplice identità, questi attori hanno saputo integrare la visione teorica con il controllo diretto delle pratiche di cantiere, instaurando un processo virtuoso di osmosi tra ideazione e realizzazione. Tale dinamica li ha resi agenti fondamentali di trasformazione urbana, capaci di introdurre e diffondere materiali innovativi, tipologie architettoniche originali, tecnologie costruttive avanzate e nuovi modelli organizzativi, lasciando un’impronta duratura sui paesaggi delle città.
Sin dal Rinascimento, una serie di architetti-imprenditori si sono rivelati personaggi capaci di sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle condizioni della pratica edilizia, che spinsero gli operatori verso la gestione diretta delle diverse fasi della produzione, creando le condizioni della straordinaria crescita di città come Roma e Firenze.
Nel corso dei secoli successivi e fino all’età contemporanea, questi professionisti hanno favorito l’introduzione di infrastrutture e architetture innovative, spesso basate su soluzioni tecniche che rappresentavano una sintesi di esperienze maturate in contesti territoriali diversi, sia locali che globali.

Questa sessione intende indagare in una prospettiva cronologicamente trasversale, dall’epoca rinascimentale a quella contemporanea (XV-XX secolo), il contributo degli architetti-imprenditori alla definizione delle città come spazi di interscambio tecnico e culturale.
Un tratto distintivo della figura dell’architetto-imprenditore è la stretta relazione con l’innovazione tecnica: spesso questi personaggi progettavano o possedevano macchinari all’avanguardia, brevettavano nuove tecnologie o introducevano metodi costruttivi che trasformavano radicalmente l’organizzazione e l’efficienza dei cantieri, divenendo espressione di un approccio imprenditoriale e visionario in grado di anticipare e rispondere alle sfide del proprio tempo.
Attraverso l’analisi di casi studio significativi in ambito sia italiano che internazionale, la sessione si propone di evidenziare le molteplici modalità con cui gli architetti-imprenditori hanno plasmato la città come laboratorio di sperimentazione e scambio, offrendo nuovi spunti per comprendere l’interazione tra progettazione, innovazione tecnica e pratiche costruttive.


7.7 Riparazioni, consolidamenti e ricostruzioni: migrazioni e scambi di saperi e tecniche tra città e territori.

Coordinatori: Carmen Genovese (Ministero della Cultura); Maria Rosaria Villani (l’Università di Salerno); Federica Ottoni (Università di Parma)
Email: mariacarmen.genovese@cultura.gov.it

Descrizione sessione

La mobilità di architetti e ingegneri, la diffusione della manualistica, la sperimentazione e il commercio di materiali innovativi hanno da sempre favorito lo scambio di saperi tecnici anche nel campo dell’architettura e dell’ingegneria.
In particolare, nuove e cogenti istanze legate al verificarsi di dissesti e crolli dovuti a difetti costruttivi, calamità naturali e conflitti hanno spesso accelerato tali processi di scambio, sollecitando, nel campo del consolidamento, nuove soluzioni tecniche o l’adeguamento di metodologie di importazione ai materiali e alle disponibilità locali.
La necessità di consolidare e/o ricostruire velocemente, con poche risorse economiche o con risultati più performanti, ha spesso attinto da ambiti geografici ampi per declinare conoscenze, tecniche e materiali nelle singole realtà; tali specificità hanno finito talvolta per caratterizzare la città, la cui immagine si lega a diffuse ricostruzioni seguite a grandi eventi distruttivi o, semplicemente, a specifiche tecniche divenute prassi nella cura e nel consolidamento del costruito urbano.
In altre occasioni le tecniche di consolidamento, seppur diffuse, non hanno modificato l’aspetto delle città ma hanno inciso sulle strutture e sono riscontrabili nel cantiere di restauro o grazie alla ricerca documentaria.

La sessione proposta mira a stimolare lo studio e il confronto tra tecniche, storie e casi studio nell’ambito della riparazione, del consolidamento e della ricostruzione del patrimonio architettonico, intesi come frutto di scambi di culture e saperi, mettendo in luce l’impatto che tali esperienze hanno avuto sulla città o su parte di essa.


7.8 Esperienze urbane di valorizzazione e diffusione del patrimonio costruito

Coordinatori: Álvaro Gil Plana (Universidad Politécnica de Madrid); Marco Pretelli (Università di Bologna); Leila Signorelli (Università di Bologna); Patricia Hernández Lamas (Universidad Politécnica de Madrid); Alessandra Cattaneo (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo)
Email: alvaro.gil.plana@alumnos.upm.es

Descrizione sessione

Il patrimonio culturale delle città è un potente motore di sviluppo urbano, in quanto permette loro di spiegare il loro passato e di comprendere la loro storia. Al fine di far conoscere i suoi valori sia agli abitanti che ai visitatori, esistono diverse strategie di divulgazione che permettono agli utenti di muoversi all’interno della città nello spazio e nel tempo. Esperienze e strumenti fisici e virtuali possono essere utilizzati per mostrare l’evoluzione del tessuto urbano e dei quartieri, la trasformazione degli edifici o l’espansione delle reti di trasporto e dei servizi pubblici.

Le visite guidate si sono aggiunte all’interpretazione tradizionale attraverso musei e mostre, mobilitando gli utenti della città. Oltre alla segnaletica e ai pannelli informativi necessari, ora ci sono piattaforme web e applicazioni mobili che incorporano dati multimediali, facilitano un migliore orientamento grazie alla geolocalizzazione e offrono nuove possibilità di comunicazione.

Molte di queste e altre proposte sono diventate casi di successo. Questa sessione è un invito a presentare queste esperienze e applicazioni utilizzate nelle città del 21° secolo per promuovere il loro passato e il loro patrimonio. Attività e strumenti in evoluzione che possono essere facilmente adattati ad altri contesti urbani.


7.9 Città europee tra antico regime e illuminismo: diffusione e scambi di saperi tecnici, modelli costruttivi e urbanistici tra XVI e XVIII secolo

Coordinatori: Alfredo Buccaro (Universita’ di Napoli Federico II); Francesca Capano (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Email: buccaro@unina.it

Descrizione sessione

All’inizio dell’età moderna nuovi principî vanno diffondendosi nel campo della progettazione urbana in relazione al progresso scientifico e tecnico, all’invenzione di nuovi congegni militari e idraulici, all’introduzione di inediti modelli urbanistici e di difesa nella trattatistica per l’architettura e per l’ingegneria. La città ‘ideale’ del Quattrocento cede il passo a quella militare e coloniale, a nuovi insediamenti destinati a presidî territoriali e marittimi dei grandi regni europei, o alle ricostruzioni conseguenti a eventi catastrofici.
In tale contesto, la sessione intende stimolare proposte atte a mettere a fuoco l’intensità degli scambi di tecniche e di esperienze, sia sul piano teorico che dei reali interventi, che tra Cinque e Settecento hanno caratterizzato il continente europeo, facendo emergere personalità e professionalità, architetti e ingegneri, ma anche trattatisti e teorici della città, che porranno le basi per le architetture e i centri urbani degli stati contemporanei.


7.10 La città crocevia d’innovazione e sperimentalismo di materiali e tecniche per l’architettura del Novecento

Coordinatori: Sara Di Resta (Università Iuav di Venezia), Emanuela Mattone (Politecnico di Torino); Maria Luisa Barelli (Politecnico di Torino); Giulia Favaretto (Università di Bologna) Davide Rolfo (Politecnico di Torino)
Email: sara.diresta@iuav.it manuela.mattone@polito.it

Descrizione sessione

L’avvento dell’industrializzazione ha portato all’introduzione sul mercato di nuovi materiali e all’adozione di innovative tecnologie che hanno consentito la nascita e lo sviluppo di nuovi linguaggi architettonici. Luoghi di scambio e di ibridazione di saperi, conoscenze ed esperienze, le città, con le loro architetture, sono divenute il campo per l’applicazione di tali sperimentazioni che sono andate progressivamente intensificandosi nel corso del XX secolo. Le tecniche connesse all’impiego del calcestruzzo armato hanno permesso la realizzazione di architetture espressione di geometrie e spazialità inedite. Parallelamente, l’industria ha sperimentato e introdotto nella sfera edilizia un’enorme quantità di nuovi materiali e prodotti che hanno rivoluzionato il mondo delle costruzioni. In Italia, è la stagione dei cosiddetti materiali autarchici a documentare con particolare evidenza quest’ultimo aspetto, sia attraverso l’immissione nel mercato di nuovi prodotti interamente realizzati entro i confini nazionali, sia mediante l’impiego e la fabbricazione di materiali brevettati all’estero. La conservazione e la valorizzazione di questo patrimonio passano attraverso l’identificazione, la conoscenza e il riconoscimento valoriale di tali testimonianze materiche e culturali, oltre che la comprensione degli organismi architettonici e la determinazione di specificità e problematiche conservative.
La sessione invita a presentare ricerche condotte su tali tematiche e, in particolare, sul tema della “città crocevia”, intesa come luogo di interscambio di esperienze connesse all’impiego di nuovi materiali e tecnologie, ma anche ad accostamenti inediti di materiali dell’industria e della tradizione. Al centro dell’indagine l’esplorazione di progetti connessi all’uso del calcestruzzo armato, ma anche al ricco patrimonio materiale che documenta questa importante stagione di sperimentazione, sia in Italia, sia all’estero. Si accolgono contributi dedicati a casi studio e riflessioni su episodi significativi e ancora poco sondati di questa storia del costruire del Novecento, alle questioni conservative sollevate dall’adozione di tali tecniche e materiali, nonché su interventi di restauro condotti su questo patrimonio del XX secolo con l’obiettivo di promuoverne la permanenza e la trasmissione alle future generazioni.


7.11 Conservare la monumentalità: innovazioni tecniche e saperi costruttivi nelle città del pieno Medioevo

Coordinatori: Marco Pretelli (Università di Bologna); Federico Zoni (Università di Bergamo); Leila Signorelli (Università di Bologna)
Email: marco.pretelli@unibo.it

Descrizione sessione

A partire dalla fine dell’XI secolo, e con sempre maggiore intensità nel XII, le città italiane e quelle europee si arricchiscono di edifici di scala monumentale. Cattedrali, torri, case–torri e palazzi testimoniano una rinnovata capacità di investimento e di gestione dei cantieri e di cicli costruttivi sempre più complessi da parte delle committenze urbane, che si traduce in una trasformazione dell’orizzonte architettonico e in un’evoluzione delle tecniche costruttive e delle competenze artigianali.
L’adozione su larga scala di tecniche innovative – come la reintroduzione dell’opus quadratum in contesti con una forte tradizione litica o il rilancio della produzione laterizia in città legate all’uso del mattone – ha rappresentato una vera e propria rivoluzione costruttiva, che ha posto le basi per un nuovo modo di edificare. Questo processo non è stato un fenomeno isolato, ma il risultato di interazioni complesse tra maestranze itineranti, committenze ambiziose e contesti locali caratterizzati da specificità materiali e tecnologiche. Si pensi ad esempio alla diffusione di gruppi di costruttori altamente specializzati, come i magistri comacini, lombardi e antelami, che tra XII e XIII secolo operarono nei principali cantieri dell’Italia centro-settentrionale, contribuendo alla diffusione e all’ibridazione di modelli costruttivi e architettonici. Nel corso del tempo, la storiografia ha affrontato queste trasformazioni attraverso approcci metodologici diversi: dalle interpretazioni diffusioniste, che attribuiscono il cambiamento alla trasmissione di saperi da un centro all’altro anche su grandi distanze, a letture più continuiste, che enfatizzano la permanenza di tradizioni tecniche locali; dalle analisi socio-economiche, che evidenziano il ruolo della committenza e delle risorse disponibili, agli studi archeologici e stratigrafici, che permettono di cogliere concretamente le dinamiche evolutive dei cantieri.
Questa sessione si propone di riunire storici dell’architettura, archeologi, storici dell’arte, architetti e operatori del restauro per confrontarsi sulle trasformazioni delle tecniche costruttive nei secoli centrali del Medioevo, analizzando i molteplici fattori che hanno influenzato la monumentalizzazione degli spazi urbani. Oltre a indagare il significato storico di queste innovazioni, si intende dedicare un’attenzione specifica alle attuali sfide legate alla conservazione e al restauro di tali edifici, cercando di mettere in luce come la conoscenza delle tecniche originarie costruttive debba costituire la base ineludibile per guidare qualsiasi intervento teso a tutelare e a valorizzare tale patrimonio.
Attraverso un dialogo interdisciplinare e l’analisi di casi studio significativi, la sessione vuole offrire l’opportunità per riflettere sulle continuità e discontinuità delle tecniche costruttive medievali e sulla loro ricezione nel tempo, stimolando una lettura integrata del fenomeno della monumentalità urbana.


7.12 Abitare le distanze. Architetture e Infrastrutture come interscambio di flussi ibridi e culture progettuali

Coordinatori: Francesca Castanò (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli); Federico Paolini (Università di Macerata); Maria Salerno (ENSA Paris-Malaquais)
Email: francesca.castano@unicampania.it

Descrizione sessione

Nelle realtà urbane, l’evolversi delle pratiche e degli usi ha generato occasioni decisive per il progetto di architettura. L’infrastruttura, intesa come dispositivo spaziale e funzionale, è stato uno degli elementi propulsori del cambiamento del paesaggio, sia nei contesti urbanizzati sia in aree marginali o interne. In entrambi i casi, la sua presenza ha influito sulle dinamiche territoriali, regolandone equilibri e relazioni o producendo squilibri evidenti tra aree centrali ai danni di quelle periferiche.
Nella città contemporanea, il complesso degli impianti e delle installazioni funzionali ai servizi ferroviari si predispone in condizione ambivalente: da un lato, il rinnovato bisogno di radicamento nello spazio; dall’altro, la crescente tensione all’aggiornamento, in un equilibrio instabile tra localismo e deterritorializzazione, tra urbano e periurbano, tra la dimensione dello stare e quella del transito.
In tale dialettica, la singolare contraddizione dell’abitare le distanze conferisce nuovi significati ai luoghi infrastrutturali, trasformandoli in crocevia essi stessi di flussi ibridi di persone e cose.
L’interrelazione tra pianificazione urbanistica, progetti architettonici, scenari politici ed economici, nell’evoluzione di usi e pratiche ferroviarie, ha contribuito alla definizione di una storia di reti e relazioni. Nello sviluppo acentrico della città e delle reti di città si valuti il rapporto fra le infrastrutture ferroviarie e le metropolitane regionali, il ruolo strategico nella riorganizzazione e nella connessione di ampie aree territoriali, la conseguente valorizzazione di nuovi poli urbani.

L’analisi dei sistemi di mobilità, in linea prioritaria quelli ferroviari, ci permette di pensare alla città crocevia come la risultante di una costante atemporalità dei flussi della storia. Le stazioni, le linee ferrate e i servizi annessi, rappresentano nella storia urbana costanti appropriazioni del progetto nei confronti dell’innovazione delle tecniche, dell’evoluzione delle pratiche e del conseguente diritto all’abitare i luoghi infrastrutturali.
In tali logiche la sessione si aprirà a tutte le possibili interpretazioni delle infrastrutture della città crocevia micro/meso/macro. Il dibattito si concentrerà sugli spazi di transito, soglie e margini della città che mediano la relazione tra architettura e tessuto urbano. Le tematiche alle quali si fa riferimento sono: i palinsesti della mobilità, le dinamiche interscalari tra città e territorio, diagnosi e aspirazioni delle culture del progetto, stazioni come luoghi di interscambio di cultura tecnica.


7.13 La Città Brutalista. Il cemento come strumento di sperimentazione urbana e interculturale

Coordinatori: Giusi Ciotoli (Sapienza Università di Roma); Marianna Charitonidou (Birmingham City University); Marco Falsetti (Consorzio Universitario Humanitas)
Email: ciotoligiusi@gmail.com

Descrizione sessione

La sessione si propone di indagare i temi della città e dello spazio pubblico attraverso la lente interpretativa del Brutalismo, per comprendere le implicazioni e le ricadute sul dibattito contemporaneo, anche alla luce della sua recente “riscoperta” mainstream (attraverso il cinema con “Blade Runner 2049”, “Dune” e “The Brutalist”, le recenti mostre al MoMA sull’ex Yugoslavia, al Met su Paul Rudolph, e finanche attraverso i videogiochi e i social).
A dispetto di uno sviluppo piuttosto limitato nel tempo, specie se paragonato ad altre stagioni dell’architettura, il Brutalismo si è imposto sulla scena del Secondo Dopoguerra come esperienza tecnica e formale in contesti eterogenei, divenendo elemento paradigmatico e prefigurativo per la città del domani.
La sessione intende proporre un dibattito sulle implicazioni teoriche e le ricadute sociali dei grandi complessi pubblici e abitativi realizzati in Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, Brasile, Italia, Francia, ex URSS, Balcani, etc. aprendosi ad una prospettiva comparata e interdisciplinare che analizzi il fenomeno sotto diversi profili. In particolare, nei processi di ricostruzione post-bellica (soprattutto in Europa e Giappone), di rinnovamento urbano (Stati Uniti, Inghilterra), e di costruzione identitaria nazionale (Brasile, ex-Yugoslavia, Caucaso, Paesi Baltici), i quali si inseriscono all’interno di un più ampio contesto culturale di sperimentazione teorica quanto tecnica. Dai dibattiti dei CIAM sino alle prodezze strutturali garantite dalla disponibilità di nuove tecnologie e materiali, il Brutalismo emerge nella sua essenza radicale e contestatrice, di rottura rispetto ai canoni vigenti e, allo stesso tempo, come ultimo strumento disponibile al Modernismo per dare forma a intere porzioni di città (Barbican Centre, Corviale, Rozzol Melara, Genex Tower, etc). La città brutalista è dunque un incubatore di sperimentazione urbana, formale, tecnologica alla grande scala così come a quella dell’edificio. Quasi 70 anni dopo l’inizio di questa stra-ordinaria stagione dell’architettura, è inoltre fondamentale ripensare criticamente queste forme di città nell’ottica di heritage (come nei recenti casi studi a Kharkiv e in altre città ucraine), così come di un loro possibile restauro dal punto di vista tecnico e sostenibile.


7.14 I cantieri dei palazzi comunali nelle città italiane tra tardo Medioevo ed età Moderna: crocevia di saperi, tecniche e materiali.

Coordinatori: Silvia Beltramo (Politecnico di Torino); Nicoletta Marconi (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Email: silvia.beltramo@polito.it

Descrizione sessione

La rilevanza dei palazzi municipali nel paesaggio urbano e nella vita pubblica delle città italiane è stata da tempo riconosciuta come uno dei tratti distintivi del patrimonio culturale a partire dal Duecento fino ad oggi.
L’architettura civica, eterogeneo insieme di palazzi e spazi ad uso differenziato, concepita come opera collettiva, è l’esito di quella moltitudine di intenti, volontà, competenze e vincoli posti da attori differenti, che a vario titolo sono coinvolti nel progetto e nel cantiere. Il variegato panorama che definisce queste componenti urbane ha un impatto sulla città di notevole spessore in termini economici e sociali, strutturandosi come un vivido e prolifico crocevia di umanità, saperi, esperienze e abilità costruttive.
Luoghi di interscambio di cultura tecnica e di integrazione operativa, i cantieri edili accolgono al loro interno una obbligata intersecazione operativa, che fornisce esiti riconoscibili a scala urbana, a volte fortemente caratterizzati, che interessano più fabbriche a destinazione d’uso differenti.

La sessione aspira a ragionare sugli esiti che, questa promiscuità e interscambio di pratiche e tecniche, porta all’architettura civica, con un punto di vista interno all’ampio patrimonio comunale. L’invito è anche rivolto a prendere in considerazione come le esperienze maturate nei cantieri comunali determinano e/o interagiscono sulle altre componenti edilizie della città, nonché sull’economia del loro indotto, con uno sguardo di apertura e di dialettica tra fabbriche di diversificata committenza e uso.
Per assicurare alla sessione una certa omogeneità, si suggeriscono alcune questioni comuni sulle quali riflettere: quali esigenze concrete ricorrono nella costruzione/ristrutturazione dell’edificio comunale? Quali scelte vengono attuate in termini di soluzioni tecniche e costruttive adottate? Si riscontrano ricorrenze nell’impiego dei materiali costruttivi? Sono attestate le stesse maestranze in diversi cantieri, pubblici e privati, e a quali esiti concorrono? Maestranze eterogenee apportano soluzioni tecniche e caratteri materiali distintivi osservabili negli edifici? In un’ottica comparativa, gli edifici si connotato per analoghe scelte costruttive e pratiche edilizie? I cantieri civici maturano e sperimentano nuovi materiali, modi nuovi di progettare e di realizzare architetture?
Saranno benvenuti gli studi dedicati ai temi evidenziati e rispondenti alla cronologia indicata. Si darà precedenza alle ricerche originali, proposte in una prospettiva aperta alla comparazione e al dialogo interdisciplinare.


7.15 L’eco della tradizione nell’innovazione. La mutua conservazione dell’Antico e del Moderno tra valori, tecniche e materiali

Coordinatori: Sara Iaccarino (Università degli Studi di Napoli Federico II); Luigi Cappelli (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Email: sara.iaccarino@unina.it

Descrizione sessione

La compresenza tra ‘antico’ e ‘nuovo’ nella città storica rappresenta un fondamentale crocevia culturale poiché testimone, fisicamente e simbolicamente, di evoluzioni architettoniche e urbane compiute o nel rispetto della tradizione costruttiva, o in adattamento, con acuti o flebili richiami all’antico, o ancora in netto contrasto, con una piena innovazione tecnica e tecnologica.
L’incontro/scontro dell’architettura moderna con la preesistenza ha visto l’introduzione di linguaggi e materiali ‘altri’, forieri di un contrasto tecnico-formale non sempre indolore rispetto ai temi della conservazione. Al contempo, la riproposizione in alcuni casi di valori, modelli e tecniche costruttive dell’antichità ha determinato un inedito dialogo tra passato e presente.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo, il rapporto tra preesistenza e architettura ex novo ha assunto differenti configurazioni: talvolta, l’evidenza archeologica è stata inglobata all’interno della nuova costruzione, quasi assurta a teca espositiva dell’antico; altre volte, dinanzi all’inaspettata o manifesta eminenza della rovina antica, le esigenze costruttive e funzionali del ‘nuovo’ hanno portato ad una inevitabile riconfigurazione. Tale riscrittura, nei casi in cui si è rivelata limitata e ragionata, ha generato configurazioni complesse che consentono, seppur parzialmente, la comprensione delle due testimonianze costruttive e della loro storica compenetrazione. Nei casi in cui, invece, si sono imposte le istanze compositive del Moderno, si è assistito ad una completa sovrascrittura che ha cancellato la preesistenza, relegandola a mera testimonianza orale o documentaria.
La sessione proposta si concentra sull’integrazione della preesistenza nella trasformazione dello spazio costruito della modernità nei casi in cui, specialmente sotto forma di tracce archeologiche, ha ispirato o condizionato i processi di evoluzione architettonica e urbana.
La coesistenza dell’Antico e del Moderno condiziona gli interventi di restauro contemporanei, chiamati da un lato a valorizzare le permanenze costruttive afferenti a diverse epoche e, dall’altro, a esplicitarne i rapporti formali e simbolici che le vedono più o meno compenetrate.
Con sguardo trasversale, la sessione apre all’analisi di casi studio, di dimensione architettonica, urbana o paesaggistica, testimoni di occasioni di ‘scambio’ e dell’intreccio di valori, tecniche costruttive, materiali e tecnologie diacroniche nell’ottica della mutua conservazione.


7.16 Città del lavoro, company towns e architettura per il welfare aziendale tra pianificazione e disciplina di tutela

Coordinatori: Manlio Montuori (Università di Ferrara); Luca Rocchi (Università di Ferrara)
Email: manlio.montuori@unife.it

Descrizione sessione

La demolizione sistematica di interi quartieri di edilizia operaia e popolare, tra cui molti esempi di architettura brutalista, ha sollevato un allarme sulla progressiva perdita di pagine di architettura e cultura materiale del XIX e XX secolo. Tali demolizioni, motivate da istanze di riqualificazione e rigenerazione urbana, pongono interrogativi più ampi sulla fragilità del patrimonio architettonico per la classe operaia, spesso trascurato rispetto ad altri tipi specialistici. Le company towns rappresentano un modello di organizzazione del lavoro e dello spazio abitativo fondamentale nella realtà urbana e, contemporaneamente, una testimonianza tangibile di un’epoca di grandi trasformazioni sociali e produttive.
Il fenomeno di sostituzione di questi brani edilizi, considerati obsoleti e di cui non sempre si riconosce il valore culturale, sollecita una riflessione sulla necessità di studiare, documentare e preservare le esperienze abitative e costruttive delle company towns che hanno segnato lo sviluppo della città industriale a partire dalle prime sperimentazioni proto-industriali.
La sessione intende inserirsi in questo dibattito, affrontando il tema delle città del lavoro, dei quartieri pianificati dalle aziende per i propri dipendenti, delle architetture per il welfare aziendale, comprese le esperienze delle colonie estive o montane per le famiglie dei dipendenti.

Il panel si propone di esplorare lo sviluppo di queste realtà abitative e sociali attraverso un approccio multidisciplinare, che coniughi la storia dell’architettura e dell’urbanistica con il restauro architettonico e urbano. L’ambito di indagine potrà estendersi dalle prime esperienze proto-industriali del XVIII fino al XX secolo. Oltre a ricostruire l’evoluzione dei modelli urbanistici e abitativi destinati ai lavoratori, la sessione porrà particolare attenzione a:
• tipi edilizi: dall’insediamento operaio ottocentesco, con case a schiera o in cortina, agli alloggi collettivi del realismo socialista, ai quartieri razionalisti del XX secolo;
• tecniche costruttive: dall’uso della muratura portante nelle prime company towns, alle strutture in cemento armato del periodo interbellico, fino all’industrializzazione edilizia del dopoguerra;
• problematiche di conservazione e riuso: molte di queste architetture, senza un’attenta valutazione dei loro caratteri distintivi, sono oggetto di demolizioni, abbandono o trasformazioni radicali, spesso sollecitate da pressioni speculative. In particolare, ci si potrà interrogare sulle strategie da adottare per la tutela e il recupero di quartieri simbolo dell’architettura del lavoro.

Attraverso il confronto di esperienze diverse, la sessione intende contribuire a consolidare una storia delle città del lavoro, a interrogarsi sulla necessità di politiche di conservazione più consapevoli e a sollecitare il dibattito sulla valorizzazione dell’architettura del lavoro come componente non secondaria del patrimonio urbano e culturale.


7.17 Progetti e rilievi urbani come incrocio di intenzioni, di saperi e di competenze

Coordinatori: Rosario Marco Nobile (Dipartimento Architettura Palermo); Oronzo Brunetti (Università degli Studi di Napoli Federico II); Bruno Mussari (Università Mediterranea di Reggio Calabria)
Email: rosario.nobile@unipa.it

Descrizione sessione

La sessione intende raccogliere proposte e contributi legati a disegni di architettura che denunciano confronti e dibattiti. L’intreccio di competenze che la figura dell’architetto deve contenere si addensano talora nei disegni che possono includere proposte progettuali, ma anche capacità di misurazione o di efficacia rappresentativa. Il disegno di architettura delinea, infine, nei contenuti un metalinguaggio comprensibile a committenti e interlocutori, e oggi anche agli storici. Verranno privilegiati i disegni a scala urbana che svelino l’esistenza di un processo; Joseph Connors ha del resto evidenziato l’importanza documentaria di fonti grafiche, allegate a perizie, che misurano relazioni, rapporti di forza, negoziazioni, “alleanze e inimicizie” nella scena civica e dove la rappresentazione dello spazio rivela aspetti sovente trascurati da una storia prettamente “autoriale”.


7.18 Città e salute. Gli spazi dell’assistenza come crocevia urbani in età moderna e contemporanea.

Coordinatori: Elisabetta Doria (Università di Pavia); Massimiliano Savorra (Università di Pavia)
Email: elisabetta.doria@unipv.it

Descrizione sessione

Negli ultimi anni, numerosi convegni e occasioni congressuali – incluse iniziative promosse dall’AISU – hanno affrontato il rapporto tra città e cura, indagando il ruolo degli ospedali e degli spazi assistenziali nella trasformazione urbana. Tuttavia, in un contesto di crescente attenzione alla dimensione sociale dell’architettura e alle nuove sfide del welfare urbano, è necessario tornare su questi temi con uno sguardo rinnovato. La complessità delle intersezioni tra architettura, politiche sociali e sviluppo delle città merita ulteriori approfondimenti storici, soprattutto in un’ottica comparativa e interdisciplinare. Gli spazi dell’assistenza e della cura caritatevole – ospedali, orfanotrofi, istituti di beneficenza, case di lavoro e di accoglienza – hanno storicamente rappresentato nodi cruciali nelle reti urbane, configurandosi come crocevia di persone, saperi e politiche sociali. Luoghi di incontro tra istituzioni, comunità laiche, ordini religiosi e individui, questi edifici non solo rispondevano a necessità sanitarie e assistenziali, ma contribuivano alla ridefinizione dell’assetto urbano e alla trasformazione degli spazi pubblici. Questa sessione si propone di esplorare, in un’ottica di lunga durata, il rapporto tra architettura, città e welfare, interrogandosi sulle intersezioni tra progettazione e tecnologie costruttive degli edifici assistenziali, dinamiche urbane e politiche sociali. In particolare, quali modelli architettonici e quali saperi hanno plasmato questi luoghi, e come i luoghi hanno influenzato le dinamiche urbane e le pratiche sociali delle città in cui sono inseriti. Attraverso casi studio e prospettive interdisciplinari, la sessione intende analizzare anche il ruolo degli spazi dell’assistenza come motori di trasformazione, innovazione e conflitto, al crocevia tra pianificazione, controllo sociale e strategie di inclusione.


7.19 La città coloniale: laboratorio di saperi o patrimonio dissonante? Materiali, tecniche, linguaggi fra interazione e conflitto

Coordinatori: Carlotta Coccoli (Università degli Studi di Brescia); Valentina Gili (Università degli Studi di Brescia); Francesca Tanghetti (Università degli Studi di Brescia)
Email: carlotta.coccoli@unibs.it

Descrizione sessione

Le città coloniali hanno rappresentato, nei secoli, contesti unici di incontro e sovrapposizione di culture tecniche differenti. Questi centri urbani hanno funzionato come crocevia di conoscenze costruttive, luoghi nei quali saperi, materiali e tecniche costruttive venivano importati, adattati e rielaborati in contesti locali, dando vita a un patrimonio architettonico eterogeneo e in continua trasformazione. Le maestranze, i progettisti e gli artigiani hanno svolto un ruolo chiave in questo processo di trasferimento e reinterpretazione, contribuendo alla costruzione di identità urbane complesse e stratificate.
Tuttavia, una rilettura contemporanea di questi contesti evidenzia come tali eredità possano risultare dissonanti. Il patrimonio architettonico coloniale, i cui obiettivi originari erano modernizzazione e progresso, si è caricato di significati ambivalenti nel dibattito sulla decolonizzazione dello spazio urbano e sulla sua percezione identitaria. La persistenza di queste tracce materiali solleva interrogativi cruciali sulla loro conservazione, riuso e risignificazione, ponendo sfide metodologiche e teoriche nel campo della tutela e della valorizzazione del costruito.
Questa sessione si propone di raccogliere studi e ricerche che analizzino il ruolo delle città coloniali come luoghi di diffusione di saperi tecnici e materiali non autoctoni, o che esplorino le tensioni e le controversie legate alla loro eredità. In particolare, si invitano contributi che affrontino i seguenti temi:

Trasferimento e adattamento di tecniche costruttive, materiali e modelli architettonici nei contesti coloniali;
Ruolo delle maestranze e degli attori locali nella mediazione tra saperi importati e tradizioni costruttive preesistenti;
Trasformazioni del patrimonio coloniale e suo rapporto con le dinamiche sociali e politiche contemporanee;
Strategie di conservazione, riuso e reinterpretazione critica del costruito coloniale;
Casi di studio che mettano in luce la dialettica tra eredità materiale e dissonanze culturali nelle città post- coloniali.
Gli studiosi interessati sono invitati a presentare contributi che possano arricchire il dibattito su questi temi, offrendo nuove prospettive e approcci interdisciplinari per approfondire il ruolo delle città coloniali come luoghi di interscambio e sedimentazione di culture tecniche “altre”.


7.20 Attività tipografica e diffusione del sapere tecnico nei poli della produzione libraria dell’Europa di età moderna (XV-XIX sec.)

Coordinatori: Valentina Burgassi (Politecnico di Torino); Gaia Nuccio (Università degli Studi di Enna Kore); Léonore Dubois-Losserand (Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris Val-de-Seine)
Email: valentina.burgassi@polito.it

Descrizione sessione

Nel corso dell’età moderna, città come Parigi, Lione, Venezia, Amsterdam si affermarono quali poli strategici per la produzione libraria, svolgendo un ruolo cruciale nella diffusione della cultura architettonica e tecnico scientifica. Tra le opere simbolo di questo circuito privilegiato un caso emblematico è rappresentato dall’opera di Sebastiano Serlio, il cui trattato di architettura, pubblicato in diverse edizioni a Parigi, Lione e Venezia, esercitò un’influenza determinante nella diffusione dell’architettura rinascimentale in Europa. l trattati di ingegneria militare (Maggi Castriotto, De Marchi, De Ville, De Medrano, Pagan etc.,) ebbero un ruolo chiave nella diffusione del sapere sull’architettura bastionata e delle tecniche innovative di difesa urbana, influenzando direttamente la progettazione delle città e delle strutture fortificate in Europa. Sul fronte dell’attività produttiva, la figura dell’editore Francesco Marcolini a Venezia testimonia la centralità della città lagunare nella tipografica di eccellenza, con edizioni caratterizzate da elevati standard qualitativi e innovative soluzioni grafiche.

Questa sessione si propone di esplorare il ruolo della produzione libraria in centri dove questa costituiva un’attività peculiare, divenendo una fonte primaria per l’aggiornamento della cultura architettonica, tecnica e costruttiva o, viceversa, un canale privilegiato per la diffusione delle innovazioni sviluppate nelle stesse città. Obiettivo della call è raccogliere studi sull’impatto dell’attività editoriale nella trasformazione della città secondo due principali filoni di indagine:

  • L’impatto diretto di un’attività editoriale fiorente sul relativo contesto urbano, ragionando sulla localizzazione delle stamperie e sulle testimonianze superstiti di questa attività nel tessuto urbano, sulla presenza di cartiere, sui principali canali di approvvigionamento delle materie prime e di smistamento del prodotto finito, sui luoghi del mercato editoriale.
  • La circolazione dei trattati di architettura, ingegneria e arti meccaniche, come fonte peculiare nella trasmissione della cultura tecnica nei luoghi dove questi vedevano la luce. Particolare interesse viene riservato al duplice ruolo di tali centri come fulcri accentratori e attrattori di figure e opere di rilievo per il sapere architettonico, tecnico e costruttivo e poli di diffusione di tale sapere.

Sono incoraggiate proposte da studiosi di storia del libro, storia dell’architettura e ingegneria, storia della scienza, con l’intento di ricostruire la rete culturale e tecnologica che rese queste città crocevia di innovazione e sperimentazione nel panorama europeo.


7.21 Il mutamento: i luoghi di bonifica come dispositivi di innovazione e di trasformazione del costruito e dei contesti

Coordinatori: Bianca Gioia Marino (Università degli Studi di Napoli Federico II); Alessandro Castagnaro (Università degli Studi di Napoli Federico II); Iole Nocerino (Università degli Studi di Napoli Federico II); Daniela Pagliarulo (Università degli Studi di Napoli Federico II); Roberta Ruggiero(Università degli Studi di Napoli Federico II); Alberto Terminio (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Email: bianca.marino@unina.it

Descrizione sessione

I contesti storicizzati, sia che si tratti di paesaggi urbani, rurali, industriali o naturali, sono stati nel corso della storia interessati da azioni antropiche di bonifica per modificarne usi, condizioni di vita, o anche per mitigare rischi e situazioni di pericolo o malsane. Tali trasformazioni hanno storicamente prodotto nuovi insediamenti, conferito nuovi equilibri funzionali ed estetici, nuove dinamiche all’interno delle trame territoriali più o meno urbanizzate, diventando ambienti di sperimentazione e relativa trasmissione di tecniche, di metodiche, di approcci per la transizione del sito da bonificare.
Questa sessione si propone di esplorare i diversi sistemi di bonifica, sia in chiave storica che contemporanea, come esempi paradigmatici di scambio tecnico e strumento di trasformazione di assetti insediativi, al fine di mettere in luce come i processi di bonifica abbiano rappresentato – e continuino a rappresentare – momenti cruciali di trasformazione delle tradizioni costruttive e di innovazione dei processi edilizi, di mutamento dei territori e dei contesti stratificati, degli equilibri del paesaggio e delle relazioni con la città, e tra le città, a prescindere dalla loro dimensione.
Attraverso studi di casi storici e attuali, sia italiani che stranieri, la sessione intende stimolare il confronto scientifico, con ricerche e analisi di esperienze contemporanee di bonifica, in relazione alle seguenti tematiche: nuove città di fondazione, trasferimento e sperimentazione di soluzioni tecniche e ingegneristiche nell’ambito dei sistemi di bonifica, gli impatti sulle strategie di restauro del costruito storico, il ruolo dei sistemi di bonifica e degli interventi di recupero nella rigenerazione di tessuti urbani, gli impatti sulla valorizzazione del paesaggio, interventi mirati alla tutela e al miglioramento del contesto ambientale.


Il XII Congresso AISU (Palermo, 10-13 settembre 2025) è organizzato da