Comitato: Cristina Cuneo (Politecnico di Torino – DIST), Sergio Onger (Università di Brescia), Caterina Giannattasio (SIRA – Società Italiana per il Restauro dell’Architettura, Università di Cagliari), Simon Gunn (Centre for Urban History (CUH), University of Leicester), David Graham Shane (Columbia University GSAAP, USA).
Referente: Sergio Onger (Università di Brescia).
Nella storia urbana ricorrono casi in cui l’incapacità o impossibilità delle città a adattarsi ha portato al loro declino, se non alla loro morte. Le crisi hanno prodotto sfide che non sempre sono state vinte, o opportunità che non sono sempre state colte. Le crisi possono produrre anche immobilità e conflitti. Il governo della città, a volte, ha risposto in modo inadeguato portando al declino della città. Parallelamente, le crisi di qualunque natura siano, hanno avuto come effetto anche limiti di mobilità, stati di fermo, obblighi di isolamento e chiusura. Immobilità, isolamento, incapacità adattiva in termini fisici, sociali e urbani sono i temi chiave in cui si incentra il campo di lavoro di questa Macrosessione.
Più specificamente, la Macrosessione comprende (ma non si limita a):
La incapacità di adattamento delle città.
Comprendere i casi di fallimento ci può consentire di definire i meccanismi che governano la vita delle città. Nella storia delle aree urbane ci sono sempre stati casi di fallimento, cioè casi di mancata capacità adattiva, che hanno spesso portato al loro irreversibile declino, se non alla morte di alcune città. Le crisi non sono sempre state sfide vinte o opportunità colte; a volte le risposte del governo delle città è stata inadeguata e ha portato a un declino irreversibile. Di fronte abbiamo le risposte di tipo duraturo a crisi ecologiche, demografiche, sanitarie o militari. Come e con quali meccanismi tutto ciò ha portato a cambiamenti economici e politici irreversibili che non sono stati in grado di gestire?
Immobilità, quadro normativo e controllo sociale.
Epidemie e pandemie hanno storicamente richiesto vincoli al movimento e ‘lockdown’ di vario tipo. Più in generale, le crisi urbane di ogni tipo hanno spesso richiesto limiti alla mobilità, stato di fermo e forme di isolamento e chiusura. In che modo, questo genere di vincolo forzato di ‘lockdown’ è stato applicato dalle autorità urbane in passato e con quali effetti sociali? Quali cambiamenti hanno eventualmente indotto sul lungo termine e quale scia ha lasciato lo stato di immobilità? In sintesi, che posto ha la condizione di immobilità o di mobilità nella nostra comprensione di ciò che rende le città adattabili o, al contrario, resistenti al cambiamento?
Riutilizzo di edifici concepiti per il controllo sociale.
Al di là degli scopi che hanno ispirato la costruzione di prigioni, nosocomi, ospedali psichiatrici e altre istituzioni totali, la recente emergenza sanitaria ha posto alla ribalta di questi edifici la capacità – attraverso il loro assetto urbano e tipologico – non solo di riproporre forme di isolamento ma anche di conciliare chiusure e aperture. Purgati delle intenzioni originali, oggi possono essere riproposti come un repertorio da cui apprendere
Conflitti tra utopia e realtà: la crisi della città ideale.
Spazi di città ideali sono stati concepiti da un’ampia letteratura. Si vedano per esempio gli scritti di Luigi Pirandello o Italo Calvino, per il quale “la città ideale è quella su cui aleggia una polvere di scrittura che non si deposita né si calcifica”. Quali rapporti tra modelli ideali e i necessari compromessi degli spazi reali? Il tema invita a una riflessione sui contrasti tra flessibilità e non flessibilità attraverso lo studio di casi specifici.
Altri temi
Interpretazioni aggiuntive dell’area di lavoro proposta dalla Macrosessione