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Macrosessione 1. Adattabilità di fronte al cambiamento. Crisi e ripartenze
1.02 Storia, memoria e oblio nei processi di trasformazione urbana in età contemporanea: memorializzazione, cancel culture, difficult heritage

Coordinatori: Annunziata Maria Oteri (Politecnico di Milano – Dipartimento di Architettura e Studi Urbani), Nino Sulfaro (Università Mediterranea di Reggio Calabria)

La cosiddetta cancel culture, recente e controverso fenomeno che tende a ostracizzare fatti e personaggi del passato sgraditi o rifiutati dalle comunità, ha riportato al centro del dibattito problematiche storico-memoriali associate a particolari avvenimenti storici, fra i quali soprattutto schiavitù e colonizzazione. Oggetto dell’annullamento più frequente sono i segni che occupano lo spazio pubblico: il déboullonage di statue di politici e personaggi storici, ad esempio, rivela un malessere generalizzato, originatosi da una forte crisi economica e culturale, ma soprattutto da questioni irrisolte di mancate pacificazioni storiche e sociali, di discriminazioni sempre più profonde, sulle quali è mancato un attivo intervento dello Stato nella doppia veste di agente memoriale e di educatore. A questi temi si associano quelli inerenti il cosiddetto difficult heritage che negli ultimi anni ha portato al centro dell’attenzione i processi di conservazione, valorizzazione e fruizione di patrimoni controversi.
Tali tematiche, tuttavia, non sono legate in via esclusiva all’attualità: l’età contemporanea è costellata di eventi che pongono al centro le questioni memoriali. Dall’iconoclastia della Rivoluzione francese, alla propaganda delle guerre mondiali, fino alla caduta dei regimi totalitari del Novecento, il rapporto con la storia e la memoria – ed il loro uso pubblico – ha inciso profondamente sulle trasformazioni dello spazio urbano e sull’adattamento delle città agli eventi traumatici.
La sessione proposta si pone come obiettivo di indagare gli esiti di tali processi dalla rivoluzione francese ai nostri giorni con particolare riferimento a uno o più dei seguenti possibili argomenti:
Difficult heritage: processi di conservazione, valorizzazione e fruizione di patrimoni controversi.
Odonomastica: regolamenti e normative, revisioni di stradari, cambiamenti dovuti ad eventi storici, recupero della toponomastica storica, etc.
Processi di rinnovamento urbano: demolizioni, restauri e/o ricostruzioni del patrimonio architettonico, realizzazioni di opere celebrative, rimozione di segni ereditati dai regimi totalitari e autoritari, etc.
Forme e processi istituzionali: commissioni istituzionali, programmi educativi, politiche culturali, amnistia, pacificazione sociale, commemorazioni, riconciliazioni, azioni civili, etc.
Il ruolo delle comunità: comitati e movimenti, manifestazioni e proteste, processi di partecipazione e inclusione, processi di esclusione, conflitti, etc.

Raffaele Amore, Chiara De Vuono, Stunde Null. La ‘normalizzazione’ delle opere del Terzo Reich a Monaco di Baviera (Stunde Null. The ‘normalization’ of the architecture of the Third Reich in Munich)

Stephan Viktor Franz Bittenbinder, Rachel Györffy, Overwriting a Difficult Past. Built-Legacies and the Search for New Identities in Budapest

Blazej Ciarkowski, The anti-communism iconoclasm. Decommunization of the public space in Poland after 1989

Paolo Cornaglia, Budapest: il Palazzo Reale e la Cancel Culture del Socialismo e del post-Socialismo (Budapest: the Royal Palace and the Cancel Culture of Socialism and post Socialism)

Laura Demeter, Superare l’Eredità Fascista e i Danni di Guerra a Bucarest dopo la Seconda Guerra Mondiale (Overcoming the fascist legacy and war damages in Bucharest after the Second World War)

Francesca Martinelli, Naylor Vilas Boas, Presidente Vargas Avenue: Mapping of spaces of urban sociability that disappeared in urban interventions in Rio de Janeiro (1937-1945)

Maria Paola Pasini, Carlotta Coccoli, Piazza della Vittoria a Brescia: storia di uno spazio controverso (Piazza della Vittoria in Brescia: history of a controversial place)

Serena Pesenti, Traslare, restaurare, cancellare monumenti come premessa ed esito di trasformazioni urbane nella Milano del secondo dopoguerra (Translating, restoring, erasing monuments as a premise and outcome of urban transformations in Milan after World War II)

Sonia Pistidda, Maria Cristina Giambruno, Memento o oblio? La difficile eredità delle architetture dei regimi socialisti (Memento or oblivion? The difficult legacy of the architecture of the socialist regimes)

Nino Sulfaro, Annunziata Maria Oteri, La conservazione della materia tra introiezione e proiezione. Riflessioni su difficult heritage, psicanalisi e narrazione della memoria collettiva (Conservation of Architecture, Introjection and Projection. Notes on Difficult Heritage, Psychoanalysis and Collective Memory)

Oana Cristina Tiganea, Diana Mihnea, The Romanian Post-Socialist City: (Re)Constructing the Urban History in Case of Alba Iulia

Maria Rosaria Vitale, Francesco Mazzucchelli, Luoghi dimenticati/Luoghi da dimenticare. La demolizione e i processi dell’oblio nello spazio urbano (Forgotten places/Places to forget. Urban demolitions ad processes of oblivion)

1.03 Processo di acculturazione e i “Due Mediterranei”: Affiliazioni culturali in epoca moderna nelle città portuali del Mediterraneo e del Mar della Cina

Coordinatori: Filomena Viviana Tagliaferri (ISEM-CNR)

Lo scopo di questa sessione è quello di costruire un confronto tra le città portuali mediterranee della prima età moderna come spazi plurali braudeliani e le enclavi coloniali del Mar della Cina dello stesso periodo. Il nostro obiettivo è di porre l’accento su come si possa osservare ed analizzare il processo di nei comportamenti quotidiani dei gruppi stranieri e dei migranti nelle città portuali dei “Due Mediterranei”, in equilibrio tra ibridazione e differenziazione dei comportamenti stessi.
Le città portuali in epoca moderna sono spazi plurali poiché le comunità vivono l’una accanto all’altra pur mantenendo le loro caratteristiche specifiche e sono parte di un sistema che le riconosce come diverse. La visibilità dello straniero è quindi centrale nella configurazione degli insediamenti urbani ed è altrettanto determinata dall’aspettativa di identificabilità propria delle autorità statali, visibilità che implica la riproduzione di pratiche materiali che danno forma alla vita quotidiana, permettendo di studiare ciò che uno specifico gruppo culturale considera come significativo. In questa prospettiva, l’identità è intesa come “modo di essere e fare”, ovvero è un modo di fare le cose nella vita quotidiana che coinvolge pratiche materiali, una identità concreta che porta gli individui ad auto-posizionarsi in relazione ad altri individui che vengono riconosciuti come simili o diversi in base al loro modo di fare le stesse cose.
Non avendo accesso a fonti orali per l’epoca moderna, la materialità è particolarmente significativa nello studio del pluralismo culturale deve essere intesa come la possibilità di ri-materializzare i principi della nostra conoscenza, raggiungendo una migliore comprensione del nostro rapporto con le cose. L’uso delle pratiche materiali come rivelatori della identità culturale permette di fare luce sui possibili modi in cui l’affiliazione culturale è stata incanalata nelle forme visibili della vita quotidiana.
I contributi dovranno essere incentrati sul modo in cui la coesistenza ha preso forma in diversi ambienti, attraverso l’analisi delle pratiche materiali in diverse città portuali. Lo scopo ultimo di questa sessione è quello di identificare un possibile modello per cui il pluralismo culturale tipico delle città portuali del XVII e XVIII Mediterraneo possa essere condiviso nello studio delle città portuali asiatiche interessate da un forte movimento di comunità straniere dovuto anche agli interessi coloniali degli europei.

Luca Andreoni, Città portuali, pratiche abitative e minoranze. Gli ebrei in Adriatico (secoli XVI-XVIII) (Port Cities, housing practices and minorities. Jews in the Adriatic (16th-18th centuries))

Filip Novosel, Foreigners and the early modern Eastern Adriatic urban space in times of war – the case of Zadar during the War of Crete (1645–1669)

Cristina Pallini,Vilma Hastaoglou-Martinidis, L’architettura delle enclave extraterritoriali nei porti del Mediterraneo orientale (Architecture of extraterritorial enclaves in East Mediterranean ports)

Sim Hinman Wan, Devozione al mare: tempi Mazu e la prima urbanizzazione moderna del delta del Fiume delle Perle (Devoted to the Sea: Mazu Temples and the Early Modern Urbanisation of the Pearl River Delta)

1.04 La fotografia del trauma

Coordinatori: Giuseppe Bonaccorso (Università di Camerino), Nicolò Sardo (Università di Camerino)

La sessione proposta, dal titolo “La fotografia del trauma”, cerca di indagare attraverso il medium della fotografia (ma anche dei video, dei reportage documentaristici e della filmografia) la cronaca dei terremoti, delle alluvioni, degli incendi e delle distruzioni dei recenti conflitti armati, che hanno provocato un improvviso cambiamento della morfologia del tessuto urbano delle città, dei borghi e dei territori durante il Novecento nell’area mediterranea.
In realtà l’intenzione è di narrare, attraverso le immagini, alcuni casi emblematici che possono essere messi a confronto nell’immediatezza sia post-sisma di località quali Messina (1908), il Friuli (1976), l’Abruzzo (1915, 2009), l’Irpinia (1980), l’Umbria e le Marche (1997) ancora le Marche, il Lazio e l’Umbria (2016), ma anche Skopje (1963), Zagabria (2020), sia post-eruzioni vulcaniche (Eolie nel 1930 e nel 1949) e post-alluvioni (Belice, Firenze, Venezia) oppure dopo le distruzioni causate dai bombardamenti o dalle campagne aeree nella prima e seconda guerra mondiale, nelle dispute sui Balcani (Dubrovnik) e nel Libano (Beirut).
Uno dei focus della sessione riguarda la “comparazione”. Quindi da un lato analizzare attraverso le immagini la situazione che si viene a creare nell’istantaneità del trauma ma, successivamente, il rispetto o meno dei programmi di ricostruzione, dopo un termine intermedio di circa un decennio. Sino a documentare poi, come alla fine del processo di ricostruzione il territorio sia stato riedificato, modificato o riadattato. Con la messa in evidenza anche di possibili insuccessi come, ad esempio, le case ancora oggi abbandonate e dirute degli esuli nei piccoli borghi istriani, oppure i paesi abbandonati a traccia di sé stessi come a Pescara del Tronto nelle Marche, oppure la trasformazione di luoghi pubblici quali musei o rotonde sul mare dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale (il museo delle Navi romane a Nemi, o la rotonda di Ostia Lido). O ancora i campi minati nella ex-Jugoslavia, oppure i ponti costruiti, demoliti e ricostruiti nel nostro continente o la riedificazione di muri di confine entro i recinti europei dopo la crisi dell’immigrazione.
Quindi la fotografia, ma anche il video, quale forma di testimonianza e di studio della difficoltà della ripartenza in particolari teatri urbani (e paesaggistici) del trauma naturale o del trauma provocato dall’uomo.

Carlos Bitrián Varea, Il registro dell’orrore: l’immagine del territorio nelle fotografie dei bombardamenti dell’aviazione fascista durante la guerra civile spagnola (The record of horror: the image of the territory in the photographs of the Italian fascist aviation bombings during the Spanish Civil War)

Giuseppe Bonaccorso, Nicolò Sardo, Dalla distruzione alla ricostruzione: una cronaca per immagini della ricostituzione del tessuto urbano (From destruction to reconstruction: a chronicle in images of the ridefinition of the urban tissue)

Marta Magagnini, Oltre lo sguardo dell’artista. Il terremoto nelle mostre d’arte contemporanea da Terrae motus a Terra Sacra (Beyond the artist’s gaze. The earthquake in contemporary art exhibitions from Terrae motus to Terra Sacra)

Cristina Orlandi, La comparazione fotografica pre e post sisma come strumento ausiliario per il superamento del trauma: il caso studio di Onna (The comparison of picture taken before and after an earthquake as an auxiliary tool to overcome the trauma)

1.05 Urbs e/o civitas. Città e cittadinanza alla prova dei cambiamenti traumatici

Coordinatori: Simone Mollea (Università degli Studi di Torino), Elisa Della Calce (Università degli Studi di Torino), Alberto Crotto (Università degli Studi di Torino), Ermanno Malaspina (Università degli Studi di Torino)

Fin dall’antichità, le città si sono trasformate per effetto dei cambiamenti di cui sono state, a un tempo, soggetti attivi e oggetti diretti. Ma che cosa si intende per “città”? Gli antichi Romani distinguevano tra civitas e urbs, indicando con la prima la comunità sociale degli abitanti e con la seconda la conformazione architettonica dell’abitato. Nel corso della storia, questi due concetti non sono sempre stati in sintonia. In particolare, nei momenti di crisi, si è spesso privilegiato uno dei due. Nel passato di Roma, ad esempio, lo storico Tito Livio racconta che l’eroe nazionale Camillo dissuase la cittadinanza (intesa come civitas) dall’abbandonare l’Urbe devastata dall’invasione dei Galli e dal trasferirsi in altra sede, perché questa scelta avrebbe comportato la perdita dell’identità nazionale romana. Per contro, la città (urbs) può essere sacrificata per il bene superiore della civitas, come fu il caso della Mosca di età napoleonica. Venendo a tempi più recenti, il trauma patito da una civitas può trasformarsi in un’occasione di memoria della vecchia urbs, come simboleggiato dal Cretto di Burri, costruito per tenere vivo il ricordo di una Gibellina pre-terremoto.
Alla luce di tali considerazioni, si invitano proposte di intervento riguardanti l’impatto che le modifiche della città hanno esercitato sulla cittadinanza e i suoi valori fondanti. Queste alterazioni potrebbero dipendere da cambiamenti traumatici a livello storico, socio-politico, ambientale, culturale e religioso. Approcci multidisciplinari relativi al periodo che va dall’antichità all’età contemporanea, sia in Oriente sia in Occidente, sono caldamente incoraggiati.

Maria Carolina Campone, Il secessus in villam: una nuova forma insediativa tra Tardoantico e Medioevo (The secessus in villam: a new form of settlement between Late Antiquity and Middle Ages)

Monica De Togni, La Pechino dei Manchu: rinnovamento urbano o rinnovamento dei cittadini? (The Manchu’s Beijing: new city? New citizens?)

Elisa Della Calce, L’urto con il nemico: salvaguardare la civitas o l’urbs? (The impact with the enemy: preserving civitas or urbs?)

Aline Soares Cortes, Massimo Sargolini, Resilienza urbana e sociale post disastri: una riflessione sull’impatto dei Piani di gestione delle emergenze e della ricostruzione (Urban and social resilience post disasters: a reflection on the impact of emergency management and reconstruction plans of the municipalities affected by the 2012 Emilia and Central Italy 2016 eartgquakes)

1.06 Le città-porto nella nuova geografia adriatica post Grande guerra (1919-1939)

Coordinatori: Antonello Alici (Università Politecnica delle Marche), Francesco Chiapparino (Università Politecnica delle Marche), Patrizia Dogliani (Università di Bologna), Guido Zucconi (Università Iuav Venezia)

Email: a.alici@univpm.it

Le città-porto nella nuova geografia adriatica post Grande guerra (1919-1939) Con la caduta dei due grandi imperi (asburgico e ottomano), con la nascita di nuovi stati (la Jugoslavia e l’Albania) si crea un nuovo quadro politico ed economico entro il quale le città-porto ridefiniscono il proprio ruolo e il rapporto con il territorio circostante. A questo si aggiungano altri fattori, come le mire italiane sulla cosiddetta “terza sponda” e la definitiva presenza greca nella porzione di sud-est: tutto ciò favorisce il rimescolamento di ruoli e funzioni soprattutto nei centri portuali posti lungo la riva orientale dell’Adriatico. Trieste e Fiume perdono il grado di “porti privilegiati”, Pola non è più la principale base della Marina asburgica, Spalato diventa il porto della nuova Jugoslavia, Zara diventa una modesta enclave ultramarina, Bar, Valona ed Igoumenitsa si aprono a nuove prospettive di sviluppo. All’interno della nuova geografia adriatica, il vento della trasformazione investe anche le città-porto della sponda occidentale, specie quelle che hanno maggiori contatti con l’altra riva. Sui due lati si progettano nuovi scali (Venezia, Ravenna, Bar, Valona), mentre Ancona, pur con alterne fortune, conferma il suo ruolo strategico nei rapporti con l’Oriente. Per le città di entrambi i fronti, solleviamo le seguenti questioni: ciascuna città-porto si è adattata al nuovo quadro, come è cambiata la sua topografia, e la vita economica-sociale? In quale misura ne ha ricavato ragioni di espansione e, al contrario, quali sono stati i riflessi un declino temporaneo o definitivo? Come si modificano i rapporti tra centro, aree portuali e quartieri di espansione, quali modelli di pianificazione vengono adottati? Questa proposta, a nostro avviso, è coerente con il tema generale “le città di fronte ai grandi mutamenti epocali”.

Antonello Alici, Il ruolo di Ancona come città-porto nel medio Adriatico del primo dopoguerra (The role of Ancona as a port city in post WWI middle Adriatic)

Giuseppe Bonaccorso, L’enclave di Zara: il porto franco, la vocazione industriale, l’aspirazione turistica (The enclave of Zadar: free port, industrial vocation, tourist aspiration)

Francesca Castanò, Simone Camassa, Ravenna verso la modernità: i piani urbanistici e il porto 1927-1942 (Ravenna towards modernity: urban plans and the port 1927-1942)

Emiljan Prenga, Niccolò Suraci, Durazzo, fissità dei sistemi e potenzialità di una città di porto (Durres, systems fixity and potentials of a port city)

Guido Zucconi, Porti e città del Nord Adriatico, nella nuova geografia post 1918 (Northern Adriatic Port Cities in the new post I WW context)

1.07 Il mercato come struttura pubblica tra continuità, adattabilità e cambiamento, a partire dal XIX secolo

Coordinatori: Nadia Fava (Universitat de Girona)

Il mercato pubblico: tra continuità, adattabilità e cambiamento. Il mercato, come spazio urbano di scambi e relazioni, è stato interpretato come una delle istituzioni pubbliche che sostengono il ruolo storico della città in stretta relazione con il territorio produttivo agricolo e industriale. Questa istituzione, vincolata alle politiche pubbliche di consumo, non solo ha plasmato il suo spazio, ma ha anche dato forma, funzione e valore sociale a intere parti della città. Questa istituzione di origine antica persiste, si ristruttura e si modifica nelle forme, nei formati e nei ruoli che si sono evoluti fino ai giorni nostri, esemplificando i luoghi della vita quotidiana e della convivialità. L’analisi del contesto urbano, socio-politico, storico, normativo e scientifico-tecnologico ci permette di comprenderne le singolarità e, allo stesso tempo, di individuare aree di studio comparativo. Adesso che la crisi sanitaria ha messo in evidenza la fragilità globale del sistema alimentare e del commercio al dettaglio, questa sessione si interroga, in primo luogo, su quali siano stati i momenti di crisi dei mercati pubblici, sedentari o settimanali e, in secondo luogo, quali siano state le ragioni di questa capacità di adattamento e, viceversa, quali siano stati i momenti di cambiamento o di innovazione in risposta alle crisi e come questi “movimenti” abbiano influenzato la vita commerciale circostante, la forma della città e le pratiche sociali legate al consumo e il cibo. L’ipotesi è che le cause siano da ricercare nel rapporto tra il “modello” di mercato e la vita urbana in fattori di differenti categorie come la cultura e i sistemi sociali della città, la struttura di governo, il livello di ricchezza, la dimensione della città, i sistemi di trasporto esistenti, gli standard di igiene e sicurezza, il rapporto città-campagna, l’emergere di nuovi sistemi di vendita al dettaglio, la presenza del turismo e altri elementi comparativi. La sessione si chiede anche come questa istituzione, grazie alla sua adattabilità non solo nel tempo ma anche nello spazio e nella società, sia stata oggetto di trasmissione di modelli urbani, sociali o architettonici in contesti culturalmente diversi, ad esempio nel Meditteraneo o el Mar de la Cina, e quali siano stati i risultati di queste creolizzazioni e come abbiano apportato elementi di innovazione o di rottura.

Nadia, Fava, Carla Brandao Zollinger, Il mercato come riflesso della città: il mercato della Boqueria durante la pandemia COVID_19 (The market as a reflection of the city: the Boqueria market during the COVID_19 pandemic)

Marisa García Vergara, Bàrbara Garcia Belmonte, Barcelona markets and tourism: from Santa Caterina to Els Encants

Cristina Pallini, Aleksa Korolija, Mercati e città nuove come tema di progetto (Market structures and new towns: testing grounds for design and adaptive reuse)

Heleni Porfyriou, Han Jie, Mercati chiusi nella Cina dell’inizio del XX secolo e la modernizzazione delle province del Fujian e del Guangdong (Enclosed marketplaces in early 20th century China and the modernization of Fujian and Guangdong provinces)

Caltia Simion, I mercati coperti e i mercati di Bucarest (1870-1914): tensioni e adattamento   (The Markets and the Market Halls of Bucharest (1870-1914): Tensions and Adaptation)

1.09 Frammenti per ricostruire la memoria. Sopravvivenza, riuso e oblio del patrimonio dopo la catastrofe (XV-XVIII sec.)

Coordinatori: Armando Antista (Università degli Studi di Palermo), Gaia Nuccio (Università degli Studi di Palermo)

Nelle città europee e mediterranee segnate in età moderna dai violenti traumi arrecati da disastri naturali e non, le architetture del passato, o le loro parti superstiti, costituiscono spesso autentiche cicatrici, cui è affidato il compito di custodire e tramandare la memoria nel cambiamento, come anelli di congiunzione tra la condizione urbana precedente e quella successiva al trauma. Tali segni sono esito di processi decisionali non sempre lineari, mutevoli nelle diverse fasi della ricostruzione, riflesso di un sentimento comunitario ma soggetti all’oscillazione dei rapporti di forza e alle vicende politiche e amministrative che governano il cambiamento. La sessione proposta intende esplorare le modalità attraverso cui i contenuti simbolici e identitari attribuiti dalla comunità ai manufatti architettonici sono in grado di orientare le scelte di natura architettonica e urbanistica, interferendo con le logiche di convenienza e rapidità di intervento, con le istanze del rinnovamento e con i meccanismi sociali, politici, economici e culturali di reazione all’evento traumatico. Tali dinamiche si offrono, infatti, quale motore per il travagliato processo di riconoscimento del valore di “patrimonio” da parte della collettività a fabbriche, o frammenti, da mantenere, trasformare, o smantellare dopo la catastrofe. L’interesse è rivolto, dunque, a contributi che mettano in luce il ruolo dell’architettura quale dispositivo di memoria nei processi di ricostruzione delle città e dell’identità collettiva. Tra le possibili tematiche: – il valore materiale e simbolico della rovina integrata nella fase di ricostruzione o dell’elemento architettonico risemantizzato in un nuovo contesto; – le ricadute nelle scelte operate alla scala urbana; – i luoghi della città come serbatoio di memoria; – il peso delle architetture del passato nell’immagine della città; – la natura comunitaria dei dibattiti sorti intorno agli interventi progettuali; – la capacità delle architetture scomparse di condizionare le forme della ricostruzione.

Emanuela Garofalo, Campanili, città e catastrofi nella Sicilia di età moderna (Bell Towers, Cities and Catastrophes in Early Modern Sicily)

Fabrizio Giuffrè, Renata Prescia, Atteggiamenti proto-conservativi dall’architettura alla forma urbis nel Val di Noto dopo il sisma del 1693: il caso di Vizzini (Proto-conservative attitudes from architecture to forma urbis in the Val di Noto after the 1693 earthquake: the case of Vizzini)

Federica Scibilia, Il terremoto del 1726 a Palermo: patrimonio architettonico e identità urbane nelle fonti memorialistiche (The 1726 earthquake in Palermo: architectural heritage and urban identities in memorial sources)

1.10 Trasformazioni della cultura urbana levantina: dall’apertura del Canale di Suez alla fine dell’Impero ottomano

Coordinatori: Paolo Girardelli (Boğaziçi University), Guido Zucconi (Università Iuav di Venezia), Malte Fuhrmann (Leibniz-Zentrum Moderner Orient)

Con l’apertura del Canale di Suez (1869), un nuovo regime di sviluppo commerciale, e le dinamiche semi-coloniali implicite in un accesso elitario alla tecnologia e ad altre risorse, trasformano molti centri costieri del Mediterraneo orientale in città – emporio. I contributi a questa sessione discuteranno criticamente la natura di questo spazio plurale, valutandone le dinamiche di incontro e di tensione, le costruzioni spaziali dell’identità, il legame fra spazio urbano e mobilità socio-culturale.

Denizhan Erinekçi, la Piccola Moschea di Karaköy di Raimondo D’Aronco: Sulle Tracce di una Tentata Fusione Architettonica tra Oriente e Occidente (Mosque of Karaköy by Raimondo D’Aronco – Tracing an Attempt of Architectural Fusion between East and West.)

Malte Fuhrmann, The Great Infrastructural Reshuffle Levantine Cities Facing Change, 1830-1930

Paolo Girardelli, Ripensare e ridefinire lo spazio “levantino”: radici medievali e complessità tardo-ottomana (Defining, debating, re-thinking a Levantine space: Medieval roots and late-Ottoman ambivalences)

Guido Zucconi, Le città porto del Nord Adriatico all’indomani dell’apaertura del Canale di Suez: assimilabili ai centri levantini ? (The northern Adriatic port-cities, after the opening of the Suez Canal: the western side of the Levantine world ?)

1.11 Ri-costruzioni. L’Italia sismica da Messina 1908 a oggi

Coordinatori: Federico Ferrari (École nationale supérieure d’architecture de Nantes / UMR AUSser-ACS École nationale supérieure d’architecture Paris), Malaquais Alessandro Benetti (Université Rennes 2), Emma Filipponi (École Spéciale d’Architecture – Paris / UMR AUSser-ACS École nationale supérieure d’architecture de Paris Malaquais)

Il fenomeno sismico rappresenta l’evento traumatico per antonomasia. Momento di crisi imprevedibile, esso si fa rivelatore delle problematiche di un territorio e delle strategie messe in campo per rispondere a uno sconvolgimento generalizzato e improvviso, tanto nelle sue forme materiali che in quelle immateriali. In questo quadro, per la frequenza e l’entità dei sismi che hanno colpito il paese, il “caso italiano” acquisisce un valore emblematico, perché permette di mettere in luce l’evoluzione delle pratiche, emergenziali e non, attraverso le quali la società ha saputo reagire e reinventarsi. Le successive ri-costruzioni hanno sempre comportato un’importante componente simbolica e il progetto architettonico, urbano e territoriale è stato chiamato frequentemente, da molti degli attori in campo, a incarnare questa volontà di rinascita.
Ricerche puntuali e approfondite sono state dedicate a questo tema da numerose discipline,
a testimonianza della ricchezza degli approcci possibili. Sebbene d’indubbio valore, la maggior parte di queste riflessioni sono state sviluppate a caldo, dopo ogni singolo evento sismico. Ci sembra mancare, al contrario, uno sguardo d’insieme, che testimoni al contempo della profondità storica della questione e delle diversità dei territori investiti da tali fenomeni profondamente traumatici. Da Messina nel 1908 al Centro-Italia nel 2017, dal Friuli-Venezia Giulia al Belice, è oggi necessario e urgente elaborare una visione comparativa che si sviluppi lungo tutto il secolo. Paese palinsesto, ibrido e stratificato, sfuggente a tentativi interpretativi di tipo formale e storicamente univoci, l’Italia costituisce l’ambito geografico di riferimento inevitabile e ideale per questa sessione.
Saranno privilegiate in questa sede proposte dedicate a casi-studio specifici e/o a comparazioni tra casi-studio, provenienti da diversi ambiti disciplinari: analisi storiche con una forte componente interpretativo-progettuale legata ad un sito ben preciso; o proposte teorico-progettuali informate ad un atteggiamento analitico dallo spesso sostrato storico.
Le proposte potranno inquadrarsi in uno o più dei tre ambiti di riflessione qui elencati e riferirsi alle loro parole chiave. Tali ambiti non sono da considerare in alcun modo limitanti o esaustivi:

  • Ambito storico-culturale: luogo, identità, paesaggio
  • Ambito sociologico-politico: abitanti, processi decisionali, politiche
  • Ambito architettonico-tecnologico: architettura, patrimonio, tecnologia

Francesca Fiaschi, Evoluzione della pratica urbanistica nella ricostruzione urbana.I Piani di Ricostruzione post-bellico e post-terremoto Aquilano.Analogie e differenze. (Urban planning practice evolution in town reconstruction. The post-war and L’Aquila post-earthquake Reconstruction Plan. Analogies and differences.)

Marika Fior, Letizia Carrera, Stefano Storchi, Dall’emergenza alla rigenerazione dei centri storici a dieci anni dal sisma in Emilia Romagna. Alcune riflessioni sui processi di ricostruzione (From the emergency phase to the regeneration of historic centers in Emilia Romagna. Some reflections on the reconstruction process ten years after)

Alessandra Lancellotti, Architettura e pianificazione d’autore nelle ricostruzioni del secondo Novecento in Italia (Architecture and urban planning in 1945-1999 reconstructions in Italy)

Valentina Macca, La conservazione del patrimonio costruito storico esistente: casi studio della ricostruzione post-sismica a confronto (Belice, Friuli, Irpinia) (Conservation of the existing historical built heritage: case studies of post-seismic reconstruction in comparison (Belice, Friuli, Irpinia))

Aurora Riviezzo, , Progettare il dopoterremoto a Napoli. Il Programma Straordinario di Edilizia Residenziale nell’esperienza di Pietro Barucci (Designing the post-earthquake in Naples. The Extraordinary Residential Building Program according to Pietro Barucci)

Ilaria Tonti, Maria Vittoria Arnetoli, Francesco Chiacchiera, Giovangiuseppe Vannelli, Temporaneità post-emergenza in territori fragili. Prima, durante e oltre la ricostruzione (Post-emergency temporariness in fragile territories. Before, during and beyond the reconstruction)

Cristiano Tosco, Niccolò Suraci, Giuseppe Mastrangelo, Intervenire sul monumento per ricostruire il territorio. Il complesso del Santuario del Macereto nello scenario post-sismico marchigiano (Working on the monument to reconstruct the territory. The ShrineIn the context of Macereto complex in the post-seismic scenario of the Marche region)

1.13 Ripensando alle strategie urbane dopo la crisi petrolifera degli anni settanta. Nuove sfide, nuovi tipi di mobilità alla luce della svolta ecologica

Coordinatori: Marianna Charitonidou (Faculty of Art History and Theory of Athens School of Fine Arts, Athens), Massimiliano Savorra (Università di Pavia), Guido Zucconi (Università Iuav di Venezia)

Nel 1973, in seguito alla decisione di decuplicare il prezzo del petrolio, sia gli specialisti sia l’opinione pubblica ebbero l’impressione di trovarsi alla fine di un’epoca, quella segnata dal modello di sviluppo illimitato. L’anno prima, da un rapporto firmato da un misterioso “Club di Roma” e intitolato “I limiti dello sviluppo”, erano emerse drammatiche conclusioni circa l’insostenibile rapporto tra le risorse (limitate) e l’aumento (esponenziale) della domanda: nessuno mise in discussione lo studio che era il frutto di una ricerca compiuto dall’MIT con l’ausilio di un elaboratore elettronico. Già nel 1961, con il libro The Life and Death of the Great American Cities, Jane Jacobs aveva messo sotto accusa la tendenza alla crescita dei sobborghi americani e al contemporaneo abbandono delle aree centrali. Poi negli anni settanta, in una fase di disorientamento con punte di panico, venne anche il tempo per una più meditata riflessione con ampie ricadute su molti settori: dal controllo dell’economia nazionale alla pianificazione urbanistica; il riferimento era in particolare ad un uso più saggio delle risorse disponibili, ivi incluso il patrimonio edilizio e l’ambiente naturale.
In quegli anni, il dibattito internazionale si divise tra una critica serrata modello di “slum clearence” e “urban renewal”, e la ricerca di un più equilibrato rapporto tra attività umane e risorse disponibili nel nome di un nuovo concetto: “l’ecologia”. Verranno poi le proposte basate su di una “nuova mobilità” con incentivi al trasporto pubblico e disincentivi all’uso del mezzo privato. Partendo da queste premesse, le proposte dovranno vertere su alcuni quesiti:
• Quale è stato l’impatto della crisi petrolifera sulla città e come è cambiato il modo di leggere la struttura urbana?
• La proposta di riuso del patrimonio edilizio -come nel piano di Bologna del 1974- ha rappresentato una vera alternativa allo sviluppo illimitato?
• Quali sono stati i riflessi di tutto questo nelle politiche per la casa?
• Possiamo parlare di continuità con quanto oggi si afferma in materia di risparmio energetico?
• I modelli per una “nuova mobilità” hanno avuto un peso effettivo nel mutare il rapporto tra mezzi pubblici e privati nella geografia degli spostamenti quotidiani?
• In che modo l’attuale crisi ecologica può avvalersi di esperienze passate e in che modo la tecnologia può dare un efficace contributo?

Francesca Brancaccio, Atene 1933, Machu Picchu 1977. Spazio temporalizzato e integrazione edificio-ciità-territorio. (Athens 1933, Machu Picchu 1977. Timed space and building-city-territory integration.)

Marianna Charitonidou, Modelli di mobilità urbana e politiche di welfare: costruire città per gli spazi dei flussi e del New Town nel Regno Unito, Francia e Svezia (Urban Mobility Patterns and Welfare Politics: Constructing Cities for the Spaces of Flows and the New Towns in the UK, France and Sweden)

Massimiliano Savorra, Tecnocrazia, mobilità ed ecosistema negli anni Settanta. Gli effetti della crisi energetica nei controprogetti per le Halles di Parigi (1979) (Technocracy, mobility and ecosystem in the 70s. The effects of the energy crisis in the counter-projects for the Halles in Paris (1979))

Guido Zucconi, Ripensare Venezia dopo l’alluvione del 1966 e la crisi pertolifera del 1973 (Rethinking Venice after the 1966 Big Flood and the Oil Shock of 1973)

1.14 Il lavoro femminile come fattore di adattamento alle trasformazioni industriali

Coordinatori: Paola Lanaro (Università Ca’ Foscari Venezia), Giovanni Fontana (Università degli Studi di Padova)

Il lavoro femminile ha svolto un’importante funzione come fattore di interconnessione col mondo rurale e di graduale adattamento alle trasformazioni dei contesti di vita e di lavoro indotte dai processi di industrializzazione. La sessione intende affrontare questa tematica in tutta la sua complessità e in una prospettiva di lunga durata: dal lavoro domestico nei sistemi di industria a domicilio alle grandi manifatture degli Stati moderni (come le manufactures royales o l’Arsenale di Venezia, prima forma di grande impresa, dove lavoratori maschi e donne operaie, le velere, lavoravano in contiguità), dall’insediamento delle prime grandi fabbriche del settore tessile allo sviluppo di fondamentali comparti come quello della filatura serica. Si tratta di mettere a fuoco ruoli e funzioni, competenze (ad es. nella filatura) e attitudini fisiche (ad es. nel ricamo) e comportamentali, meccanismi di inserimento nei processi produttivi, vantaggi competitivi assicurati dal lavoro femminile (ad es. in termini di migliori prestazioni e minore costo del lavoro), compatibilità con l’organizzazione familiare, forme di disciplinamento, relazioni interne alla fabbrica e conflittualità sul lavoro. Saranno apprezzati contributi su tutti questi temi, specialmente se basati, per l’età contemporanea, su materiali visuali, memorie e fonti orali.

Giovanni Luigi Fontana, Angela Zolli, Contadine-operaie e filande: un’anticamera del lavoro industriale

David Celitti, Dalla filatura proto-industriale alla filanda. Aspetti e problemi di una transizione in chiave diacronica e comparativa.

Paola Lanaro, Donne e lavoro durante gli anni della prima industrializzazione (Women and Work During the Years of the First Industrialization in Italy)

Vania Levorato, Il lavoro nelle filande venete: il caso della filanda Romanin-Jacur a Salzano (Work in the Venetian spinning mills: the case of the Romanin-Jacur spinning mill in Salzano)

1.15 Benefattori ed Euergetes in Oriente e in Occidente. Il loro ruolo nella modernizzazione delle loro terre d’origine (1830-1930)

Coordinatori: Heleni Porfyriou (CNR – Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), Vilma Hastaoglou-Martinidis (Aristotle University of Thessaloniki), HAN Jie (Xiamen University)

AISU Panel

Con la dichiarazione di indipendenza della Grecia nel 1821 e la costituzione del nuovo stato molti greci della diaspora (fra cui Σινα, Ζαππας, Τοσιτσας, ecc.) decisero di prendere parte alla costruzione della nazione con azioni filantropiche e attività euergetiche (cioè, contribuendo al edificazione di strutture pubbliche a fronte di pubbliche onorificenze). “Lo scambio di benefici per onori”, come Gygax (2020) definisce l’euergetismo, era un’istituzione diffusa nell’antichità greca e romana. L’euergetismo nazionale, diventa un fenomeno ben noto e ampiamente studiato in Grecia, con una propria festa il 30 settembre e una serie speciale di documentari (https://www.ert.gr/ellinika-docs/diaspora-paroikies-eyergesia-ert/) prodotta in occasione del 200° anniversario dell’indipendenza greca.
Fenomeni simili hanno probabilmente riguardato altri importanti movimenti diasporici, come quello armeno ed ebraico, per citare i più noti nel Mediterraneo europeo, o quello della Cina meridionale (delle regioni del Fujian e del Guangdong) nel ‘Mediterraneo orientale’ (noto come mar della Cina). I forti legami che i cinesi d’oltremare avevano mantenuto con le loro città natali sono ben documentati e il loro contributo allo sviluppo delle città natie, in termini economici, sociali e culturali ampiamente riconosciuto. Studi recenti sull’argomento hanno anche rivelato il loro ruolo nel periodo di transizione intorno alla fine del secolo scorso quando, con la caduta della dinastia Qing, l’obiettivo di modernizzazione della patria riportò molti di loro a casa.
Lo scopo di questa sessione è di evidenziare i contributi urbani, architettonici e amministrativi che le persone della diaspora hanno dato alla costruzione di nuovi stati-nazione o alla modernizzazione delle loro terre d’origine, sia in termini ideologici, che economici e di trasferimento culturale. Invitando proposte per paper dai ‘due Mediterranei’, la sessione mira a promuovere un approccio di ricerca comparata e a mettere in discussione l’uso esclusivo del concetto di euergetismo – un’istituzione tipica della Grecia antica — utilizzandolo pure in altri contesti.

Jiahong Huang, Li Bingyuan, Cai Kunyang, La partecipazione della rete sociale cinese d’oltremare alla modernizzazione del welfare delle strutture pubbliche a Xiamen Port City (The Participation of Overseas Chinese Social Network in the Modernization of Public Facility Welfare in Xiamen Port City from a Space Narrative Perspe)

Wencan Huang, Wang Lingliang, La pratica ideale all’estero dell’educazione cinese nel sud del Fujian –Prendendo la pratica della scuola media Nan’an Guoguang come esempio (The ideal practice overseas Chinese education in southern Fujian ——Taking the practice of Nan’an Guoguang Middle School as an example)

Heleni Porfyriou, Han Jie, Xiamen University , Confronto tra le diaspore greca e cinese e il ruolo dei benefattori nella modernizzazione dei rispettivi paesi e città d’origine (Comparing Greek and Chinese diasporas and the role of benefactors in the modernization of their respective countries and hometowns)

Jinhua Tan, Overseas Chinese Ideology and the Architectural Style of the Overseas Chinese Hometown: A Case Study of Wuyi, Guangdong

1.16 Nuove tipologie di edifici commerciali nell’Asia orientale: 1840-1930

Coordinatori: HAN Jie (Xiamen University), CAO Chunping (Xiamen University)

Gli anni tra il 1840 e il 1930 nel sud-est asiatico e più precisamente nel sud della Cina sono caratterizzati da un forte movimento di modernizzazione e trasformazione urbana, dovuto principalmente alla colonizzazione e all’apertura dei Treaty ports. In questo periodo di transizione, significativi scambi culturali, fra est e ovest, sono verificati in diversi campi.
Questa sessione si concentra sull’emergere di una nuova tipologia edilizia ad uso misto ampiamente nota come Qilou. Alla tipologia di Qilou appartengono le così dette “case lunghe a cinque piedi”, nate dalla contaminazione di modelli locali e stranieri; gli edifici porticati allineati lungo strade commerciali — o che incorniciano mercati — ospitanti usi residenziali ai piani superiori e commerciali a piano terra.
Sebbene la bibliografia sull’argomento sia ricca, restano aperte diverse questioni, riguardanti non solo l’impatto della cultura locale (in termini edilizi, architettonici e spaziali) sui modelli importati, ma anche il ruolo dei cinesi d’oltremare (Straits Chinese) in questo processo di acculturazione e dei loro riferimenti culturali regionali. In questo senso, la sessione si propone di affrontare i seguenti temi:1) scambi interculturali: percorsi di scambio, forze trainanti e sviluppi locali e regionali; 2) tipologia edilizia: prototipo, tipologie e processo tipologico, modalità e modelli; 3) adattamenti e acculturazione: adattamenti locali dovuti al clima, al sistema sociale, ai modelli commerciali, alla tecnologia, alle tradizioni spaziali e alle gerarchie di layout, alle tecniche costruttive, ai materiali e all’artigianato.
La ricerca sulle suddette questioni di fertilizzazione incrociata è estremamente importante, al giorno d’oggi, per promuovere un futuro più sostenibile e adattivo e un confronto significativo tra l’Asia orientale e il Mediterraneo europeo.

Chunping Cao, The Myth of red brick and Majolica-coloured tiles in South China:a cultural transmission perspective

Zhihong Chen, Tu Xiaoqiang, Guan Xiaoxi, The Spatial Form of the Chinese Qilou Settlements in Penang, Malaysia

Yifan Ding, Weng Xiaobing, Hu Zhaoyu, Huang Hao, Wang Liangliang, The characteristics of arcade blocks under the background of land transportation modernization in modern Quanzhou Overseas Chinese Townships

Jie Han, Anna-Paola Pola, Paola Brunori, Qilou buildings in Amoy-Xiamen: models, building typology, and local adaption process in the modernization movement of early 20th century

Jinhua Tan, Research on the Architectural Culture of Chinatowns in North America:  A Case Study of San Francisco, Los Angeles, and Vancouver

Liangliang Wang, LI Suyu, Dai Zhijian, A Typo-Morphological Study of Yongchun Commercial  Town in Quanzhou

Jialin Yang, Shaosen  Wang, Study on the evolution of modern commercial architecture in Zhangzhou

1.17 Tabula rasa: le reazioni ai traumi della ricostruzione tra Occidente e Oriente

Coordinatori: Pina (Giusi) Ciotoli (Università di Roma La Sapienza), Marco Falsetti (Università di Roma La Sapienza)

I primi cinquant’anni dello scorso secolo hanno visto l’emergere delle potenze Orientali. Prima il Giappone, dunque la Cina, l’Oriente ha più volte dato prova di possedere gli strumenti per operare una risposta alle criticità politico-economiche del momento. Si prenda il caso del Giappone, che all’inizio del secolo soffre le conseguenze di una terribile catastrofe naturale – il terremoto del Kanto, che quasi completamente distrugge Edo – per poi rinascere e affrontare la crisi socio-economica che ne è seguita attraverso politiche di modernizzazione della città, investimenti sulle linee infrastrutturali e finanche, attraverso una svolta militarista e coloniale. All’estremo opposto, un vasto segmento dell’Europa nord-orientale che comprende gli Stati Baltici, la Prussia orientale (oggi parte della Federazione Russa), la Polonia e la Germania, ha visto più volte minacciata la propria esistenza dagli eventi politico militari scaturiti dalla dissoluzione dei grandi imperi prima, e dalla seconda guerra mondiale poi.
Sebbene siano due ambiti culturali distinti quanto singolari, è interessante affrontare il duplice tema distruzione/ricostruzione in una prospettiva comparata dalla quale confrontare le difficoltà e le risposte espresse attraverso i numerosi progetti architettonici proposti, espressione di una singolare volontà critica ma anche di una congenita adattabilità.
Il confronto proposto attraverso la presente sessione intende mettere in luce, attraverso un approccio interdisciplinare, le diverse politiche sociali, urbane, e anche gli studi sulla città che sono stati affrontati nei due ambiti di riferimento dagli anni Cinquanta in poi, mettendo in evidenza la differente risposta alla tabula rasa.
La sessione è rivolta a studiosi interessati ad evidenziare le diverse risposte dei contesti presi a riferimento (Giappone, Nord-Europa, Italia) rispetto al trauma della distruzione, con particolare riferimento alla natura e alla validità delle “immagini” della ricostruzione, al rapporto tra memoria collettiva e memoria architettonica e finanche, al tema del “centro storico” inteso quale attrattore civile e culturale della comunità.

Koichiro Aitani, Introduzione alla Teoria del Catalizzatore Urbano (Urban Catalyst as Editing Urban Design)

Pina (Giusi) Ciotoli, Rovina, rigenerazione, ricostruzione. Esperienze giapponesi del Secondo dopoguerra (Ruin, regeneration, reconstruction. Japanese experiences in postwar era)

Marco Falsetti, Da Kӧnigsberg a Kaliningrad: distruzione, rimozione e memoria nei territori della Prussia Orientale (From Kӧnigsberg to Kaliningrad: destruction, removal and memory in the territories of East Prussia)

Stefano Guadagno, Le ricostruzioni nel nord della Francia all’indomani della Grande Guerra. La selezione della memoria attraverso la reintegrazione dell’immagine (Reconstructions in northern France in the aftermath of the Great War. The selection of memory through the reintegration of the image)

Lucia La Giusa, The importance of being concluded (?) Skopje an unfinished city (The importance of being concluded (?) Skopje an interrupted city)

Andreina Milan, «Ansia della Modernità». Il microcosmo domestico come soluzione al trauma collettivo. Modelli residenziali nella Repubblica Federale Tedesca (1946 – 1956) («Eigenheim»: the domestic microcosm as a solution to collective trauma. [Residential models in the Federal Republic of Germany].)

Alice Monacelli, Marco Maretto, I frammenti ricostituenti della città di Tokyo Un insegnamento per l’evolversi urbano a seguito dei traumi storici (The restorative fragments of the city of Tokyo A teaching for urban evolution following historical traumas)

Maria Vitiello, Oltre l’esperienza di Gibellina Nuova. Il Belìce dimenticato (Beyond Gibellina Nuova. The forgotten Belìce)

1.18 Spazio pubblico ed estetica urbana nelle città del secondo dopoguerra: ricostruzione, trasformazione e innovazione

Coordinatori: Adele Fiadino (Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara), Lucia Serafini, (Università degli Studi “G. d’Agmail.comnnunzio” di Chieti-Pescara), Carolina De Falco, (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”)

“La città non è fatta solo di addizioni di alloggi. La città è fatta anche di servizi, attrezzature, infrastrutture, spazi vuoti, spazi aperti, giardini […] e l’abitare avviene nell’insieme di queste attività svariate” sosteneva Giancarlo De Carlo nel secondo dopoguerra. L’importanza dei luoghi sociali, riscoperta anche durante la pandemia, si rafforza sempre a seguito della sua interdizione per eventi traumatici, come quelli bellici.
La sessione intende quindi accogliere contributi per riflettere sulla questione dello spazio pubblico secondo un’ampia casistica (ricostruzione/trasformazione/restauro/adattamento/creazione) in rapporto al più generale processo di cambiamento della città, come articolato da Piccinato durante il Comitato Internazionale Rencontre des Architectes tenutosi a Varsavia nel 1954, basato su tre linee: la ricostruzione di città danneggiate e distrutte; la trasformazione di città esistenti; la costruzione di nuove città, o anche quartieri.
Del resto, lo spazio pubblico, dalla piazza fino alla strada commerciale pedonalizzata, come il Lijnbaan a Rotterdam, è frutto di esiti comuni che uniscono, in un rapporto relazionale, struttura sociale, urbanistica e architettura. Ogni società, come sostenuto anche da Le Corbusier e Sert, dovrebbe forgiare lo spazio in cui vive in relazione alla propria cultura e al proprio contesto ambientale.
I partecipanti sono inoltre invitati a soffermarsi non solo sugli aspetti storici, ma anche sui criteri progettuali o di restauro adottati negli eventuali casi di studio, valutandone criticamente gli impatti, positivi o negativi, che essi hanno eventualmente innescato nella cultura urbana della città contemporanea.

Marina Arena, Giuseppe Angileri, Francesco Cannata, Il ruolo dei waterfront nell’immagine e nell’uso collettivo della città. Messina: dall’abbandono alla riconquista dell’affaccio sullo Stretto (The role of waterfronts in the image and collective use of the city. Messina: from abandonment to the reconquest of the view over the Strait)

Ottavia Aristone, Piero Rovigatti, Lo spazio aperto in ambiti urbani e periurbani: una risorsa per la città del post COVID. Il caso di Pescara. (Open space in urban and peri-urban settings: a resource for the post-COVID city. The case of Pescara.)

Stefano Cecamore, L’impronta del dopoguerra in Abruzzo: costruzione, ricostruzione e tutela della città del Novecento. (The post-war imprint in Abruzzo: construction, reconstruction and protection of the twentieth century city.)

Ilia Celientino, La nuova collettività dell’architettura della strada (The new collective of street architecture)

Marianna Charitonidou, La concezione dell’urbanistica di Constantinos A. Doxiadis e Adriano Olivetti. Il ruolo del Piano Marshall nella ricostruzione postbellica in Grecia e (Constantinos A. Doxiadis and Adriano Olivetti’s conception of Urbanism. The role of the Marshall Plan in their post-war reconstruction in Greece and I)

Carolina De Falco, Centri sociali negli anni ’50-’60: luoghi per la collettiviti per l’inclusione e la partecipazione «allo standard di vita della città» (Places for the community: social centres in the 1960s and early interventions for inclusion and participation «in the standard of living of the city»)

Annarita Di Ciocco, Ludovica Verna, Lucia Serafini, Crisi senza ripartenze. Aree interne e luoghi delle infrastrutture (Crisis without restart. Internal areas and places of infrastructure)

Adele Fiadino, Lavorare con il vuoto nella città postbellica: Pescara e i progetti di Luigi Piccinato tra continuità e mutamento (Working with emptiness in the post-war city: Pescara and Luigi Piccinato’s projects between continuity and change)

Arianna Iampieri, Architettura e spazio pubblico nelle periferie barcellonesi degli anni Sessanta: la narrazione visiva di Oriol Maspons e Julio Ubiña (Architecture and public space in the suburbs of Barcelona in the sixties: the visual narration of Oriol Maspons and Julio Ubiña)

Francesca Lembo Fazio, La contesa sulla ricostruzione di Faenza nel progetto di Vincenzo Fasolo. Restauro e ricostruzione postbellica fra continuità e nuove istanze. (Reconstruction issues on Faenza in Vincenzo Fasolo’s project. Restoration and post-war reconstruction between continuity and new questions.)

Paola Martire, Ricostruzione a Napoli nel secondo dopoguerra: lo spazio pubblico nel Rione San Giuseppe-Carità tra pianificazione urbana e processi speculativi (Reconstruction in Naples after the Second World War: the urban space of the Rione San Giuseppe-Carità between urban planning and speculative processes)

Raimondo Mercadante, Umanizzare l’architettura: Trg Revolucije a Lubiana nell’analisi spaziale di Janez Koželj (1973) (Humanizing architecture: Janez Koželj’s urban analysis of Trg Revolucije in Ljubljana (1973))

Andrea Pane, Rita Gagliardi, La porta del centro antico di Napoli: piazza del Gesù e l’insula di Santa Chiara tra danni bellici, restauri e prospettive attuali, 1943-2023 (The door of the ancient center of Naples: piazza del Gesù and the insula of S. Chiara among war damage, restorations and current prospects, 1943-2023)

Pasquale Petillo, Saverio Carillo, Urban design come lettura e innovazione degli spazi della città. Le porte in bronzo degli spazi sacri (Urban design as a reading and innovation of city spaces. The bronze doors of the sacred spaces)

Barbara Tetti, Gustavo Giovannoni e la guerra. Restauro e ricostruzione postbellica fra continuità e nuove istanze. (Gustavo Giovannoni and the war damages to heritage. Restoration and post-II World War reconstruction between continuity and new questions.)

Clara Verazzo, L’eredità Della Ricostruzione. Studi E Ricerche Sugli Interventi Nel Patrimonio Architettonico In Campania (The Legacy Of Reconstruction. Studies And Research On Interventions In The Architectural Heritage In Campania)

Macrosessione 2. Adattabilità sul lungo periodo e in circostanze normali
2.01 “Megastrutture”, fra welfare e nuove forme dell’abitare. Enclave o spazi di resilienza sociale e insediativa?

Coordinatori: Patrizia Montuori (Università degli Studi dell’Aquila, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale (DICEAA)), Patrizia Battilani (Università di Bologna), Paola Rizzi (Università di Sassari)

Gli interventi per fornire un alloggio, temporaneo o permanente, alle fasce sociali svantaggiate sono molteplici nelle diverse epoche storiche: dagli alberghi dei poveri, ai falansteri, alle case popolari. Spesso il loro disegno è parte di una progettazione più ampia di welfare state locale/nazionale, sia d’iniziativa pubblica sia privata, che comprende anche altri servizi (educativi, culturali, ricreativi etc.). Inoltre essi hanno contribuito alla costruzione o ridefinizione di parti della città storica e contemporanea. Molti di questi interventi sono accomunati da una “polifunzionalità iscritta entro una struttura-cornice che racchiude tutte le funzioni di una città o di una sua parte” (Maki F., 1964), e da una “evidenza megasegnica e monumentale in un contesto territoriale dato” (Crispolti E., 1979). Caratteristiche di quelle che, sulla scia del plan Obus per Algeri di Le Corbusier (1932), dagli anni Sessanta s’inizia a definire “megastrutture”. Si tratta, infatti, d’interventi di grande dimensione, che comprendono varie funzioni (residenza e servizi) e che sperimentano un nuovo modello di convivenza con fini assistenziali per i più “deboli”: i poveri degli alberghi sei-settecenteschi e anche contemporanei, come la Citè de Refuge di Le Corbusier; gli operai delle strutture residenziali/produttive (höfe, fabbriche modello, villaggi industriali etc.); gli inquilini dei quartieri di edilizia pubblica (INA-Casa, P.E.E.P., housing sociale). “Città nelle città” idealmente autosufficienti ma, spesso, anche enclave integrabili con difficoltà nel contesto urbano. Il concetto di megastruttura sottende una molteplicità di aspetti (architettonici, urbanistici, economici, sociali) che percorrono “trasversalmente” la storia dell’architettura, della città e del welfare. La sessione vuole proporre una lettura estensiva di tali megastrutture, stimolando un approccio comparativo e di lungo periodo con l’obiettivo di comprendere: -le differenti relazioni con la città storica e/o contemporanea e il loro grado di adattabilità architettonica, insediativa, economica e sociale; -a quali concezioni di rapporto tra le classi sociali e disegno delle politiche di welfare fanno riferimento; -il loro ruolo attuale nella città storica e/o contemporanea (enclave o spazi di resilienza sociale e insediativa) e le strategie di recupero/ riuso/integrazione attuate o da attuare.

Paolo Belardi, Valeria Menchetelli, Giovanna Ramaccini, Monica Battistoni, Camilla Sorignani, PS5G: una sperimentazione progettuale di città adattiva e sostenibile (PS5G: an adaptive and sustainable city design experimentation)

Simonetta Ciranna, Il Quartiere della Banca d’Italia dell’Aquila: costruzioni e ricostruzioni di un’identità sociale (The Bank of Italy’s District in L’Aquila: construction and reconstruction of a social identity)

Danilo Di Donato, Renato Morganti, Matteo Abita, Alessandra Tosone, Industrialismo eterodiretto ed enclave operaie in Abruzzo. Il villaggio Montecatini a Piano d’Orta (Other–directed industrialization and workers’ enclaves in Abruzzo. The Montecatini town in Piano d’Orta)

Fabrizio Di Marco, Una Megastruttura Ante Litteram Nella Roma Di Fine Anni Trenta. L’intensivo In Viale Eritrea Di Cesare Pascoletti (Ante Litteram Megastructure In Rome At The End Of The Thirties. The Intensive In Viale Eritrea By Cesare Pascoletti)

Marco Felli, Vincenzo Di Florio, Quirino Crosta, Contratti di Quartiere e il caso di Atessa, le nuove megastrutture per recuperare il patrimonio esistente. (The “District Contracts” and the Case Study of Atessa: the New Megastructures to Recover the Existing Heritage)

Raffaele Giannantonio, Le megastrutture e l’utopia urbana: Iannis Xenakis e la Città Cosmica

Lorenzo Mingardi, Il Virgolone a Bologna. Una megastruttura progettata dagli abitanti (The Virgolone in Bologna. A megastructure designed by the inhabitants)

Sofia Nannini, Micaela Antonucci, Le “città delle colonie” sulla costa romagnola nel secondo dopoguerra: tra eredità fascista e ricostruzione (Postwar holiday camps for children on the coast of Romagna: Between fascist heritage and reconstruction)

Chiara Rizzi, La(b)nera, un laboratorio urbano permanente in un quartiere di fondazione a Matera

Cecilia Rostagni, Le case-albergo di Luigi Moretti a Milano (Luigi Moretti’s case-albergo in Milan)

Paola Scala, Nelle pieghe di un progetto moderno. (beyon a “modern” project)

Maria Andrea Tapia, Città e Evento nel mondo contemporaneo (City and Event in the contemporary world)

2.02 Norme e regole, tra adattamento e resistenza, nella città e negli insediamenti: la documentazione d’archivio e la costruzione reale

Coordinatori: Chiara Devoti (Politecnico di Torino), Enrica Bodrato (Politecnico di Torino), Zsuzsanna Ordasi (Università Károli Gáspár della Chiesa Riformata Ungherese, Budapest)

AISU panel

La sessione parte dal presupposto della imprescindibilità della documentazione, in particolare quella d’archivio (anche recentissima) per la lettura dei processi di trasformazione delle città e degli insediamenti, proponendo una interpretazione che – sul lunghissimo periodo e sulla più vasta estensione geografica – leghi documenti, scritti, disegni, norme e regolamenti alle reali soluzioni nell’ambito di città, o parti di questa, insediamenti e poli territoriali. Particolare attenzione sarà assegnata alla verifica della rigidità di alcune disposizioni (politiche, sociali, amministrative, religiose, cultuali e culturali, …), apparentemente indeflettibili, e viceversa alla loro capacità di mutare e adattarsi nel contesto reale e soprattutto nello sviluppo degli insediamenti stessi, a cominciare proprio da quello urbano, dove le istanze si moltiplicano, intersecano tra di loro e possono, evidentemente, entrare in conflitto. Margini e termini che appaiono contraddistinti da una ben precisa regola (luoghi esenti, di matrice civile e religiosa, spazi riservati a settori specifici della popolazione come monasteri e conventi, nosocomi, caserme, luoghi di formazione, istituti, etc.) possono essere stati l’emblema della applicazione di una norma e quindi essere apparsi rigidissimi, per poi invece dimostrare una insospettabile adattabilità in condizioni di crisi, ma anche e soprattutto, nel contesto della naturale trasformazione delle logiche insediative e delle esigenze della società. Dei processi che definiscono le regole e le prescrizioni, così come della loro applicazione e del loro eventuale adattamento non manca la documentazione, rintracciabile in luoghi disparati, allargando la nozione stessa di archivio, che in questa sessione non si intende solo nell’accezione di luogo fisico di raccolta di documenti, ma nel senso più ampio di serbatoio di memoria. La sessione si pone quale finalità primaria di costituire uno spazio aperto alla presentazione di ricerche concluse, in corso, intuizioni che si vogliano mettere a confronto, in qualsiasi sezione storica e contesto territoriale, in una logica compartiva e con approccio critico, anche a carattere multidisciplinare.

Hajar alBeltaji, Ahmed Adham, Epistemological change of critical mapping and photogrammetry scanning on the heritage scene

Enrica Bodrato, Chiara Devoti, Mutare la destinazione, modificare la città: documenti per lo studio delle trasformazioni di un settore di Torino, da luogo di cura a industria (Changing the destination, changing the city: documents for the study of a Turin’s sector, from an hospital to an industry)

Giosuè Pier Carlo Bronzino, Da area periferica a centro di svago per l’élite industriale torinese: lo Sporting tra progetti e disegno urbano. (From a peripheral city zone to a leisure club for Turin industrial elite: the case of the Sporting Club, between projects and urban design.)

Michele De Chiaro, Il rilievo per la conoscenza di spazi storici tra vecchie funzioni e nuove usi: il Seminario di Ivrea dalla formazione del clero a spazio espositivo (The Survey for Historical Places Analysis, between Ancient Functions and New Destination: Ivrea’s Seminary from Clergy Formation to Exhibition Space)

Laura García Sánchez, Quando Barcellona si veste di corte. Il sottile equilibrio tra cerimoniale monarchico e il rispetto della propria identità durante il Seicento (When Barcelona dresses up. The subtle balance between monarchical ceremonial and respect for one’s identity during the 17th century)

Danila Jacazzi, Giada Luiso, Il contributo di Antonio Bernasconi alla rifondazione de La Nueva Guatemala de la Asunción (Antonio Bernasconi’s contribution to the refoundation of La Nueva Guatemala de la Asunción)

Nick M. L. Mols, Faces of Resilient Adaptability: Leon Battista Alberti’s Edification and the Palazzo Rucellai., ,

Zsuzsanna Ordasi, Architettura in piedi come archivio: la costruzione reale quale documento dell’era socialista nel paesi dell’ex blocco sovietico (Architecture Standing as an Archive: the Building Evidence as a Document for the Socialist Era in the Former Soviet Bloc Countries)

Cristina Scalon, La farmacia mauriziana nell’isolato Santa Croce di Torino: documenti per una storia dell’istituzione e per la lettura del contesto urbano (The Maurician Order Farmacy in the Santa Croce block in Turin: documents for the institution history and for the interpretation of the urban contest)

Carmelo Giuseppe Severino, Elaborare il lutto per i caduti assegnandone la memoria ai posteri. Monumenti e targhe commemorative dopo la Grande Guerra: il caso di Roma Esquilino (Elaborate mourning for the fallen by assigning the memory to posterity. Monuments and commemorative plaques after Great War: the case of Rome-Esquilin)

Graziano Tomasello, La crescita verticale della città di Messina: le sopraelevazioni degli isolati del Piano Borzì. (The vertical growth of the city of Messina: the elevations of the blocks of the Borzì Plan.)

2.03 Uno “Stato nello Stato”: città e Ordine di Malta tra persistenza e nuove adattabilità

Coordinatori: Federico Bulfone Gransinigh (Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara), Valentina Burgassi (Politecnico di Torino –École Pratique des Hautes Études, Sorbonne)

L’Ordine di San Giovanni vanta indiscutibilmente una storia millenaria: tale istituzione, vero e proprio “Stato nello Stato”, dalla duplice natura religiosa e militare, sopravvive ancora oggi. Proprio per questa sua versatilità, l’Ordine si è saputo adattare nei secoli superando di volta in volta condizioni assai complesse: dalla sua costituzione a Gerusalemme, poi a Cipro, a Rodi e infine a Malta, nel 1530, dove trovò finalmente una patria grazie all’imperatore spagnolo Carlo V. Più tardi, con l’arrivo di Napoleone, si ruppe il conquistato equilibrio, il che costrinse gli Ospedalieri a migrare in luoghi più sicuri. Durante i secoli, a natura fortemente gerarchica sia a livello centrale, a Malta, sia a livello periferico, attraverso le commende, consentì all’Ospedale di riorganizzarsi e di recuperare un proprio assetto. Ci possiamo allora domandare, in una prospettiva a lungo termine, quali siano state le scelte in ambito territoriale, urbano ed architettonico attuate dall’Ordine in contesti geografici tanto diversi tra loro e, al contempo, come il cambiamento sia stato affrontato dalle città stesse. La sessione vuole favorire un dibattito internazionale e uno studio trasversale e anche interdisciplinare, attraverso un approccio di tipo comparativo, delle situazioni in cui l’Ospedale operò nei diversi contesti e, al contempo, delle modalità in cui si è rapportato alle condizioni preesistenti, siano esse urbane, politiche, sociali ed economiche. Si richiedono, pertanto, contributi che prendano in esame la committenza, il sistema culturale formato dalle commende e le ricadute sul territorio, la gestione e gli interventi su complessi cultuali, su strutture territoriali ed urbane complesse, per le quali la presenza dell’Ordine di Malta abbia definito schemi e scale di valori tali da modificare interi isolati o piccole porzioni di città e territorio. O ancora, contributi che, partendo dall’analisi di un’architettura o di un complesso gerosolimitano, possano fornire strumenti utili per l’analisi dei sistemi di adattabilità con ricadute a varie scale. Sono benvenuti anche studi che permettano un’analisi comparativa della gestione/progettazione a scala territoriale e urbana in seno all’Ordine Gerosolimitano e a istituzioni simili, quali per esempio l’Ordine Teutonico o l’Ordine Mauriziano. Questa proposta s’inserisce all’interno di una rete consolidata di rapporti tra docenti e ricercatori di varie università italiane e straniere, che da anni lavorano su questi temi.

Francesco Amendolagine, Alessandro Dalfovo, Gianluca De Zen, La Commenda della famiglia Lippomano a San Vendemiano (TV): trasformazioni e adattabilità attraverso i secoli (The Lippomano famile’s Commendam in San Vendemiano (TV): transformations and adaptability through the centuries)

Giampiero Bagni, Gli insediamenti urbanistici degli Ordini Religioso-Militari nei Borghi Extra Moenia: il caso di Bologna comparato con gli insediamenti francesi. (Urban establishments of Military Orders in the burgi extra moenia: the case of Bologna compared with French’s cities establishments.)

Raffaele Giannantonio, L’ospedale della SS. Annunziata di Sulmona e la gestione territoriale dei Gerosolimitani (The hospital of the SS. Annunziata in Sulmona and the territorial management of the Hospitaller Order)

Katerina B. Korrè, Strutture medievali in transizione e la rete urbana: Rodi tra Bizanzio e L’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme (Medieval structures in transition and the urban network: Rhodes between Byzantium and the Order of the Hospitaller Knights of St. John in Jerusalem)

Claudio Mazzanti, La commenda di Sant Joan de Jerusalem e lo sviluppo urbano di Barcellona (The convent of Sant Joan de Jerusalem and the urban development of Barcelona)

Giovanni Scarabelli, Gli edifici ospitalieri giovanniti. Le motivazioni religiose di una architettura originale (The Hospitaller buildings. Religious motivations behind an original architecture.)

2.04 L’azione della “creatività urbana” nella città contemporanea: gli effetti sui contesti

Coordinatori: Ornella Cirillo (Università della Campania Luigi Vanvitelli), Maria Teresa Como (Università Suor Orsola Benincasa), Luca Borriello (direttore INWARD Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana)

L’azione della “creatività urbana” nella città contemporanea: gli effetti sui contesti Quanto oggi è riunito nel termine “creatività urbana” si riferisce ai differenti fenomeni culturali, creativi e artistici del (graffiti) writing, della street art e del (nuovo) muralismo. Alla loro radice c’è una relazione peculiare dell’autore con il contesto pubblico, urbano, per l’esigenza di lasciare un segno, esporre un disagio o raccontare una storia, agendo intenzionalmente sul luogo. Negli ultimi cinquant’anni, questo incontro autore-contesto ha trovato espressione in aree marginali, in spazi collettivi o su superfici comuni, e generalmente in luoghi in sofferenza chiusi al proprio interno. Negli ultimi vent’anni queste pratiche sono state diversamente formalizzate e acquisite, e nella declinazione più attuale vengono interpretate, sostenute e gestite da associazioni e amministrazioni come interventi di ‘rigenerazione urbana’: quartieri di periferia, aree industriali dismesse, luoghi emarginati, ma anche borghi – nuove centralità periurbane e ulteriori ambiti in crisi – con tali gesti sono portati a risignificarsi e forse a ricevere nuove attenzioni, ma di certo sono sollecitati ad attivare la propria capacità di adattamento. Pertanto, l’ampia diffusione, la pervasività e l’estensione, anche temporale, del fenomeno nelle sue forme richiedono di analizzare la risposta adattativa dei diversi luoghi all’introduzione delle opere di arte e creatività, per valutare la loro incisività nella storia urbana. Ribaltando il più usuale punto di vista, si ritiene opportuno osservare le azioni della “creatività urbana” privilegiando i contesti, per analizzare le risposte che essi restituiscono in merito a vari aspetti, tra cui: i cambiamenti nella lettura e fruizione del paesaggio urbano; le modifiche nell’ambito cittadino adiacente; gli effetti sul quadro sociale; l’eventualità di un avvio microeconomico; l’integrazione di valore – materiale o immateriale – acquisita dal manufatto edilizio e/o dal luogo; la predisposizione a successivi progetti di trasformazione. E in che modo è stato possibile il rispetto o la deroga degli strumenti normativi deputati al controllo dell’azione sul patrimonio edificato? La sessione punta a costruire un osservatorio sulle capacità (o incapacità) di adattamento dei contesti in presenza degli interventi di “creatività urbana”, facendo emergere le modalità e specificità con cui ciascuno di essi ha voluto o dovuto reagire a queste novità culturali.

Linda Azzarone, Torino e la creatività urbana. 20 anni di storia tra luci e ombre (2001-2021) (Turin and Urban Creativity. 20 Years of History Between Lights and Shadows (2001-2021))

Ornella Cirillo, Maria Teresa Como, Luca Borriello, Dal muro al contesto: la “creatività urbana” tra urgenze comunicative e capacità adattative della città in crisi (From wall to context: “urban creativity” between communicative needs and adaptive capacities of the city in crisis)

Fabio Colonnese, Lorenzo Grieco,Street art tra rappresentazione urbana, rivendicazione sociale e art-washing. Il caso di Roma (Street-Art between urban representation, social claim, and art-washing. The case of Rome)

Aura Racioppi, Scrittura e spazi urbani nel mondo contemporaneo. Un caso di studio. (Writing and urban spaces in the contemporary world. A case study.)

Silvia Scardapane, Analisi e prospettive dei contesti di creatività urbana in Italia (Analysis and perspectives of the contexts of urban creativity in Italy)

Roberta Vanali, Muralismo sardo e contesto sociale: il caso di Orgosolo. (Sardininan Muralism and social background: the case of Orgosolo.)

Maria Vitiello, L’inserto della street art nel paesaggio dei centri storici, questioni di compatibilità, conservazione e valorizzazione. Il caso dei piccoli centri molisani (Street art in the historical urban landscape. Issues of compatibility, conservation and enhancement. The case of the small towns of Molise)

Carla Zito, La street art decora o riqualifica? (Does street art decorate or activate an urban regeneration?)

2.05 Città e architetture per l’infanzia

Coordinatori: Sara Di Resta (Università Iuav di Venezia), Giorgio Danesi, (Università degli Studi di Udine), Chiara Mariotti, (Università Politecnica delle Marche)

«La politica sociale – dicono gli architetti – è la politica per i figli, per la loro nascita, la loro salute, la loro istruzione, il loro avvenire […]. Gli asili devono essere una dotazione diffusa e perfetta d’ogni nucleo abitato e concretare i metodi didattici ed educativi più avanzati […]. Non si deve sbagliare più nell’edilizia, ma specie nell’edilizia scolastica. Si sa ormai come debbono essere le scuole, come deve essere la loro insolazione e sanità. Le scuole ricevano sviluppi immensi: l’analfabetismo prima, l’insufficiente istruzione poi, sono combattuti con la costruzione di scuole, di scuole e di scuole: la politica edilizia scolastica deve essere preminente […]. Gli istituti superiori siano nella loro costituzione architettonica degli strumenti perfetti. Ciò è la loro bellezza e fa parte della loro funzione educativa».
G. Ponti, Politica dell’architettura, 1944

Scritto nel pieno della II Guerra Mondiale e riproposto su Domus cinque anni più tardi, il testo di Gio Ponti affronta la questione dell’infanzia come tema politico, sociale e architettonico.
In un Paese che non si è mai dotato di una reale politica edilizia scolastica, il tema del benessere dei più piccoli è sollevato a più riprese e con sempre più espliciti riferimenti all’idea di città. Vivaio della società di domani, l’architettura per l’infanzia è espressione di un’organizzazione sovraindividuale consapevole della necessità di creare nuovi spazi basati sulle esigenze del bambino.
Dall’istituzione dell’ONMI nel 1925, il dibattito politico si sarebbe riacceso negli anni ’60, avviati con la XII Triennale “La casa e la scuola”. Nel XX secolo la scuola sarebbe divenuta in qualche caso il cuore di nuovi settori di città.
Questo patrimonio è oggi segnato da cambiamenti sociali, crisi demografica e scarsi investimenti che ci consegnano un’eredità manomessa dal succedersi scoordinato ed emergenziale di interventi. In piena emergenza pandemica, la scuola e la sua adattabilità al cambiamento sono diventate campo di battaglia dello scontro politico e sociale.
Ma in che misura questo patrimonio si sta dimostrando adattivo in prospettive che prescindano da accadimenti eccezionali? Come tali mutamenti influenzano il contesto urbano e sociale? La sessione invita a riflettere sui modi in cui l’architettura per l’istruzione riesca a fronteggiare processi di larga scala e lunga durata, affiancando alla documentazione dei fenomeni i possibili scenari di tutela.

Lino Cabras, Scuole e spazi per l’apprendimento diffuso: modelli innovativi del XX secolo per le contemporanee comunità dei borghi rurali in Sardegna. (Schools and scattered learning spaces: innovative models from the XX century for the contemporary communities of rural villages in Sardinia.)

Giorgio Danesi, Verdiana Peron, La «vigile cura» delle Istituzioni Sociali Marzotto a Valdagno: architetture adattive per l’infanzia e la scuola tra Novecento e nuovo millennio (“The Marzotto’s Social Institutions for «vigilant care» in Valdagno: adaptive buildings for childhood and school between XX and XXI century”)

Andreina Milan, “Schulbau”. Spazio educativo e innovazione nella scuola primaria.  Il dibattito architettonico in Germania (1946-2022). (“Schulbau”. Educational space and innovation in primary school. The architectural debate in Germany (1946-2022).)

Angela Pecorario Martucci, Le scuole rurali come esempio di architettura resiliente: il caso dell’asilo montessoriano di Scauri (Rural schools as examples of resilient architecture: the case of the Montessori kindergarten in Scauri.)

Cristina Renzoni, Carla Baldissera, Paola Savoldi, Tipi e contesti. Uno studio sulle scuole milanesi del secondo dopoguerra (Types and contexts. A study of post-war schools in Milan.)

2.06 Autorità centrale e potere locale: dialoghi per l’adattabilità delle città

Coordinatori: Elena Gianasso (Politecnico di Torino), Maria Vittoria Cattaneo (Politecnico di Torino)

Adattabilità è termine che, dall’etimo latino, deriva da “adattare”, unione della preposizione “ad”, nel significato di scopo o fine, e “aptare”, aggiustare, accomodare, rendere atto o conveniente. In un dialogo intorno a tempi e sfide della città flessibile, l’adattabilità implica, quindi, la possibilità di rendere le città idonee ad affrontare cambiamenti sviluppati in un arco cronologico ampio, trovando negli mutamenti le risposte ai momenti di crisi. In questo contesto, il rapporto tra l’autorità centrale e il potere locale segna, spesso profondamente, la reazione ai cambiamenti. Lo stesso rapporto diventa processo, trasformazione in sequenza non di un fatto storico specifico, ma di due forme di governo della città che segnano l’adattabilità ai cambiamenti strutturali. Indagata in una lunga prospettiva storica, la relazione tra centro e locale restituisce pure il mutare del rapporto tra le istituzioni, trovando nel momento del cambiamento una cesura che è al tempo stesso inizio e fine di un periodo, punto per valutare, attraverso piani e progetti discussi e realizzati, il grado di adattabilità della città. Considerando situazioni normali e, pertanto, filtrando gli eventi storici eccezionali, il confronto tra le tante declinazioni di governo centrale e locale (Stato e Municipalità, Stato e Corte, Corte e Municipalità, Corte e notabilato, Municipalità e corpi/élites professionali, Chiesa e autorità locale) restituisce esiti progettati e costruiti da dibattere. La sessione, privilegiando l’età moderna e contemporanea, si interroga sul ruolo assunto dai tanti poteri che governano la città, riflettendo sulle modalità in cui il dialogo e la contrattazione tra le parti segnano il livello di adattabilità delle città alle trasformazioni strutturali e, pertanto, variano il disegno dello spazio urbano. Temi e domande derivano da una lettura, anche multidisciplinare e interdisciplinare, degli esiti delle relazioni tra poteri: – Autorità centrale e potere locale: dibattito, relazioni, ruoli e protagonisti per una città flessibile – Quali progetti, esito di accordi tra governo centrale e locale, restituiscono l’adattabilità delle città? – Quali progetti, esito di una lunga e complessa contrattazione tra autorità centrale e locale, restituiscono l’adattabilità delle città? – Governo civile e potere religioso: quali progetti per l’adattabilità? – Tra Stato e Municipalità / Tra Corte e notabili / Tra Chiesa e governo locale: piani e progetti per l’adattabilità.

Betsabea Bussi, Lo Stato alla sua periferia: governo urbano e pianificazione a Nizza sotto la Restaurazione (1815-60) (The State and its periphery: urban governance and planning in Nice under the Restoration (1815-60))

Benedetta Caglioti, Rappresentazioni a confronto: l’architettura nella Ferrara del Settecento (Representations in comparison: architecture in eighteenth-century Ferrara)

Maria Vittoria Cattaneo, Elena Gianasso, Poteri e contrattazione: professioni tecniche tra Stato e Città nel Piemonte sabaudo (Powers and negotiation: technical professions between central government and local autority in sabaudian Piedmont)

Antonio Chiavistelli, Una nuova Costituzione territoriale? Città e Governi centrali in Piemonte e in Toscana tra Sette e Ottocento (A new territorial Constitution? Cities and central governments in Piedmont and Tuscany between eighteenth and nineteenth centuries)

Chiara Circo, Il futuro degli insediamenti storici siciliani tra abbandono e trasformazioni “inconsapevoli”. Riflessioni sugli attuali strumenti normativi. (The future of historic Sicilian settlements between abandonment and “unaware” transformations. Reflections on current normative tools.)

Laura, Facchina, Artisti a Torino fra Corte e Municipalità: continuità e divergenze (Artists in Turin between the Court and the Municipality: continuity and divergences)

Emauele Gambuti, Iacopo Benincampi, Pietro Bracci, architetto «impiegato al servizio straordinario» del governo pontificio nel primo Ottocento (Pietro Bracci, architect and civil servant of the «extraordinary service» in the early 19th century Papal States)

Siepan Khalil, Cities in Flux, Order and Chaos

Valentina Allegra Russo, Autorità centrale, governo locale, élite culturale: aspirazioni e adeguamenti nel dibattito urbanistico a Salerno all’alba del XX secolo (Central authority, local governance, cultural elite: ambitions and adaptations through the turn-of-the-century urban debate in Salerno)

2.07 Mura, guasto, infrastrutture: la città mediterranea e i suoi margini

Coordinatori: Emma Maglio (Università di Napoli “Federico II” – DiARC)

Questa sessione accoglie contributi incentrati sui processi di trasformazione – o di resistenza alla trasformazione stessa – che interessano la città mediterranea di età moderna in una prospettiva comparativa e di longue durée, nonché sulle forme della loro rappresentazione fino al presente (iconografia, cartografia, piani…). Le città di età moderna vengono generalmente identificate da un recinto fortificato e, nei casi dei centri urbani collocati sulle isole o sulle alture, dagli elementi orografici che costituiscono la loro difesa naturale. Questi sistemi complessi hanno costruito nei secoli il paesaggio urbano, hanno modificato il territorio circostante e a loro volta sono stati investiti dalle alterazioni di quest’ultimo, anche opponendo una forte e duratura resistenza. Esempi rilevanti sono legati alla creazione di nuove infrastrutture dentro ma anche intorno alla città: le operazioni di guasto, mirate all’ammodernamento o all’ampliamento delle mura, che causarono la demolizione di ampie parti di tessuto urbano e di borghi extraurbani; i nuovi progetti di fortificazioni “alla moderna”; la demolizione parziale o totale delle fortificazioni stesse, condotta con esiti diversi per favorire l’espansione della città oltre i suoi confini; la creazione di nuove strade e di reti di comunicazioni via mare o su ferro, destinate a infrangere in vario modo le originarie difese urbane e a connettere il sistema-città con il suo intorno. Si tratta di processi non necessariamente scaturiti dalle emergenze o da circostanze eccezionali, ma anzi per lo più legati allo sviluppo socio-economico, urbano e territoriale che ha interessato in modi e tempi assai diversi il bacino mediterraneo: uno sviluppo che gli strumenti di pianificazione, dall’Ottocento fino ai nostri giorni, hanno provato e provano tuttora a governare, strutturare e orientare, perseguendo ora l’aggiornamento ora la conservazione della città, del suo tessuto urbano e sociale e del suo patrimonio storico-architettonico, e promuovendo in tal modo un confronto-scontro continuo fra adattabilità e resistenze, trasformazioni e permanenze nei margini urbani.

Marina Arena, La permanenza del segno nella trasformazione del limite urbano. Messina: la circonvallazione reinterpreta le mura (The permanence of the sign in the transformation of the urban limit. Messina: the ring road reinterprets the walls)

Gianluca Belli, Rimodellamenti delle mura e riconfigurazioni urbane: il caso di Firenze (Remodeling of the walls and urban reconfigurations: the case of Florence)

Fabio Cosentino, Catania: la città e il rapporto tra vecchie e nuove fortificazioni (Catania: the relationship betwenn old and bey fortification)

Bruno Mussari, Eliminazione o creazione di un nuovo margine per la città? Crotone e la dismissione delle mura nel processo di trasformazione urbana, XIX-XX secolo. (Removal or Creation of a new urban margin? Crotone and the dismantling of the city walls in the process of urban transformation, 19th -20th centuries.)

Sara Rulli, La Ripa Maris di Genova dal Medioevo all’età moderna: trasformazioni e lunga durata di una infrastruttura complessa a confine tra città e porto (The Ripa Maris in Genoa from the Middle Ages to the modern age: transformations and persistences of a complex infrastructure between city and harbor)

Maria Sirago, Napoli, città mediterranea: le infrastrutture portuali e l’organizzazione della difesa tra l’età spagnola e quella borbonica (Naples, a Mediterranean city: the transformations between the Spanish and Bourbon ages)

Emanuele Taranto, Le cinta urbica cinquecentesca del palazzo-città di Procida: origine e trasformazioni di una fortezza mediterranea (The sixteenth-century city walls of the palace-city of Procida: origin and transformations of a Mediterranean fortress)

Massimo Visone, Napoli e il Campus veteris extra moenia (Naples and the Campus veteris extra moenia)

Maria Vona, La demolizione della muraglia cristiana della città di Valencia (XIX secolo): un nuovo assestamento urbano tra crisi economica e identità culturale (The demolition of the Christian wall of the city of Valencia (19th century): a new urban settlement between economic crisis and cultural identity)

2.08 La regola, l’adattamento, la resilienza: trasformazioni di spazi e funzioni dei complessi per la vita religiosa

Coordinatori: Andrea Longhi (Politecnico di Torino), Arianna Rotondo, (Università di Catania)

AISU panel

La committenza degli ordini e delle congregazioni – ossia di quelle istituzioni che propongono esperienze di vita comune improntate a regole e consuetudini religiose – ha costruito e trasformato il volto delle città che si sono sviluppate in regimi di cristianità. La consistenza di tale patrimonio è in molti casi determinante nella formazione di spazi e tessuti urbani. La sessione propone una lettura delle trasformazioni di tali complessi – fenomeni ben noti nella letteratura storico-religiosa e architettonico-urbanistica – secondo le categorie di interpretazione proposte dal congresso e su una diacronia ampia. In particolare, la fedeltà dei complessi monastici o conventuali a una regola o a una spiritualità determina una certa rigidità funzionale e strutturale rispetto a possibili adattamenti: questa è la ragione della moltiplicazione – e dell’attuale ridondanza – di chiese e case religiose, la cui specifica natura “regolare” ha impedito o ostacolato il passaggio tra ordini, o tra usi comunitari religiosi e civili.
Il rapporto tra adattività e resilienza è dunque al cuore dei processi trasformativi: in che modo i grandi contenitori religiosi, adattandosi talora a nuove funzioni ecclesiali o civili, hanno conservato – in modo resiliente – la natura o l’identità religiosa originaria? Quali elementi di continuità e permanenza, inscritti in modo sia immanente sia ostentato nell’architettura, hanno garantito la riconoscibilità dello stile di vita o del carisma, nel quadro di trasformazioni condotte da una pluralità di attori? Paradossalmente, la storiografia ha rilevato come molto patrimonio religioso si sia conservato materialmente proprio grazie ai processi di secolarizzazione.
La letteratura locale ancora troppo spesso considera l’originaria vita religiosa di tali complessi come la “vera” storia, cui sarebbero seguiti semplici “rimaneggiamenti” (termine che svilisce i successivi interventi), o riplasmazioni, i cui paradigmi trasformativi sono spesso trascurati. Serve dunque ripuntualizzare come le logiche selettive dei processi di adattamento siano in sé un tema di studio, utile a indagare il rapporto tra forme architettoniche e vita comune “regolare”, evidenziando strategie adattive di comunità diverse (religiose e secolari) e dinamiche di resilienza degli aspetti spirituali e culturali caratterizzanti i principi formativi degli spazi.
Il tema è continuità la sessione del congresso di Bologna 2019 su “Istituzioni religiose e costruzione della città”.

Gianluca Belli, Chiara Ricci, Discontinuità e permanenze nel monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli a Firenze nel corso di sette secoli di storia (Discontinuity and permanence in the Camaldolese monastery of Santa Maria degli Angeli in Florence over seven centuries of history)

Ludovica Galeazzo, Adattabilità architettonica, funzionale e cultuale: ordini e congregazioni monastiche nella laguna di Venezia in età moderna (Architectural, Functional, and Religious Adaptability: Monastic Orders and Congregations in the Early Modern Lagoon of Venice)

Mariachiara Giorda, Silvia Omenetto, Angelica Federici,Le spoliae del monastero dei Santi Cosma e Damiano in Mica Aurea, Roma. Sistemi di rimaneggiamento, distruzione e rinnovamento del paesaggio monastico (The spoliae of the Monastery of Saints Cosmas and Damian in Mica Aurea, Rome. Systems of remodelling, destruction and renewal of the monastic landscap)

Gianmario Guidarelli, Farsi spazio e costruire intorno: resilienza funzionale e ricostruzione di monasteri benedettini nel XV e XVI secolo. (Get space and building around: functional resilience and reconstruction of Benedictine monasteries in the fifteenth and sixteenth centuries)

Walter Leonardi, Resilienza del sacro negli spazi conventuali: un caso di diritto d’asilo a Savona nel XVIII secolo (Resilience of the sacred in conventual spaces: a case of asylum in 18th century Savona)

Andrea Longhi, L’agire architettonico resiliente delle comunità religiose, tra regole e contesti (Resilient architectural agency of religious communities, between rules and contexts.)

Alessandra Panicco, La resilienza della prevostura di Oulx tra Medioevo ed Età moderna (The resilient landscape of the Susa Valley: the provostry of Oulx)

Ilaria Papa, Architettura canonicale: persistenze e adattamenti. Alcuni esempi nel nord-ovest d’Italia (XII-XVI secolo) (Architecture for Regular Canons: persistence and adaptations. Some examples in the north-west of Italy (XII-XVI century))

Rossana Ravesi, Dalla chiesa di S. Maria del Patrisanto alla chiesa dei Teatini: l’evoluzione storico-architettonica del complesso religioso a Piazza Armerina (From the church of S. Maria of Patrisanto to the church of the Theatines: the historical-architectural evolution of the religious complex in Piazza Ar)

Adriana Trematerra, I luoghi di culto dell’Ordine dei Frati Predicatori: i Monasteri domenicani a Dubrovnik tra resilienza ed adattamento funzionale. (The Order of Friars Preachers’ places of worship: the Dominican Monasteries in Dubrovnik between resilience and functional adaptation.)

Antonella Versaci, Alessio Cardaci, Il complesso monastico di San Nicolò ai Celestini in Bergamo tra adattabilità funzionale e mantenimento della vocazione spirituale e sociale (The monastic complex of San Nicolò ai Celestini in Bergamo between functional adaptability and maintenance of the spiritual and social vocation)

2.09 Forme di controllo e resistenza nella città tra Ottocento e Novecento. Casi di studio attraverso l’analisi delle fonti espresse dal territorio urbano

Coordinatori: Lidia Piccioni (Sapienza Università di Roma), Maria João Vaz (Instituto Universitário De Lisboa)

Tra Ottocento e Novecento, le città hanno accolto in modo crescente una popolazione molto diversificata per provenienza e articolazione sociale che spesso ha sperimentato difficoltà a diversi livelli nel suo inserimento in uno spazio sempre più regolato. La sessione intende analizzare e porre a confronto diverse forme di “controllo e resistenza” espresse dalla città contemporanea, nell’interazione tra “alto” e “basso”, tra i poteri che regolano la vita in città e coloro che ci vivono e lavorano, restituendo la complessità di situazioni e risposte messe in campo. Lo sguardo del panel vuole dunque essere diacronico e articolato, proponendo riflessioni e casi di studio che si muovono tra Ottocento e Novecento, contemplando diverse geografie e contesti storici. Gli ambiti possibili a cui prestare interesse sono quelli molteplici della vita urbana nella sua quotidianità, con attenzione al gioco continuo tra istituzioni e potere pubblico da un lato e attori della realtà sociale dall’altro. Gioco che ridefinisce costantemente la “normalità” della città. Quindi, per fare degli esempi tra le potenziali problematiche da esplorare ed analizzare: mondo del lavoro e della produzione nel suo complesso e nei suoi diversi protagonisti; realtà abitative immaginate e progettate, conquistate e vissute; infanzia e adolescenza nel rapporto tra rete dell’istruzione e territorio; criminalità e antagonismo sociale; la città come luogo del movimento: dinamiche e gestione della mobilità in ambiente urbano. Rispetto a tutto questo la sessione vuole in particolare focalizzarsi sulle possibili fonti che emergono dal tessuto urbano stesso, provando a mapparne le diverse tipologie, a partire da quelle consolidate – come la documentazione espressa da archivi pubblici e privati, le fonti della memoria orale e scritta, le fonti audiovisive – fino alle più recenti risorse del web o quant’altro emerga ripercorrendo singoli casi di ricerca.

Manuele Gianfrancesco, Le condizioni igienico-sanitarie delle scuole nell’Italia liberale: fonti per comprendere (The hygiene and health conditions of school during liberal Italy: sources to understand)

Enrico Giordano, La lotta alla desideologización nella Madrid postfranchista: il caso Enrique Tierno Galván (1979-1986) (The struggle against desideologización in post-Franco Madrid: the case of Enrique Tierno Galván (1979-1986))

Sand Julien, Eugenics in Luxembourg and Zurich: Examples of resistance and adaptivity, ,

Stefano Latino, “Baraccati” tra le industrie: vita quotidiana e abitare operaio a Sesto San Giovanni durante il fascismo (“Baracatti” between factories: everyday life and working living in Sesto San Giovanni during fascism)

Francesco Oliva, Le politiche abitative dell’Estado Novo: casas economicas e casas desmontavéis a Lisbona tra il 1933 e il 1948. (Housing Policies of the Portuguese Estado Novo: casas economicas and casas desmontavéis in Lisbon between 1933 and 1948.)

Elena Sasso D’Elia, Il manicomio e la città: le fonti del territorio per la storia dell’istituzione manicomiale (The asylum and the city: the sources of the territory for the history of the asylum institution)

Giulia Zitelli Conti, Sgomberi e barricate. Ordine pubblico e autorganizzazione nelle occupazioni abitative romane degli anni Settanta (Evictions and barricades. Public order and self-organization in the Roman housing occupations of the 1970s)

2.10 L’industria e il territorio: politiche industriali e trasformazioni urbane nell’Europa del secondo Novecento

Coordinatori: Ilaria Zilli (Università degli Studi del Molise), Maddalena Chimisso (Università degli Studi del Molise)

Dopo la II Guerra Mondiale L’Europa fu interessata da una serie di politiche territoriali che i governi nazionali attuarono per favorire lo sviluppo economico da implementare attraverso l’industria. La pianificazione di nuove zone industriali pensate dai governi centrali o il rimodellamento di aree industriali già esistenti possono essere letti come la concretizzazione di una più ampia politica volta a favorire la crescita e lo sviluppo economico. L’esperienza italiana, con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno e la promulgazione della Legge Pastore (n. 634/1957), rappresenta senza dubbio un caso emblematico di industrializzazione assistita che, nella compartecipazione di investimenti pubblici e capitali privati, vide la nascita di nuovi paesaggi industriali. La comparazione con altri contesti europei – quali la Francia dei pôles de croissance teorizzati di Francois Perroux o i gli impianti industriali finanziati dal governo in Irlanda – rappresentano un possibile punto di partenza per indagare i processi sequenziali di industrializzazione, deindustrializzazione o conformazioni altre assunte dagli spazi produttivi che lo Stato “dirigista” aveva avviato.
La sessione è aperta a contributi che, con un approccio multidisciplinare, riflettano sull’attitudine adattiva o meno di contesti urbani e/o regionali e i loro sviluppi, interpretando o re-interpretando i modi in cui le città (e i territori) hanno affrontato, gestito, sfruttato o subìto i processi di cambiamento economico indotti dalle politiche pubbliche.
no di contesti urbani e/o regionali e i loro sviluppi, interpretando o re-interpretando i modi in cui le città (e i territori) hanno affrontato, gestito, sfruttato o subìto i processi di cambiamento economico.

Luigi Chiara, Francesca Frisone, La modernizzazione “dal basso”. Lo sviluppo di comunità in Sicilia tra gli anni Cinquanta e Sessanta. (A modernization pattern “from below”. The community development in Sicily between 1950th and 1960th)

Maddalena Chimisso, Ilaria Zilli, Un intervento “straordinario”. Politiche industriali e trasformazioni urbane nel Molise della seconda metà del Novecento (An “extraordinary” intervention. Industrial policies and urban transformations in Molise in the second half of the twentieth century).

Giovanni Cristina, Pianificazione, conflitti e trasformazioni territoriali nella Calabria del dopoguerra: l’industrializzazione della Piana di Sibari (Planning, conflicts and territorial transformations in post-war Calabria: the industrialisation of the Sibari Plain)

Rossella Del Prete, Un altro Novecento: industria e territorio a Sud. Il Sannio dalla ricostruzione allo sviluppo. (Another Twentieth Century: industry and territory in the South Italy. The Sannio from reconstruction to development)

Stefano Palermo, Amedeo Lepore, Andrea Ramazzotti , Gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno per lo sviluppo industriale delle aree urbane. Impatti economici e nuove stime quantitative (The interventions of the Cassa per il Mezzogiorno for the industrial development of urban areas. Economic impact and new quantitative estimates)

Federico Paolini, La conurbazione casertana dall’industrializzazione alla terziarizzazione diffusa (1951-2011) (The Caserta conurbation from industrialization to widespread tertiarization (1951-2011))

Luca Ruggiero, Teresa Graziano, Dall’industria al turismo? Tardo industrialismo, strategie smart e nuovi immaginari di sviluppo nel Sud Est della Sicilia (From industry to tourism? Late industrialism, smart strategies and new development imaginaries in the Southeast of Sicily)

Clara Verazzo, Nuove Funzioni Per Il Patrimonio Industriale Dismesso. Studi E Progetti In Abruzzo (Industrial heritage and new functions. Studies and projects in Abruzzo)

2.11 Fabbriche e città in rapporto di reciproca adattabilità

Coordinatori: Simona Talenti (Università di Salerno – Dipartimento di Ingegneria Civile), Annarita Teodosio (Università degli Studi di Salerno)

Cambiamenti socio-economici e rinnovamenti di processi produttivi hanno indotto il declino di vaste aree industriali ormai inadeguate e inutilizzabili per la loro funzione originaria. Enormi complessi manifatturieri, spesso dotati anche di alloggi e servizi per gli operai, inizialmente collocati ai margini del tessuto urbano, costituiscono oggi luoghi di forte criticità e grandi potenzialità per le città che, in periodi più o meno lunghi, hanno finito per inglobarli. Le esperienze finora condotte in tutto il mondo hanno attestato le differenti strategie di rigenerazione possibili per queste aree che vanno dal mantenimento dell’identità produttiva conservando le originali forme architettoniche, alla trasformazione in quartieri urbani ad uso misto o in nuove ‘fabbriche’ di cultura o divertimento, ecc… Appare inoltre evidente che, mentre gli alloggi operai e le relative infrastrutture sono riusciti più facilmente ad attraversare più indenni il cambiamento conservando una continuità d’uso, gli opifici hanno dimostrato, invece, una più difficile adattabilità derivante probabilmente dalle loro caratteristiche intrinseche (dimensioni, materiali, ecc..). La sessione, senza porre limiti temporali e geografici, intende indagare sulla adattabilità di vecchi luoghi di produzione in disuso promuovendo inoltre una riflessione a scala urbana sulla capacità adattiva delle città (dal punto di vista architettonico, economico, sociale) in risposta ai cambiamenti strutturali connessi alla immissione e successiva dismissione delle attività industriali.

Sanja Delić, Decades of Reflection on the Badel Block Site in Zagreb

Ersilia, Fiore, Le architetture produttive tra abbandono, resilienza e riuso. Il caso delle Filande di Sarno. (The productive architectures between abandonment, resilience, and reuse. The case of the Filande of Sarno.)

Enrico Pietrogrande, Alessandro Dalla Caneva, Massimo Mucci, Rigenerazione urbana del patrimonio industriale dismesso. Lo stabilimento Boranga a Montebelluna (Italia) (Recovering Industrial Heritage. The Disused Boranga Factory in Montebelluna (Italy))

Maria Paola Repellino, L’architettura dell’industria creativa nella Cina contemporanea (The Architecture of Creative Industry in Contemporary China)

Luisa Smeragliuolo Perrotta, «Un edifico non è solo malta e acciaio»: un incipit per la storia di una fabbrica italiana di provincia. (“A building is not just mortar and steel”: a beginning for the narrative about a provincial Italian factory.)

Simona Talenti, Aree industriali in zona pisana tra passato e futuro (Industrial sites in the Pisa area between past and future)

Annarita Teodosio, La vetreria Saint-Gobain di Caserta tra echi del passato e scenari futuri (The Saint-Gobain glass factory in Caserta between echoes of the past and future scenarios)

2.12 La ricerca della giusta dimensione. Progettare la città e il territorio per unità spaziali ‘adeguate’

Coordinatori: Carolina Giaimo (Politecnico di Torino), Sara Bonini Baraldi (Politecnico di Torino), Silvia Beltramo (Politecnico di Torino), Enrica Bodrato (Politecnico di Torino), Claudia Cassatella (Politecnico di Torino), Chiara Devoti (Politecnico di Torino), Andrea Longhi (Politecnico di Torino), Gabriella Negrini (Politecnico di Torino), Angioletta Voghera (Politecnico di Torino)

La sessione intende raccogliere casi studio e riflessioni inerenti le dinamiche insediative e i processi di modificazione, trasformazione e adattamento, con particolare, ma non esclusiva, attenzione ai contesti territoriali che oggi definiamo “metropolitani”, riconoscendone matrici e ragioni generatrici della morfologia attuale sotto il profilo storico, urbanistico, ambientale, paesaggistico e socio-economico.
Esperienze che focalizzano la ricerca di regole compositive dello spazio urbano e territoriale con l’intento di rendere gli insediamenti più ‘adeguati’ alle caratteristiche dei modelli di sviluppo da perseguire, e di migliorare le condizioni di vita nelle città.
Entro questo frame si inscrivono esperienze che nel corso del secondo Novecento, e alle diverse scale della città e del territorio, riguardano, a titolo esemplificativo:

  • la teoria dei “poli di sviluppo” e l’idea di “città-regione”, per affrontare i problemi posti dal conflitto città-campagna (esito dei processi di crescita industriale post-bellica) e con l’obiettivo di contenere i movimenti dalla campagna alla città, promuovendo il decongestionamento dei poli di più forte attrazione;
  • le proposte di costituzione di unità spaziali e comunità satelliti autosufficienti sotto il profilo dei servizi e dotate di un’efficiente rete di comunicazioni stradali;
  • la dimensione comprensoriale come sub-articolazione del territorio vasto (regionale e provinciale), caratterizzata da un polo attrattore su cui gravita il territorio circostante.
    In sintesi, si intende intercettare studi, visioni, strumenti e pratiche relative a tentativi di definire, entro una prospettiva di ordinarietà, soluzioni/modelli di organizzazione (e ordinamento) spaziale finalizzati ad accrescere il benessere delle comunità e della società nelle sue varie forme organizzative.
    Una ricerca della giusta dimensione che, con evidenza a partire dal secondo Novecento e con continuità fino ad oggi, caratterizza la storia delle città e le teorie e gli strumenti dell’urbanistica.

Ruben Baiocco, Giulio Ernesti, Declinazioni della “giusta dimensione” (“Right Size” Declinations)

Carlo Alberto Barbieri, Valeria Vitulano, Giulio Gabriele Pantaloni, L’esigenza di una dimensione intercomunale per Torino. Riflessioni sul ruolo della pianificazione sovracomunale per il governo del territorio (The need for an inter-municipal dimension for Turin. Reflections on the role of supra-local spatial planning)

Giuseppe Bertrando Bonfantini, Luoghi centrali e spazio di relazione nel progetto urbanistico postbellico (Central places and relational spaces in the post-war town design)

Francesca Calace, Visioni e pianificazioni per lo sviluppo alla prova del tempo. Il caso di Bari (Development visions and planning at the test of time. The case of Bari)

Emanuela Coppola, Carles Crosas Armengol, La Rigenerazione dell’Area Periferica Orientale di Napoli attraverso microinterventi e pianificazione attuativa (The Regeneration of the Peripheral Eastern Area of Naples through micro-interventions and implementation planning)

Paolo Galuzzi, Roma, Città Metropolitana anomala. Progetto e adattamento (Rome an anomalous Metropolitan City. Design and Adaptation)

Giampiero Lombardini, Prospettive di pianificazione del welfare territoriale a partire dalla dimensione comprensoriale. Una simulazione su un caso ligure (Spatial welfare planning perspectives starting from a district dimension. A simulation on a Ligurian case)

Roberta Francesca Oddi, Le aree di trasformazione in Torino. Spazi urbani tesiduali e nuova progettualità adattiva (Transformation areas in Turin. Residual urban spaces and new adaptive planning)

2.14 Abitare il cambiamento. Studiare le transformazioni ordinarie del patrimonio residenziale urbano

Coordinatori: Filippo De Pieri (Politecnico di Torino), Gaia Caramellino (Politecnico di Milano)

AISU panel

Negli ultimi anni gli studi storici sull’housing hanno dedicato una crescente attenzione all’osservazione delle trasformazioni dello stock residenziale urbano su periodi medio/lunghi, in relazione con diversi processi di mutamento fisico e sociale dei luoghi. Si possono considerare queste trasformazioni come “ordinarie” se le si contrappone ad altre trasformazioni indotte da fatti storici improvvisi o di breve durata (costruzione di nuovi quartieri, demolizioni, grandi eventi, rivolgimenti politici, crisi economiche, catastrofi, ecc.). Soffermarsi sul cambiamento ordinario può consentire di portare in primo piano eventi che si svolgono in modo cumulativo, portando gradualmente a esiti significativi, e di mettere in discussione con maggiore ricchezza di informazioni alcune interpretazioni del patrimonio residenziale che hanno talvolta voluto associare la permanenza delle forme materiali o degli impianti tipologici a una analoga stabilità delle culture e delle pratiche dell’abitare. La sessione si propone di osservare e confrontare casi in cui un mutamento nelle forme fisiche, negli usi sociali o nel valore economico dello stock residenziale prende forma nel tempo in risposta a (o viceversa, come fattore scatenante di) più ampi mutamenti storici leggibili a diverse scale (urbana, globale, ecc.). Si accettano contributi relativi a tutti i periodi storici e tutti i contesti geografici, a partire da una pluralità di ambiti disciplinari. Si invitano i proponenti a porre al centro della propria analisi le relazioni tra spazio fisico e pratiche abitative. I paper potranno concentrarsi su casi studio specifici (dal singolo edificio al quartiere), intesi come punto di partenza per una comparazione ad ampio raggio e per una discussione di alcune domande di fondo, relative in particolare all’interpretazione dei concetti di “ordinario” e “straordinario” e “breve” e “lunga” durata negli studi storici sull’housing urbano.

Oscar Eugenio Bellini, Marianna Arcieri, Maria Teresa Gullace, Contro la natura eterotopica dello student housing (Against the heterotopic nature of student housing)

Josephine Buzzone, Una storia dei danchi giapponesi: transizioni architettoniche, sociali ed economiche dal dopoguerra a oggi (A history of Japanese danchi: architectural, social and economic transitions from the post-war period to the present day)

Andrea Canclini, La morte e la vita della casa unifamiliare. Il boom economico come manifesto di un fallimento, tra mutazioni antropologiche, La vita agra e Teorema (The Death and Life of Single-family House The economic boom as the manifesto of a failure, between anthropological mutations, La vita agra an Teorema)

Cristina Coscia, Subash Mukerjee, Bianca Ludovica Palmieri, Chiara Quintanal Rivacoba, Verso modelli abitativi sostenibili, adattivi e innovativi negli interventi di Social Housing: una sperimentazione a Parigi (Towards Sustainable, Adaptive and Innovative housing Models in Social Housing interventions: an Experiment in Paris)

Nicole De Togni, Abitare il patrimonio: Ivrea e i quartieri residenziali olivettiani (Inhabiting the heritage: Ivrea and Olivetti’s residential neighborhoods)

Giulio Galasso, Natalia Voroshilova, Un sistema di Frammenti. Caratteristiche e impatto delle abitazioni milanesi del dopoguerra per il ceto medio (System of fragments. Recurring features and urban impact of post-war Middle-class mass housing)

Alice Monacelli, Marco Maretto, I frammenti ricostituenti della città di Tokyo Un insegnamento per l’evolversi urbano a seguito dei traumi storici (The restorative fragments of the city of Tokyo A teaching for urban evolution following historical traumas)

Michele Nani, Abitare il Rinascimento in età contemporanea (Living in a Renaissance palace in the long 19th century)

Mario Paris, Karolina Ursula Paczynska, Ripensare Tarchomin (PL). Adattare un quartiere plattenbau alla contemporaneità. (Retrofitting Tarchomin (PL). Adapting a plattenbau neighborhood to current living practices.)

2.15 Cambio di passo. La fruizione del patrimonio architettonico dopo la pandemia

Coordinatori: Marco Pretelli (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Andrea Ugolini (Università di Bologna), Leila Signorelli (Università di Bologna), Alessia Zampini (Università di Bologna), Maria Antonietta De Vivo (Università di Bologna)

AISU Panel

Il legame tra i fruitori e il patrimonio è in continua evoluzione, così come il concetto stesso di Cultural Heritage. Il periodo di pandemia da Covid-19 ha accelerato il ritmo di alcuni aspetti di questo cambiamento, interessando in particolar modo il patrimonio culturale tangibile: sintomo più evidente è stata l’assenza dei visitatori nei luoghi della cultura durante lunghi periodi. L’effetto della pandemia ha portato inoltre ad una difficoltà nella gestione delle attività di conservazione, sia quelle programmate – causando ritardi nel calendario delle attività – che quelle “d’urgenza”. In questo quadro complesso, emerge con maggiore evidenza come una buona gestione del bene comprende prima di tutto buone pratiche di conservazione che possano mettere al sicuro il patrimonio da eventi imprevisti: se le condizioni del contesto di conservazione sono ottimali per la “salute” del bene, infatti, la necessità di interventi d’urgenza decresce. Inoltre, se la vita – anche economica – dei siti della cultura dipende come fattore principale dal numero di visitatori che possono percorrerli e goderne, la ricerca scientifica deve proiettarsi a trovare le migliori soluzioni per garantire la presenza delle persone in sicurezza. Tra queste vanno privilegiate le nuove tecnologie per l’accesso e per il controllo dell’ambiente indoor. Uno dei sistemi per ovviare alla lunga assenza delle persone nei musei è stato quello di aumentare e migliorare la divulgazione culturale e scientifica tramite le piattaforme informatiche: il digitale come mezzo di “fruizione a distanza” e suoi effetti (tra questi quello di aver accelerato la transizione digitale) dovranno essere studiati nel lungo periodo, per capire come questa modalità possa coesistere ed esaltare la necessaria fruizione in presenza. Il virtuale inteso come “simulazione” della realtà capace di prevedere e testare scenari (sistemi BIM, GIS, Cloud, ecc…) è diventato uno strumento di supporto vincente, sia nella previsione/gestione del rischio che nella possibilità di affinare le tecnologie prima che esse siano applicate al reale, e si configura come un “cambio di passo” notevole. In questa sessione verranno quindi accolti e presentati contributi che mettano l’accento sui nuovi modi di fruizione del patrimonio e il ruolo di tecnologia e digitalizzazione, utilizzando questi ultimi anni difficili come matrice di un cambiamento necessario.

Vianey Bellota Cavanaconza, Crayla Alfaro Aucca, Claudio Mazzanti; Giulia Cocco, Alberto Basaglia, Giuseppe Brando, Strategie per una città resiliente: studi sul rischio sismico di Cusco al tempo della pandemia (Strategies for a resilient city: lessons from seismic-prone Cusco in the pandemic era)

Anna Bonora, Kristian Fabbri, Between fruition and conservation: the case study of the Portico of Glory, narthex of the Cathedral of Santiago de Compostela

Maria Antonietta De Vivo, Marco Pretelli, Amanda Piezzo, Leila Signorelli, Scenari digitali per il controllo della qualità dell’aria indoor della Sala dei Tirannicidi al MANN (Digital Scenarios for the Indoor Air Quality Control of the Tyrannicides Hall at MANN Museum in Naples)

Emmanuele Iacono, Gianvito Marino Ventura, Una piattaforma integrata per la conservazione e la fruizione turistica del patrimonio culturale: opportunità e sfide della digitalizzazione (An Integrated Platform for the Conservation and Tourist Experience of Cultural Heritage: Opportunities and Challenges of Digitization)

Chiara Mariotti, Alessia Zampini, Andrea Ugolini, Patrimonio culturale e transizione digitale. Tattiche per una comunicazione consapevole (Cultural heritage and digital transition. Tactics for a conscious communication)

Stefania Pollone, Riusi immateriali. La valorizzazione del patrimonio ecclesiastico tra tecnologie digitali e allestimenti temporanei (Intangible reuse. The enhancement of the ecclesiastical heritage between digital technologies and temporary installations)

Leila Signorelli, Marco Pretelli, Maria Antonietta De Vivo, I Luoghi della Cultura dopo la pandemia: Continuità e Cambiamento (Cultural Sites after the Covid-19 Pandemic: Continuity and Change)

Cristina Tedeschi, Alessio Gabrielli, Polveri, salute e conservazione del patrimonio culturale: il caso studio del MANN di Napoli (Dust, health and conservation of cultural heritage: the MANN study case (Naples))

2.16 Spazi collettivi “introversi”: trasformazioni, mutazioni, evoluzioni del palazzo-città

Coordinatori: Marco Falsetti (Università degli Studi di Roma Sapienza)

Nel palazzo di Diocleziano a Spalato, organismo edilizio a scala urbana generatosi attraverso la trasformazione in edificio del modello polibiano di castrum, può osservarsi in modo chiaro la propensione dello spazio aperto porticato del peristilio a costituire un nodo potenzialmente coperto. Tale modellizzazione rappresenta per certi versi una prefigurazione della celebre frase di Leon Battista Alberti «la casa è come una piccola città e la città è come una grande casa» esprimendo la forza archetipica e il principio generatore della figura del recinto, che informa coerentemente tutte quelle tipologie edilizie organizzate e disciplinate dall’ idea dello spazio polare cavo. Gli attributi tettonici di tali tipologie sono infatti determinati da una qualità che riconosce quale elemento fondante della costruzione non tanto il “pieno” ma piuttosto il “vuoto”. Non è infatti difficile riconoscere nel palazzo-città l’antecedente storico di molta edilizia speciale, antica e moderna, basti pensare alla plaza mayor, o alle place royale fino ad arrivare a quei rari esempi coevi nei quali lo spazio collettivo “introverso” è declinato nelle forme monumentalizzate della residenza e della piazza. La lezione dell’antico si può caricare così di un altro elemento, del quale pare deficitare la città contemporanea, quello civico, che ha nell’ “interno urbano” la sua massima rappresentazione.
Se il tema di base (la casa a patio) è ben presente nel repertorio moderno e contemporaneo, più suggestive sono le traduzioni coeve di organismi complessi basati sullo stesso principio. Alcuni modelli recenti, in corso di sperimentazione in varie parti del mondo, sembrano dimostrare come sia possibile attraverso di essi porre un argine ai fenomeni di decomposizione della forma urbana, rivelando, ancora una volta, come la lezione dell’antico possa offrire soluzioni utili alla crisi delle nostre città.
La sessione mira pertanto ad una riflessione teorica sul principio generatore del recinto urbano, aprendo la discussione alle diverse interpretazioni (morfologica, tipologica, sociologica) dell’edificio-città.

Pina (Giusi) Ciotoli, Le archeologie urbane del GRAU. Alcune riflessioni sugli edifici-città del Gruppo Romano Architetti e Urbanisti (GRAU Urban archaeologies. Some reflections on the city-buildings of the Gruppo Romano Architetti e Urbanisti)

Marco Falsetti, Da Diocleziano a Louis I. Kahn: permanenze e mutazioni del palazzo-città (From Diocletian to Louis I. Kahn: permanence and mutations of the city-palace)

Mariagrazia Leonardi, Aspetti tipo-morfologici dell’edificio-città (Type-morphological aspects of the city-building)

Alessandro Mauro, La strategia del vuoto. La progettazione del margine nell’architettura di Antonio Monestiroli (The void strategy. The design of the margin in the architecture of Antonio Monestiroli)

Mickeal Milocco Borlini, James Acott-Davies, Una discussione contemporanea sui confini tra spazio, luogo e tempo. Transizioni spaziali viste attraverso l’architettura e le belle arti. (A contemporary discussion of Boundaries between space, place, and time. Spatial transitions seen through architecture and fine arts.)

Giorgios Papaevangeliu, Le città-palazzo di Panos Koulermos nel paesaggio di Creta (The city-palace of Panos Koulermos in landscape of Crete)

2.17 Paesaggi funebri urbani. Restauro e riconfigurazione tra memoria e contemporaneità

Coordinatori: Paolo Giordano (Università della Campania Luigi Vanvitelli)

I grandi cimiteri monumentali urbani realizzati in Europa rappresentano una preziosa testimonianza di carattere architettonico nonché di tipo artistico e letterario. La complessa coesistenza di sculture, mosaici, affreschi ed epigrafi integrate alle diverse tipologie architettoniche funebri (chiese ed ossari, congreghe in forma di edifici e singole cappelle di famiglia, sarcofaghi e tombe individuali) propone, nel suo insieme, una vera e propria funus forma urbis complementare alla città di appartenenza. Un’alterità che denota i cimiteri, allo stato attuale, alla stregua di “città dei morti” piuttosto che “città dei vivi” ovvero come potenziali luoghi urbani stratificati di grande valore e uso collettivo. I grandi cimiteri monumentali, ubicati tra città consolidata e periferia metropolitana, sono recinti urbani delimitati da mura, dotati di porte di accesso e risultano organizzati, a livello infrastrutturale, da strade, piazze, slarghi, scalinate e giardini che supportano il contesto architettonico di appartenenza formato dalle diverse tipologie funebri primarie (edifici collettivi) e secondarie (architetture private). L’ulteriore presenza di elementi artistici quali, ad esempio urne, cippi, erme, busti e steli, determinano un contesto ambientale prezioso e delicato ma, al contempo, fortemente vulnerabile. I diversi elementi infrastrutturali (tracciati) e strutturali (architetture, sculture, suppellettili) caratterizzanti i principali impianti funebri urbani italiani rappresentano realtà di difficile gestione e manutenzione anche in virtù del distacco di interesse coincidente, il più delle volte, con il tramonto del “ricordo” di generazioni non più legate alla commemorazione dei defunti ivi presenti. Eppure, il dissolvimento del “ricordo” non dovrebbe essere motivo di distacco dalla “memoria” tale da procurare desuetudine, incuria, abbandono e degrado. Se il “ricordo” appartiene alla sfera del privato, la “memoria”, come ricorda il filosofo Aldo Masullo, è prerogativa del pubblico, quindi coscienza civile collettiva. I grandi cimiteri monumentali urbani rappresentano testimonianze singole e collettive e, in quanto tali vanno protetti e valorizzati. Il rilievo, la diagnosi e il progetto di restauro (paesaggistico, urbano, architettonico, artistico e vegetazionale) rappresentano un sentiero virtuoso di ricerca per trasformare le “città dei morti” in “città per i vivi”.

Didem Akansu, Figen Kivilcim Corakbas, “Perished” Memory Of The Istanbul Land Walls Cultural Landscape: Cemeteries, ,

Raffaele, Amore, Hans Döllgast ed il restauro dell’Alter Südlicher Friedhof di Monaco di Baviera (Hans Döllgast and the restoration of the Alter Südlicher Friedhof in Munich)

Saverio Carillo, Del Cemeterio Nolano. Città come memoria e paesaggio dell’oltre (Del Cemeterio Nolano. City as a memory and landscape of beyond)

Corrado, Castagnaro, Domenico Crispino, Il valore del Mausoleo Schilizzi a Napoli: tra passato e contemporaneità. (The value of the Mausoleum Schilizzi in Naples: between past and present.)

Domenico Crispino, Corrado Castagnaro, Memoria e conservazione per il reintegro dei sistemi cimiteriali nella trama urbana, il caso del Cimitero Britannico di Napoli. (Remembrance and conservation for the reintegration of cemetery systems into the urban framework, the case of the Britannic Cemetery of Naples.)

Angela D’Agostino, Rosa Sessa, Il Giardino storico di Santa Maria della Fede, da Cimitero degli Inglesi di Napoli a parco pubblico (The Historic Garden of Santa Maria della Fede: From Ex English Cemetery in Naples to Public Park)

Dragan Damjanovic, The Architecture of the Zagreb Central Cemetery and the Challenges of Its Restoration after the 2020 Earthquakes, ,

Marina D’Aprile, Luana Lanza, Il complesso cimiteriale napoletano di S. Maria del Pianto: conoscenza e conservazione di un paesaggio pluristratificato (The Neapolitan cemetery site of S. Maria del Pianto: knowledge and preservation of a multi-layered landscape)

Paolo Giordano, Cimitero delle 366 fosse, 1762 e Sepolcreto dei Colerici, 1837. (Cemetery of 366 tombs, 1762 and Colerici Sepulchre, 1837.)

Enrico Mirra, Territori Funebri Balcanici. Il Cimitero Monumentale Di Mirogoj In Croazia (Balkan Funerary Territories. The Monumental Cemetery Of Mirogoj In Croatia)

Roberto Ragione, Il cimitero comunale monumentale Campo Verano a Roma: caratteri distintivi e identitari frutto di una stratificazione nel tempo (The monumental cemetery of Campo Verano in Rome: distinctiveness and core identity as result of the stratification over time)

Adriana Trematerra, Rosa De Caro, Complessi monumentali funebri in Francia. Il Cimitero di Père Lachaise tra valorizzazione ed iperaccessibilità. (Monumental funerary complexes in France. The Père Lachaise Cemetery between valorization and hyperaccessibility.)

Giovangiuseppe Vannelli, Forme di memorie e forme di progetti. Cimiteri-Musei: verso nuove frontiere (Shape of memories and types of projects. Cemeteries-Museums: towards new frontiers)

Macrosessione 3.  Incapacità adattiva e Immobilità
3.01 Le risposte dei poteri locali

Coordinatori: Elena Gianasso (Politecnico di Torino)

Incapacità adattiva e immobilità della città sono fenomeni che sono esito di eventi storici specifici o di periodi di difficoltà non comprese, né superate. Nella gestione delle crisi, in un percorso che si propone di indagare tempi e sfide della città flessibile, è essenziale il ruolo dei poteri locali, locuzione utile a indicare le tante declinazioni di autorità espresse a livello locale, a scala urbana o anche microurbana, dai civili (municipalità, notabili dei luoghi, altri), dai militari (per particolari eventi storici) o dalle istituzioni religiose (ordini religiosi, la Chiesa). Soggetti capaci di rispondere alle complessità, propongono soluzioni che non sempre si rivelano utili a costruire una città flessibile, ma talvolta attuano progetti che generano limiti di mobilità, chiusura. Espressioni dall’usuale interpretazione negativa, modificano il proprio significato quando diventano strumenti per superare le complessità. La sessione, senza porsi particolari limiti cronologici, si interroga sulle risposte che i poteri locali offrono alle crisi originate da emergenze sanitarie, carestie, guerre o altri fenomeni sociali, considerando sia le situazioni in cui l’immobilità è intenzionale, sia i casi in cui i progetti discussi e attuati, pur mirati all’adattamento, sono stati causa di distacco e inadattabilità sociale. Ne sono esempio i progetti per le zone cosiddette ghetto che si possono indagare anche appoggiandosi a un significato che supera la stretta definizione legata ai quartieri ebraici, in direzione di una visione più ampia che qualifica ghetti, zone inizialmente pensate come aree di espansione urbana. Immobilità e inadattabilità sociale si leggono, quindi, in positivo e in negativo. È pure possibile discutere disegni non realizzati o progetti indagati rispetto all’idea originaria esaminando, in retrospettiva, quanto rimane nella città contemporanea. Temi e domande: – La reazione ai cambiamenti che hanno segnato la trasformazione della città: quando e in che modo la risposta del potere locale ha generato limiti di mobilità e isolamento? Dibattito, temi e protagonisti – Progetti e cantieri coordinati dai poteri locali: immobilità intenzionale o causa di inadattabilità sociale? – Studi intorno ai progetti non realizzati: un’occasione mancata per il superamento dell’isolamento? – Tra potere locale e autorità centrale: risposte incapaci alle crisi – Il ghetto come manifestazione delle crisi: imposto limite di mobilità o esito non voluto

Chiara, Bovone, Leggere la città attraverso il potere militare. Il caso degli ospedali militari nella città di Alessandria durante il dominio napoleonico (1800-1815) (Reading the city through military power. The case of military hospitals in the city of Alessandria during the Napoleonic period (1800 -1815))

Elena, Gianasso, Il potere delle professioni tecniche a Palazzo di Città: risposte al «limite» a Torino nell’Ancien Règime (Technical professions’ authority in the Municipality: answers to «limit» in Torino during the Ancien Règime)

3.03 Strutture di accoglienza e cura, strutture di confinamento. Storia e attualità

Coordinatori: Francesca Martorano (Università Mediterranea di Reggio Calabria), Angela Quattrocchi (Università Mediterranea di Reggio Calabria)

AISU Panel

La sessione intende proporre contributi scientifici che spaziano su un arco cronologico ampio sul tema delle architetture che, a partire dalla fine del XVI secolo in poi, furono dedicate all’accoglienza e alla cura dei malati ritenuti “incurabili” e delle strutture di confinamento per soggiorni temporanei in aree portuali o marginali, destinate agli infetti da morbi trasmissibili per contatto, da isolare in apposite strutture loro dedicate. Nosocomi e lazzaretti furono istituiti, solo per citare pochi esempi, a Genova, Venezia, Roma, Firenze, Napoli, Messina, non solo dalle istituzioni civiche ma soprattutto da confraternite di laici e religiosi. Tra queste le Compagnie o Oratori del Divino Amore, che operarono per la realizzazione di nuove tipologie di ospedali, in grado di rispondere meglio alle necessità di isolamento e cura, o per la riconversione di antichi complessi assistenziali. Si desidera valutare questi complessi architettonici nella loro lunga fase di vita e nelle modificazioni adattative alle nuove funzioni in termini di Cultural Heritage. Le proposte di intervento potranno indagare i legami istituiti da questi beni culturali, con le aree marginali della città, l’intorno urbano e le comunità residenti, per definire l’influenza esercitata nei processi di trasformazione ed eventuale espansione degli insediamenti.

Maria Teresa Campisi, Epidemie ed endemie. Strategie ed architetture sanitarie in Italia e Sicilia fra XIX e XX sec. (Epidemics and endemics. Hygienic strategies and sanitary architectures in Italy and Sicily between the XIXth and XXth centuries)

Giulia Mezzalama, I luoghi della salute mentale come attivatori contemporanei di partecipazione e inclusione sociale: il complesso delle Ville Roddolo a Torino. (The spaces of Mental Health as a driver for social inclusion e innovative rehabilitation strategies: the Ville Roddolo complex in Turin.)

Francesca Passalacqua, Le piaghe di Messina: il Lazzaretto tra preesistenze e nuovi progetti (XVIII – XIX secolo) (The plagues of Messina: the Lazaret between pre-existing and new projects (17th – 19th centuries))

Angela Quattrocchi, La Compagnia del Divino Amore di Roma e l’Ospedale degli Incurabili. Vicende di una riconversione. (The Company of Divine Love of Rome and the Hospital of the Incurables. Events of a conversion.)

Carmen Rodríguez, Carlos Bitrián Varea, Architetture senza traccia. Spazi di contenimento delle epidemie a Barcellona tra il XVIII e il XX secolo (Traceless Architectures. Epidemic containment spaces in Barcelona between the 18th and 20th centuries)

3.04 Spazi eterotopici. Il ruolo delle architetture detentive e manicomiali nella citta’ contemporanea

Coordinatori: Caterina Giannattasio (Università degli Studi di Cagliari), Giovanni Battista Cocco (Università degli Studi di Cagliari)

AISU Panel

La crisi sanitaria generata dalla pandemia ha evidenziato bisogni conflittuali: l’isolamento e la comunità, la distanza e la vicinanza, la sicurezza e la libertà, lo spazio aperto e lo spazio chiuso, la sfera privata e quella condivisa. Conciliare queste esigenze sembra oggi una sfida di difficile risoluzione; eppure esistono luoghi che hanno inaspettatamente risposto a questo rompicapo, sublimando nello spazio i principi di segregazione, coabitazione, controllo, terapia. Sono quelli che Michel Foucault chiama eterotopie di deviazione: carceri, manicomi, “spazi assolutamente altri” concepiti per assoggettare coloro che non sono conformi alla norma richiesta, attraverso un controllo rigoroso e perverso dei corpi.
Dopo la dismissione delle funzioni originarie e ancora di più nel contesto dell’emergenza sanitaria, questi luoghi possono essere interrogati con un nuovo punto di vista, sospendendo il giudizio sullo stigma che li contraddistingue e sugli abomini che essi hanno materializzato. Infatti, la loro capacità di concretizzare, attraverso caratteri formali e tipologici, modelli abitativi individuali e al contempo collettivi, capaci di dilatare e contrarre lo spazio del singolo nello spazio di molti, induce a chiedersi se oggi essi possano offrirsi come patrimonio da riutilizzare e come repertorio di soluzioni e aberrazioni da cui trarre un rinnovato insegnamento.
In tale sessione, dunque, si intende cercare di dare risposte alle seguenti domande: 1. In quale modo l’architettura storica può mettersi a disposizione delle esigenze evidenziate dalla pandemia? 2. Esistono luoghi che hanno anticipato queste esigenze, da cui oggi possiamo trarre insegnamento o che semplicemente, essendo in attesa di risignificazioni, possono mettersi a disposizione delle forme abitative sollecitate dalla crisi sanitaria?
A partire dall’approfondimento della natura delle architetture carcerarie e manicomiali, declinata attraverso l’analisi dei caratteri storici, tipologici, formali, funzionali, sociali e psicologici, mettendone eventualmente in evidenza aspetti comuni, nonché varianti e invarianti, si intende riflettere sulle potenzialità che tali strutture possiedono per accogliere nuovi usi nella contemporaneità.

Carla Bartolozzi, Lo storico complesso carcerario Le Nuove di Torino: tra processi di riuso e conservazione della memoria (The historic Le Nuove prison in Turin: between reuse processes and conservation of memory)

Patrizia Cannas, Martina di Prisco, L’eredità dei corpi esclusi. Indagine sugli spazi eterotopici della devianza. (The heritage of excluded bodies. Investigation of the heterotopic spaces of deviance.)

Saverio Carillo, La città eterotopica delle “vite parallele”. L’ospizio per i figli dei carcerati a Pompei (The heterotopic city of “parallel lives”. The hospice for the children of prisoners in Pompeii)

Daniele Dabbene, Keelmen’s Hospital a Newcastle upon Tyne (UK): dall’uso sociale ai nuovi scenari per il riuso (Keelmen’s Hospital in Newcastle upon Tyne (UK): from social use to new scenarios for reuse)

Marina D’Aprile, Il complesso aversano di Sant’Agostino degli Scalzi: una storia costruttiva tra riconversioni e resilienze (The monastery of Sant’Agostino degli Scalzi in Aversa; a constructive history between fabric reuse and resilience)

Stefano Della Torre, Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como (Studies for the reuse of Como Psychiatric Hospital)

Gerardo Doti, Memorie residuali: manicomio e città nell’ultimo cinquantennio. Quattro casi-studio. (Residual Memories: asylum and city in the last fifty years. Four case studies.)

Paolo Giordano, L’Albergo dei Poveri a Napoli (The Albergo dei Poveri in Naples)

Dimitrios Kapoukranidis, Dr. Venetia Tsakalidou, “Vessels of exclusion as potential vessels of life”,

Stefania Landi, Simone Rusci, Lucrezia Ruffini, Il patrimonio degli ex complessi manicomiali in Italia: riflessioni sulla messa in sicurezza emergenziale e la salvaguardia attraverso usi temporanei a partire dal caso del San Salvi di Firenze. (The heritage of former mental health facilities in Italy: reflections on emergency securing and safeguarding through temporary uses starting from the San Salvi case in Florence.)

Cettina Lenza, La dissoluzione dell’eterotopia: il ruolo delle comunità nel futuro del patrimonio manicomiale (The dissolution of heterotopia: the role of communities in the future of asylum heritage)

Andrea Manca, Francesca Musanti, Claudia Pintor, Inside out. Le eterotopie di deviazione come inattesi modelli per il progetto dopo la pandemia (Inside out. The heterotopias of deviation as unexpected models for the post-pandemic project)

Francesco Novelli, Nuovi usi nella contemporaneità per Roosevelt Island e Smallpox Hospital a New York. Da luogo di esclusione dalla città a memoriale per le vittime di (New contemporary uses for Roosevelt Island and Smallpox Hospital in New York. From a place of exclusion from the city to a memorial for the victims of)

Renata Picone, Patrimonio detentivo dismesso e Comunità. Palazzo D’Avalos a Procida. (Discarded detention assets and communities. Palazzo D’Avalos in Procida.)

Daniela Pittaluga, Martina Pastorino, Memoria/recupero e abbandono/degrado: alternative al destino dei complessi manicomiali dopo la legge Basaglia (Memory/recovery and abandonment/decay: alternatives to the fate of asylum complexes after the Basaglia law)

3.05 Narrazioni e riscritture. Il futuro del patrimonio detentivo storico

Coordinatori: Valentina Pintus (Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura)

Nel panorama attuale, il recente processo di dismissione che sta riguardando il patrimonio detentivo storico è destinato a ricoprire un ruolo sempre più centrale. Nella maggior parte dei casi, si tratta di organismi complessi di notevoli dimensioni che, originariamente dislocati in zone periferiche, oggi si ritrovano ad occupare estesi tasselli all’interno dei tessuti urbani storici (case penali). In altri casi, invece, tali organismi si sono insediati in località anche molto distanti dai centri urbani, scelte per le maggiori garanzie di isolamento e di sfruttamento delle risorse naturali (colonie penali). Tra questi due estremi esiste, però, una molteplicità di episodi minori, derivanti, ad esempio, dalla predisposizione di spazi detentivi in edifici destinati ad altre funzioni pubbliche, o, ancora, dalla obsolescenza di piccole strutture locali la cui limitata capacità detentiva è stata assorbita dalle carceri maggiori (case mandamentali). Nonostante abbia perso la funzione fondativa, tale patrimonio è ancora portatore degli originari valori culturali, storici, spaziali nonché detentore di nuove potenzialità economiche, urbane e sociali. Ma nella scelta di una nuova funzione a cui destinarle, la forte connotazione identitaria (seppure declinata in forme e dimensioni eterogenee), il portato psicologico e sociale oltre che il notevole potenziale economico, sono solo alcune delle problematiche da considerare. La sessione intende quindi raccogliere proposte che a partire dalla disamina di esperienze, dirette o indirette, sul riuso contemporaneo del patrimonio detentivo, stimolino una discussione sulle capacità adattative di tali fabbriche. In particolare, si intende discutere sulle difficoltà e potenzialità che accomunano tali interventi e che sono legati a numerosi fattori, talvolta anche in concomitanza tra loro. A titolo esemplificativo (ma non esaustivo) si possono citare gli aspetti materiali (la dimensione, la configurazione, la tipologia, …) e immateriali (le contraddizioni e le stratificazioni storiche, sociali ed emotive, …), le questioni sociali, economiche e relative alla proprietà (la necessità di investimenti considerevoli; la fattibilità e la sostenibilità della funzione scelta, le ricadute sulle comunità località, il dual/multi-use, …).

Michela Marisa Grisoni, Angela Paola Squassina, Oltrepassando le barriere dello spazio e del tempo: l’ex monastero-prigione di Sant’Agata a Bergamo (Crossing the edges of space and time: the former monastery-prison of S. Agata in Bergamo)

Andrea Manca, Maurizio Memoli, Immaginari a piede libero. Percezioni, rappresentazioni e narrazioni condivise per il progetto delle carceri storiche (Unleashed imaginaries. Narratives, perceptions and shared representations for the historical prison project.)

Francesca Musanti, Da barriere a frontiere. Riflessioni progettuali per il riuso delle carceri storiche sarde. (From barriers to frontiers. Design reflections for the reuse of historic Sardinian prisons.)

3.06 Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria e oblio. Una rilettura operativa e strategica per la città contemporanea

Coordinatori: Emanuela Sorbo (Università Iuav di Venezia)

A partire dalla legge n. 248 del 1865 le provincie sono obbligate a mantenere i “mentecatti poveri” avviando un processo di costruzione e/o conversione degli ospedali esistenti in “asili”, con una vasta copertura del territorio nazionale (uno per provincia). Questa azione politica accende il dibattito sulle tipologie architettoniche costituendo nella Italia Postunitaria un tentativo di costruire un modello che potesse determinare il ruolo della architettura come “macchina terapeutica”. La relazione tra malattia mentale e architettura si trasferisce nel piano del progetto nella adozione dei “small-village type” (manicomio-villaggio) e della tipologia “no-restraints”. Gli istituti mentali nascono come ‘piccole città indipendenti’, completamente autosufficienti e senza alcuna relazione con l’intorno urbano in una simulazione di libertà sottolineata da viali alberati, giardini e da una condizione estetica rurale combinata con le esigenze dello staff medico di vivere vicino ai centri abitati. A partire dal processo iniziato con la legge 180/1978 con la dismissione sul territorio nazionale degli OPP si genera una nuova misura di spazio urbano, nato per essere autonomo e chiuso in sé stesso, diventa frammento di architettura che partecipa della città ma essendone però di fatto negato. La posizione e le caratteristiche architettoniche così come la estensione di questi luoghi li rende naturalmente eletti a patrimoni di memoria e natura, così come sono stati classificati dal report della Fondazione Benetton del 1999. L’attuale condizione sul territorio nazionale è diversificata, alternando casi di abbandono a casi di riuso che possono essere letti in un orizzonte critico. La sessione intende riflettere sulla condizione attuale di questi luoghi: in che misura il progetto può misurarsi con la duplice esigenza di trasmissione della memoria degli ex ospedali psichiatrici con il loro essere frammenti urbani? Con quali strumenti e metodi possono essere coniugati nel riuso il valore tangibile e intangibile degli spazi? Quale è la misura della trasmissione della memoria dell’isolamento urbano in una strategia di valorizzazione e apertura del patrimonio architettonico, oggi in stato di abbandono? Questi luoghi intesi come relitti urbani possono essere considerati risorse strategiche per la città e la società contemporanea?

Maria Pia Amore, Marginalia. Note sullo spazio di relazione tra città e manicomio. (Marginalia. Notes on the relational space between city and asylum.)

Paolo Bertoncini Sabatini, La duplice utopia, estetica e sociale, di Maggiano: promesse, potenzialità e convergenze per la valorizzazione e il riuso dell’ex manicomio lucchese (The dual utopia, aesthetic and social, of Maggiano: promises, potential and convergence for the valorisation and reuse of Lucca’s former asylum)

Angela D’Agostino, Giovangiuseppe Vannelli, Giuseppe D’Ascoli, Gli ex ospedali psichiatrici: possibili refugia tra memorie collettive e inedite estetiche ecologiche (The former psychiatric hospitals between memories and new ecological aesthetics)

Mariangela De Vita, Carla Bartolomucci, Caratteristiche costruttive e impianti storici tra retrofit e conservazione: il caso dell’ex-Ospedale Psichiatrico dell’Aquila (Construction features and historical systems between retrofit and conservation: the case study of the former Psychiatric Hospital in L’Aquila)

Clelia La Mantia, Renata Prescia, Fabrizio Giuffrè, Palermo, dalla Real Casa dei Matti alla Vignicella: un patrimonio a rischio (Palermo, from the Real Casa dei Matti to the Vignicella: a heritage at risk)

Claudia Pintor, Manicomio come speranza. La poetica del frammento per ricomporre il rapporto tra luoghi della sofferenza e città (Asylum as hope. The poetics of the fragment as a recomposition of the relationship between places of suffering and the city)

Francesca Privitera, Memoria della «più misteriosa dea». Progetto di riqualificazione per l’area dell’ex manicomio Vincenzo Chiarugi a Firenze. (From heterotopia to public space)

Giuseppina Scavuzzo, Coltivare i Giardini di Abele. Gli ex Ospedali psichiatrici tra cura, memoria e rappresentazione della salute mentale. (Cultivating Abel’s Gardens. Former psychiatric hospitals linking care, memory and cultural imaginary of mental health.)

Gianluca Spironelli, Sofia Tonello, Isole di memoria: I luoghi del confinamento a Venezia. Una lettura strategica per la conservazione dei frammenti urbani. (Islands of memory: Confinement places in Venice. A conservation proposal for Venice’s urban fragments.)

Ferdinando Zanzottera, L’ospedale Psichiatrico Paolo Pini: da “cittadella per la cura mentale” a risorsa culturale strategica per la città metropolitana di Milano (The Paolo Pini Psychiatric Hospital: from a “citadel for mental care” to a strategic cultural resource for the metropolitan city of Milan)

3.07 L’architettura di regime in Italia e nelle sue terre d’oltremare durante il ventennio fascista: passato, presente, futuro

Coordinatori: Paolo Sanza (School of Architecture, Olkahoma State University)

L’immenso interesse al costruire esibito dal governo Mussolini, in particolare del moderno, cosa impareggiata nel mondo occidentale secondo l’americano Terry Kirk, autore di The Architecture of Modern Italy, ha lasciato all’Italia un immenso ed eterogeneo patrimonio architettonico. Gli eventi della seconda guerra mondiale e la disfatta del fascismo hanno fatto di molti edifici eretti negli anni venti e trenta un’eredità difficile da gestire, anche a un secolo di distanza e nonostante il rinnovato interesse a dare a questi edifici il loro valore intrinseco e non congiunto a un’ideologia politica. Durante il ventennio, altre architetture di valore non legate simbolicamente al regime, come impianti sportivi, colonie estive, o mercati coperti, e promosse da vari enti statali e para-statali, inclusi comuni e province, hanno analogamente contribuito ad arricchire il territorio nazionale e a manifestarsi come simbolo di un linguaggio architettonico strettamente italiano in linea con le aspirazioni sia dei futuristi sia dei razionalisti. L’incapacità di adattamento, la miopia, i giochi politici, il disinteresse, l’apatia, e altre forze “negative” esibite da numerose amministrazioni pubbliche (città, comune, provincia, regione, stato) del secondo dopoguerra hanno contribuito al lento degrado di molte opere fino al loro abbandono con conseguenze negative anche sul territorio circostante, privandolo, per esempio, di una propria vitalità e identità. In altri casi, l’affrettato riutilizzo ha comportato sia a gravi sfregi all’architettura originale sia a inappropriate destinazioni. L’eredità, ma anche la sua genesi, e un possibile futuro di questi “pezzi di città,” sono l’interesse di questa sessione cui invita autori e studiosi ad esprimersi e a confrontarsi.

Maria Rossana Caniglia, «A chi percorra la Litoranea, la cantoniera appare come una strisciolina bianca incisa e appiattita sull’orizzonte». Opere di Florestano Di Fausto («A chi percorra la Litoranea, la cantoniera appare come una strisciolina bianca incisa e appiattita sull’orizzonte». Florestano Di Fausto’s Projects)

Piero Cimbolli Spagnesi, Architettura militare di Roma fascista, 1922-1943 (Military Architecture of Fascist Rome, 1922-1943)

Fiorenza Giometti, Razionalismo bianco: confronto fra le colonialità (White Rationalism: Across the Coloniality of Libyan and Youth settlements)

Daniela Stroffolino, Architettura e agricoltura in Irpinia nel Ventennio fascista (Architecture and agriculture in Irpinia in the Fascist period)

Massimo Visone, Lo Stadio Militare Albricci di Napoli: passato, presente, futuro (The Albricci Military Stadium in Naples: past, present, future)

Macrosessione 4. Resilienza e/o Capacità Adattiva.
4.01 Patrimonio religioso e catastrofi: strategie di adattamento e pretesti di resilienza

Coordinatori: Giulia De Lucia (Politecnico di Torino)

Il patrimonio culturale religioso rappresenta la stratificazione di valori storico-architettonici, ma soprattutto memoriali e identitari per le comunità di riferimento. Il susseguirsi di eventi catastrofici sottopone periodicamente le chiese, e i relativi contesti, urbani a modifiche, danni e perdite, cui le comunità si sono sempre confrontate mettendo in atto diverse strategie di adattamento architettonico e sociale. Se la ricostruzione com’era dov’era consente la salvaguardia della memoria del passato, denotando un perseverante attaccamento – e adattamento – al luogo, in altri casi gli interventi post-catastrofe tendono a monumentalizzare il segno che l’evento stesso ha lasciato nel paesaggio, sottendendo un atteggiamento resistente all’evento traumatico. In altri casi ancora, l’adattamento – o il non adattamento – prevede complesse scelte di delocalizzazioni, abbandoni, ricostruzioni ex-novo del patrimonio religioso, come del contesto insediativo, che sono dettate da aspetti culturali e devozionali delle strutture sociali comunitarie. Ad ognuna di queste scelte adattive corrisponde una diversa resilienza delle comunità, intesa quale capacità di superare il trauma e riprendere le principali attività insediative, da un punto di vista pratico ed emotivo. In effetti, in alcuni casi, l’evento si configura come pretesto per mettere in atto e accelerare processi culturali, sociali, o architettonici in nuce, stimolando la capacità reattiva delle comunità. La sessione intende documentare, attraverso l’analisi di casi studio specifici o letture sistematiche del problema, la sussistenza di un effettivo rapporto tra le strategie di adattamento che vengono introdotte per il patrimonio religioso a seguito di catastrofi e le abilità resilienti del sistema urbano e delle realtà sociali, al fine di intercettare eventuali rapporti di causa-effetto. Per tale ragione, non sono fissati limiti cronologici ma si prediligono approcci multidisciplinari volti soprattutto a meglio identificare il tipo di fonti storiche da utilizzare in ricerche ad ampio spettro come queste. La sessione si propone così di contribuire a un dibattito più ampio sulla gestione contemporanea degli eventi estremi, cercando di approfondire scientificamente un approccio del tutto intuitivo, avallato dalla normativa vigente, secondo cui la rapida messa in sicurezza e riapertura degli edifici per il culto a seguito di eventi estremi rappresenta un elemento trainante per la ripresa resiliente della città.

Fabio Cosentino, Il ruolo della cattedrale di Catania nella storia della città e nella ricostruzione dopo il 1693 (The Cathedral of Catamia in the mistery of the city before an after 1693)

Giulia De Lucia, Tra storia e norma: la ricostruzione del patrimonio culturale ecclesiastico tra dinamiche sociali e strutture giuridiche, ,

Isabella Frescura, L’antico Patrimonio Dei Gesuiti A Catania: Dalla Ricostruzione Dopo Il Terremoto Del 1693 Al Recupero Odierno (The Ancient Heritage Of The Jesuites In Catania: From Reconstruction After The Earthquake Of 1693 To Today’s Recovery)

Laura Giacomini, La ricostruzione postbellica del Tempio israelitico di Milano: tra memoria e nuova identità (The post-war reconstruction of the Israelite Temple in Milan: between memory and new identity)

4.02 Venezia in una prospettiva storica: paradigma di resilienza

Coordinatori: Elena Svalduz (Università degli Studi di Padova), Donatella Calabi (Università IUAV), Ludovica Galeazzo (Harvard Center for Renaissance Studies at Villa I Tatti)

AISU Panel

La storia di Venezia e della sua laguna s’inscrive all’interno di una dialettica tra natura e artificio dove il superamento degli ostacoli, come quelli relativi al costruire nell’acqua, ispira nel corso dei secoli soluzioni innovative che consentono alla città di adattarsi a un contesto particolarmente fragile. In quanto straordinario patrimonio di valori ambientali, ostinatamente tenuti in vita grazie ad azioni interrelate secondo il principio di cura continua e manutenzione, Venezia nella sua millenaria esistenza può essere vista come un paradigma di città resiliente. Un ambiente antropico e naturale che, resistendo alle continue avversità, ha saputo disporre in maniera consapevole delle proprie risorse, a volte limitate, progettando luoghi abitati con densità urbana ridotta o ampia, distribuendo servizi nello spazio e nel tempo, con una visione complessiva sia a scala dimensionale che cronologica. Modello singolare di città diffusa sull’acqua, nel corso dei secoli Venezia ha sapientemente e programmaticamente inserito anche il proprio arcipelago in quelle pratiche di adattamento e flessibilità che ne hanno permesso la sussistenza. Prolungamento del cuore cittadino, valvola di sfogo alla compatta trama edilizia, le isole lagunari hanno rappresentato il luogo primigenio destinato all’agricoltura e all’allevamento, al raccoglimento di comunità religiose e straniere ma anche un cordone sanitario e militare fondamentale per preservare la salute e la stabilità politico-economica dello Stato. La sessione intende indagare in un’ottica comparativa e in un ampio arco cronologico, dall’età antica fino alla contemporaneità, le trasformazioni e i diversi processi di adattamento, resilienza e reazione indotti all’interno del tessuto urbano lagunare da eventi traumatici, come incendi, guerre o epidemie. Se, come ha sottolineato Rafael Moneo Leone d’oro alla carriera alla Biennale architettura 2021, “in nessun’altra città la complementarietà tra natura e artificio, che accompagna l’architettura, si manifesta in modo così evidente come a Venezia”, quale fu la portata effettiva dell’attività edilizia e di tecniche costruttive particolari, perché adatte alle zone umide, nei processi di riorganizzazione urbana, nella creazione di quartieri ed edifici specifici? Quale il ruolo del patrimonio culturale e ambientale e la sua capacità di rigenerarsi anche di fronte alle più forti istanze di modernizzazione?

Darka Bilic, La prevenzione del contagio e la trasformazione dei lazzaretti veneziani e d’oltremare nel Cinquecento (The prevention of contagion and the transformation of the sixteenth century Venetian and overseas lazarettos)

Ludovico Centis, Sulla soglia di percettibilità. I cippi di conterminazione lagunare (On the threshold of perceptibility. The markers of the conterminazione lagunare)

Marisa Dario, Architetture della peste nel dominio della Repubblica di Venezia (sec. XVI): l’arco Bollani a Udine e il monumento Da Lezze a Venezia. (16th-Century Architecture In The Plague-Ridden Republic Of Venice: The Bollani Arch In Udine And The Da Lezze Monument In Venice.)

Laura Fregolent, Venezia resiliente (Resilient Venice)

Gianmario Guidarelli, Elena Svalduz, La rappresentazione di Venezia: trasformazioni urbane e resilienza visiva (The Representation of Venice: Urban Transformations and Visual Resilience)

Martina Massaro, Guido Costante Sullam, tra resilienza e innovazione. Progettare a Venezia a inizio Novecento (Guido Costante Sullam, between resilience and innovation. Designing in Venice at the beginning of Twentieth century)

Rachele Scuro, L’artificiale recinto: struttura sociale, economica e abitativa del ghetto veneziano nel Cinquecento (The artificial enclosure: social, economic and housing structure of the Venetian ghetto in the 16th century)

Sandra Toffolo, La resilienza di una città senza mura: Descrizioni della relazione di Venezia con la laguna nella letteratura del Rinascimento (The resilience of a city without city walls: Descriptions of Venice’s relation with the lagoon in Renaissance literature)

Andrea Toffolon, Apparizioni mariane, usi delle acque termali e cantieri architettonici come risposta alla peste. Tra umano e non-umano (Marian apparitions, uses of thermal waters, and architectural buildings as response to plague. Between human and non-human)

Francesco Trovò, La Venezia del passato, esempio attuale di sostenibilità e resilienza (The Venice of the past, a current example of sustainability and resilience)

Luca Velo, Amina Chouairi, La dimensione metropolitana di Venezia. Sguardi diacronici a partire dal ponte translagunare (The metropolitan dimension of Venice. Diachronic perspectives from the trans-lagoon bridge)

Giulia Zanon, I Minimi e l’isola di San Giorgio in Alga: l’insediamento dell’ordine religioso tra il 1669 e il 1699 (The Minims and the island of San Giorgio in Alga: the settlement of the religious order between 1669 and 1699)

4.03 Spazio urbano e architettura in Italia meridionale nel Medioevo: fenomeni di adattamento e resilienza al mutare degli scenari politici

Coordinatori: Arianna Carannante (Politecnico di Torino)

La sessione intende indagare il rapporto tra lo spazio urbano e l’architettura civile, religiosa e militare promossa dai differenti sovrani in Italia meridionale in un periodo ampio che va dal consolidamento del dominio normanno sino all’arrivo dei regnanti angioini nella parte peninsulare e la successiva conquista aragonese della Sicilia. Uno scenario mutevole per l’intera parte meridionale della penisola che vede la trasformazione – adattativa o resiliente – degli abitati in relazione principalmente alle scelte politiche e strategiche dei differenti sovrani ma anche delle influenti élite nobiliari. Vi sono alcune realtà emblematiche tra le quali si può citare il caso della città di Napoli il cui volto viene modificato nel corso di un ventennio a partire dall’ultima decade del XIII secolo. L’elezione a sede della corte, dopo la perdita della Sicilia, favorì la trasformazione della facies preesistente. L’avvio contemporaneo di numerosi cantieri religiosi – vescovili e di ordini mendicanti – (San Domenico Maggiore, Cattedrale di Napoli, San Lorenzo Maggiore, Santa Maria Donnaregina ecc.), di edilizia civile e militare (Castel Capuano, Castel dell’Ovo, Castelnuovo, ecc.), e di palazzi nobiliari la rese una città molto attiva economicamente. In particolare nella relazione tra le fabbriche la configurazione dello spazio urbano assunse un valore simbolico per la «messa in scena» del potere regio. Nel quadro dei diversi contesti urbani, i relatori sono invitati ad approfondire la relazione tra la trasformazione dell’abitato, di centri minori o maggiori, e la costruzione di alcuni edifici emblematici a livello politico – non solo dei sovrani ma anche delle famiglie nobiliari – divenuti tali anche a livello urbano. Si accetteranno soprattutto contributi «trasversali» che analizzino le dinamiche insediative dei differenti «poteri» all’interno di un singolo contesto urbano. Verrà posta particolare attenzione all’analisi dell’architettura religiosa e civile divenuta strategica per la rappresentazione del potere nei differenti periodi storici.

Donato Giancarlo De Pascalis, Urbanistica medievale in Puglia tra preesistenze e città di fondazione: alcuni casi-studio nella evoluzione dei centri storici tra XIII e XV secolo. (Medieval urban planning in Puglia between pre-existing buildings and new cities: some examples between the XIII e XV century.)

Alfredo Franco, Gestione delle acque e organizzazione del territorio meridionale nei secoli XII-XV (Water Management and Land Planning in the Kingdom of Naples During the Late Middle Ages)

Simone Lucchetti, L’impianto urbanistico di Amatrice nel Medioevo: analisi formali e testimonianze archeologiche (The urban plan of Amatrice in the Middle Ages: formal analyzes and archaeological remains.)

Giuseppe Mollo, Luigi Tufano, Nola: dentro e fuori la città. Raimondo Orsini e il complesso osservante di S. Angelo in Palco, una committenza comitale tra devozione e politica. (Nola: in and out of the city.Raimondo Orsini and the Franciscan complex of S.Angelo in Palco, commissioned by the Count between devotion and politics.)

Massimo Visone, Mutazioni e persistenze dello spazio urbano lungo l’area meridionale della Napoli medioevale (Mutations and persistence of urban space along the southern area of medieval Naples)

4.04 Palazzi resilienti. L’architettura civica come specchio e strumento dell’adattabilità urbana (secoli XII-XVII)

Coordinatori: Marco Folin (Università di Genova), Andrea Longhi (Politecnico di Torino)

AISU Panel

Sin dal medioevo, le città italiane si sono dotate di palazzi pubblici e architetture civiche di forte impatto urbano: edifici, monumenti, infrastrutture che assolvevano a svariate funzioni d’uso collettivo e in cui poteva riconoscersi l’identità civile degli abitanti. Questi edifici hanno spesso mantenuto per secoli, in certi casi sino ad oggi, un ruolo cruciale nella vita politica e culturale cittadina, come uno dei luoghi deputati all’autorappresentazione delle autorità locali e dei loro programmi di ‘buon governo’. Questo legame forte e fondante con la storia delle collettività cittadine non è stato tuttavia privo di conseguenze: lungi dal costituire una tipologia durevole, nel corso del tempo i palazzi pubblici sono stati chiamati ad assolvere svariate funzioni materiali e simboliche, generando continui, a volte radicali processi di trasformazione non solo a livello di usi e apparati decorativi, ma anche in termini più propriamente strutturali e architettonici. Tant’è che molto spesso anche quegli edifici e modelli che si presentano come frutto di persistenze genuinamente ‘originarie’ non sono in realtà che il frutto di ricostruzioni e restauri stilistici otto-novecenteschi.
In questo contesto di lungo periodo, la sessione mira a focalizzare l’attenzione sui momenti di svolta, le cesure storiche, le fasi di ristrutturazione/riconversione dopo eventi drammatici: incendi, guerre, epidemie di peste; l’affermazione di poteri signorili o l’assoggettamento a città dominanti; la trasformazione dei consigli cittadini in organismi di ceto. Saranno particolarmente privilegiati gli approcci trasversali, capaci di mettere in luce la complessità dei processi storici nel contesto urbano e la permeabilità dell’architettura rispetto alle dinamiche politiche, sociali e culturali del proprio tempo.

Erica Bacigalupi, Solange Rossi, Alla ricerca dell’identità civica di Carrara: i palazzi comunali in un piccolo stato signorile (secoli XIV-XIX) (Searching for Carrara’s civic identity: communal palaces in a small seigniorial state (14th-19th centuries))

Isabella Balestreri, I palazzi comunali nelle valli alpine lombarde (secoli XV–XVIII).Una prima ricognizione su architettura e resilienza: esiti, problemi e prospettive (The public palaces in the Lombard Valleys of Alps (15th–18th centuries). A view through the resilience of architecture: results, issues, perspectives)

Simone Bocchio Vega, Domus comunis e strutture ad uso civico tra capacità adattiva e rifunzionalizzazione: una casistica per il Piemonte nord-occidentale (Domus comunis and structures for civic use between adaptive capacity and re-functionalization: a case study for North-Western Piedmont)

Vittoria Camelliti, I palazzi civici di Pisa: un caso peculiare nel contesto italiano. (The Civic Palaces of Pisa: a peculiar case in the Italian context.)

Arianna Carannante, Da palacium communis a palazzo comunale: il caso Priverno tra continuità e trasformazione (From palacium communis to municipal palace: the Priverno case from persistence to adaptation)

Vittorio Fregoso, I palazzi pubblici a fronte dei cambi di regime: il caso della Firenze bassomedievale (fine XII – primo XIV secolo) (Public palaces facing regime changes: the case of late-medieval Florence (late XII – early XIV century))

Emma Maglio, Resilienza di un’immagine. Costruzione e ricostruzione della Loggia veneziana a Candia (XVII-XX secolo) (Resilience of an image. Construction and reconstruction of the Venetian Loggia in Candia (17th-20th century))

Daniele Pascale , Guidotti Magnani, Manfrediano, Ducale, Apostolico, Comunale? Quattro identità per un palazzo: il caso di Faenza (Manfrediano, Ducale, Apostolico, Comunale? Four Identities for one Palace: the case of Faenza)

Alessandro Serrani, “Unum palatium pulcrum et honorabile”. Il cantiere del palazzo dei Notai e le esigenze del potere a Bologna (“Unum palatium pulcrum et honorabile”.The Palazzo dei Notai building site and the exigencies of power in Bologna)

4.06 Paesaggio e biodiversità per la resilienza del territorio

Coordinatori: Angioletta Voghera (Politecnico di Torino), Gabriella Trotta-Brambilla (École nationale supérieure d’architecture de Normandie), Benedetta Giudice (Politecnico di Torino)

AISU Panel

La resilienza trasformativa delle città e dei territori post-pandemia è una chiave per superare le crisi ambientali, sociali, economiche e sanitarie. Queste crisi possono essere interpretate come opportunità per costruire politiche e progetti per superare le vulnerabilità territoriali, puntando sulla funzionalità ecologica dei territori, sulla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale, sulla costruzione di alleanze tra territori naturali, rurali e urbani. L’obiettivo della sessione è discutere di politiche, piani e progetti territoriali e urbani basati su una rinnovata interazione tra uomo e natura, per costruire un’alleanza ricreativa e fruitiva del sistema dei beni culturali, naturali e paesaggistici, ma anche un’alleanza “educativa”, di produzione di beni alimentari e di servizi ecosistemici. La biodiversità in ambito urbano è quindi un’opportunità per rilanciare il ruolo delle aree verdi, dei parchi urbani e delle aree protette come motore di resilienza, salute, benessere e qualità in relazione alla molteplicità delle funzioni e dei ruoli che possono assumere in ambito territoriale e urbano. Inoltre, su questi temi molteplici sono le esperienze e le pratiche innovative di co-gestione e co-progettazione in un’ottica collaborativa e transdisciplinare. La sessione si propone di raccogliere esperienze nazionali e internazionali che affrontino i temi della biodiversità in città nelle sue diverse declinazioni (reti ecologiche, infrastrutture verdi e blu, strategie e progetti di valorizzazione ecologica e paesaggistica, rinaturazione di territori urbani, riforestazione). Saranno apprezzati anche eventuali contributi che traccino l’evoluzione del pensiero urbanistico rispetto alla relazione città-natura e/o che evidenzino gli impatti di queste teorie sulla trasformazione della città nel tempo, al fine di mettere in luce la genesi degli spazi della città contemporanea (identificati e consolidati, ma anche interstiziali o abbandonati, …) che si prestano oggi a una rilettura e trasformazione in chiave resiliente.

Romina D’Ascanio, Anna Laura Palazzo, E se la pianificazione non bastasse? Connessioni socio-ecologiche e pratiche dal basso nel Parco del Drago lungo il Tevere (If planning weren’t enough? Socio-ecological networks and bottom-up practices in Parco del Drago along the Tiber River)

Donato Di Ludovico, Luana Di Lodovico, Federico Eugeni, Paesaggi resilienti. Il Progetto di Paesaggio negli Hotspot del Piano Regionale di Gestione del Rischio. Il caso studio della Regione Abruzzo. (Resilient Landscapes. The Landscape Project in the Hotspots of the Regional Risk Management Plan. The case study of the Abruzzo Region.)

Benedetta Giudice, Luigi La Riccia, Gabriella Negrini, Emma Salizzoni, Il ruolo delle aree protette per la sostenibilità e la resilienza dei territori urbani (The role of protected areas for sustainability and resilience of urban territories)

Carolina Pozzi, Anna Laura Palazzo, I servizi ecosistemici culturali per la co-pianificazione e co-gestione delle infrastrutture verdi (Cultural Ecosystem Services for Co-planning and Co-managing Green Infrastructure)

Silvana Segapeli, L’en commun de l’urbanité. Torino e Saint-Étienne, opportunità e sfide di una transizione ecosostenibile (L’en commun de l’urbanité. Turin and Saint-Étienne, opportunities and challenges of a sustainable transition)

Elena Vigliocco, Roberta Ingaramo, Parchi urbani di nuova generazione. Il caso studio del parco del Valentino a Torino (Next generation urban park. The Valentino urban park case study)

Marta Villa, Federico Bigaran, Dalla collina alla città, attraverso la biodiversità, percorsi e iniziative nel territorio di Trento. Un’indagine ecologica e etnografica. (From the hills to the city, through biodiversity, paths and initiatives in the Trento area. An ecological and ethnographic investigation.)

4.08 La città e le leggi. Topografie della resilienza nell’Italia del Novecento

Coordinatori: Fabio Mangone (Università di Napoli Federico II), Massimiliano Savorra (Università di Pavia)

AISU Panel

Le città si sono sempre adattate alle leggi. Ogni qualvolta un nuovo ordinamento legislativo ha interessato pratiche, meccanismi e gestione di strutture urbane complesse, i placemaker hanno messo in atto plurime strategie, affinché la città potesse adeguarsi alle richieste di una specifica legge. Innumerevoli sono i provvedimenti che hanno influito sul volto delle città italiane nel corso del XX secolo, a partire dalla legge Luzzati del 1903, che prevedeva la formazione di istituti autonomi di case popolari, fino alla legge 10 del 2013, riguardante lo sviluppo degli spazi verdi. Con l’obiettivo di presentare casi studio inesplorati, la sessione intende fare il punto su come le città si siano adattate, sia in senso trasformativo che conservativo, in seguito all’emanazione di alcune leggi. Quali sono stati i modi in cui queste sono state interpretate? Come hanno risposto architetti, urbanisti, amministratori pubblici, imprese immobiliari, agli obiettivi di un determinato provvedimento? In particolare, si invita a riflettere su:
L. 29/6/1909, 364 Legge Rosadi Prima legge organica unitaria in materia di tutela del patrimonio culturale
L. 4 /4/1912, 305 Provvedimento per l’esercizio delle assicurazioni (prevede, tra le altre cose, che le riserve siano investite in immobili)
L. 11/6/1922, 778 Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico
L. 23/6/ 1927, 1630 Servitù aeronautiche e sistemazione degli aeroporti
L. 21/6/1928, 1580 Disciplina per la costruzione dei campi sportivi
L. 26/12/1936, 2174 Esposizione universale indetta in Roma 1941-42
L. 22/11/1937, 2105 Norme tecniche per l’edilizia, con prescrizioni per le località colpite dai terremoti
L. 29/6/1939, 1497 Protezione delle bellezze naturali
L. 17/8/1942, 1150 Legge urbanistica nazionale
L. 1/3/1945, 154 Norme per la ricostruzione degli abitati danneggiati dalla guerra
L. 28/2/1949, 43 Piano INA-Casa Provvedimenti per incrementare l’occupazione con la costruzione di case per lavoratori
L. 9/8/1954, 640 Provvedimento per la eliminazione delle abitazioni malsane
L. 18/4/ 1962, 167 Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree per l’edilizia economica e popolare
L. 28/7/ 1967, 641 Nuove norme per l’edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario per il 1967-1971
L. 28/1/1977, 10 Legge Bucalossi
Norme per l’edificabilità dei suoli
L. 8/8/1985, 431 Legge Galasso
Disposizioni per la tutela delle zone di interesse ambientale

Ermanno Bizzarri, Una legge ordinaria tra misure straordinarie: Disposizioni per l’incremento delle costruzioni edilizie (l. 408/1949) (An Ordinary Law Among Extraordinary Measures: Dispositions for the Increase of the Building Constructions (L. 408/1949))

Monica Esposito, La legge n° 778 del 1922 a Napoli e il piano vincolistico di Gino Chierici. (The law n° 778 of 1922 in Naples and the plan of Gino Chierici.)

Roberta Gambardella, Le regole dell’igiene: come la normativa igienica ha influenzato l’edilizia (Hygiene’s rules: how hygiene legislation has influenced construction)

Kornel Tomasz Lewicki, Grado di adempimento alla legge: L’edificio scolastico Fermi di Torino nel progetto originale (1961) e il recente rinnovamento (2016). (Degree of fulfilment of law: Fermi school in Turin in its original project (1961) and recent renovation (2016).)

Fabio Mangone, La città e la legge 1766 del 16 giugno 1927 sugli usi civici (The city and the 1766 law of 16 June 1927 on civic uses)

Massimiliano Savorra, La legge 641 del 28 luglio 1967 e i piani per lo sviluppo e la ristrutturazione delle università italiane (The law 641 of 28 July 1967 and the plans for the development and restructuring of Italian universities)

4.09 Centri storici, approvviggionamento dei materiali e storia della costruzione

Coordinatori: Daniela Esposito (Sapienza Università di Roma), Ilaria Pecoraro (Sapienza Università di Roma)

Gli studiosi illustreranno gli esiti di ricerche riferite alla relazione fra fenomeni tecnico-costruttivi di lunga durata, adattamento, resilienza della storia dell’architettura nelle comunità urbane e rurali. Si potranno approfondire temi di storia del cantiere medievale e di Età Moderna, relazioni fra geositi, caratteri del sottosuolo e materiale dell’edilizia storica; cromatismi della geologia del luogo e cromie delle tecniche di finitura storiche; caratteri identitari propri di aree geograficamente omogenee, connotanti paesaggi storici intra ed extra moenia; natura ecologica e carattere innovativo delle tecniche costruttive tradizionali locali e il loro apporto negli interventi di restauro su edifici del tessuto storico.

Veronica Balboni, “Discoste dalle cave dei monti”. Adattamento e resilienza nel cantiere edile ferrarese in età moderna. Spunti dalle fonti archivistiche (“Far from the mountain quarries”. Adaptation and resilience in early modern building site in Ferrara. Insights from archival sources)

Maria Teresa Campisi, La materia. Da risorsa naturale ad elemento di unità architettura- paesaggio (Material. From natural resource to element of architecture-landscape unity)

Angela Diceglie, Masserie Fortificate del XVI secolo a difesa del territorio e casa tra gli ulivi oggi a difesa del paesaggio pugliese. (Fortified Masserie of the sixteenth century in defense of the territory and house among the olive trees today in defense of the Apulian landscape.)

Daniela Esposito, Ilaria Pecoraro, From the quarry to the construction site: stories of “Gentile” stone (Dalla Cava al cantiere: storie di pietra “Gentile”.)

Germano Germano’, Cave sotterranee e a cielo aperto a Polignano a Mare in Puglia: storia, tecniche e aspetti sociali (History, techniques and social aspects of the underground and open-pit quarries of Polignano a Mare (Puglia))

Figen Kivilcim Corakbas, Imran Satis Atar, M. Gazihan Celik, Ilayda Masat, Memory and Oblivion of Byzantine-Ottoman Cross-Cultural Transitions: A Comparative Architectural Analysis of Hagia Sofia of Nicea and Green Mosque, ,

Rossella Leone, Roberto Ragione, Nicola Santopuoli, Il borgo di Aliano nel territorio dei calanchi lucani: un dialogo continuo tra condizione geologica del sito e conservazione del centro storico (The village of Aliano in the territory of Lucanian ‘calanchi’: a continuous dialogue between the geological condition of the site and the preservation)

Ilaria Pecoraro, La ‘Terra’: materia prima e borgo fortificato medioevale nel Salento (The ‘Earth’: raw material and a medieval fortified village in Salento)

Enrica Petrucci, Metodi di datazione per lo studio delle murature in laterizio: stato delle ricerche per l’area picena (Chronological methods for the study of brick walls: state of research for the Piceno area)

Monica Resmini, Grazia Signori , Il sotto per il sopra. Le pietre nel costruito storico della città di Bergamo (The under for the over. The stones in the historical buildings of the city of Bergamo)

Lia Romano, Cerreto antica: frammenti di città tra oblio, archeologia e paesaggio (Ancient Cerreto: fragments of the city among oblivion, archaeology, and landscape)

Gabriele Tedesco, Ilaria Pecoraro, Nicola Santopuoli, Sviluppo e diffusione della tecnica costruttiva baraccata in seguito al Terremoto della Calabria del 1783: il caso del Palazzo Vescovile di Mileto (Development and spread of the “baraccato” constructive technique following the 1783 Calabrian earthquakes: the case of Bishop’s Palace in Mileto)

Isabella Zamboni, Le architetture di Civita di Bagnoregio tra Medioevo ed Età Moderna. Caratteri costruttivi e trasformazioni di una comunità urbana resiliente (Civita di Bagnoregio’s architecture between the Middle Ages and the Modern Age. Constructive characteristics and transformations of a resilient city)

4.10 La risposta delle città alle opere di canalizzazione idraulica. Trasformazioni geografiche, economiche e culturali nelle città d’acqua dal 1800 ad oggi

Coordinatori: Silvia La Placa (Università di Pavia) Massimiliano Savorra (Università di Pavia)

La gestione della risorsa idrica affianca la storia dei sistemi insediativi fin dai tempi più remoti e, più in generale, ha condizionato lo sviluppo delle diverse civiltà. Molti territori sono interamente subordinati ai sistemi di gestione dell’acqua, le cui infrastrutture ne hanno mutato l’aspetto significando lo spazio e qualificando oltre all’immagine, la vita. Approcciare tale complessità implica il riferirsi ad un quadro multidimensionale, confrontandosi con gli aspetti legati al percorso dell’acqua e del territorio che viene attraversato, ai diversi usi che l’uomo ha fatto dell’elemento idrico e alla loro memoria. La sommatoria di tali espressioni, concretizzate in segni e cicatrici sedimentati nei luoghi, qualifica paesaggi e città d’acqua, rendendone difficile una sintesi esaustiva.
Storicamente, in tutto il mondo, le opere di canalizzazione irrigua hanno modificato i terreni paludosi in aree produttive e la conseguente crescita economica ha portato alla definizione di importanti vie d’acqua artificiali per il collegamento dei principali centri urbani con altre realtà. In alcune città l’applicazione di straordinarie capacità tecniche e invenzioni ingegneristiche sul tema permane ancora oggi, divenendone caratteristica identitaria e fulcro delle attività economiche e culturali. In altre, a partire dall’Ottocento, le esigenze di velocità hanno favorito i trasporti via terra, riducendo le grandi opere idrauliche per la navigazione a meri segni sul territorio.
Se alcuni sistemi di canalizzazione versano in una condizione precaria, che li interessa a più livelli, dai manufatti idraulici alle aree verdi di pertinenza dei canali urbani, di altri ne rimane solamente memoria.
Come è possibile recuperare, conoscere e valorizzare questi sistemi? Quali sono ad oggi le strategie più appropriate per la documentazione delle opere architettoniche e infrastrutturali legate alla risorsa idrica? In che modo è possibile salvaguardare e tramandare nel tempo il valore storico, culturale e sociale del patrimonio idraulico per la città?
I diversi approcci alla conoscenza del patrimonio materiale e immateriale, in questa sede associato ad un più generale paesaggio dell’acqua, sono occasione di confronto sulle risposte sociali alle trasformazioni antropiche di sistemi naturalistici e urbani e di valutazione dei possibili scenari futuri sulla gestione sostenibile, il mantenimento e la fruizione del patrimonio idraulico nelle città.

Isarachai Buranaut, A new paradigm for management after the Covid-19 Pandemic of the waterfront heritage in Amphawa Community, Thailand

Elisa Dalla Rosa, Opere idrauliche e interventi nella Verona novecentesca.  (Floods and adaptive interventions in Verona during the twentieth century.)

Silvia La Placa, Il Naviglio nella costruzione dell’identità culturale di Pavia tra storia e rilievo digitale. (The Naviglio in the construction of Pavia’s cultural identity between history and digital survey.)

Giulia Luciani, Il Delta del Tevere tra natura e artificio. Ripartire dall’acqua per un progetto di territorio metropolitano, (The Tiber delta. Restarting from water for a territorial project)

Chiara L. M. Occelli, Lungo “lo splendido corpo d’acqua”. La ciclovia del Canale Cavour. (All along the “splendid body of water”. The Cavour Canal cycle route.)

Alice Pozzati, “El querer hacer una ciudad sin agua no puede ser”. Il collegamento alla rete idrica per una città di nuova fondazione: la città lineare a Madrid. (“El querer hacer una ciudad sin agua no puede ser”. The connection to the water network for a new city: the linear city in Madrid.)

Riccardo Serraglio, Prima delle ferrovie: l’ipotesi di una rete di canali navigabili nel Regno delle Due Sicilie (Before the railways: the hypothesis of a network of waterways in the Kingdom of the Two Sicilies)

Francesco Vallerani, Ifor Duncan, Il fiume Sile e Treviso città d’acqua: patrimonio fluviale e senso del luogo (The Sile river and Treviso as water city: experiencing waterways heritage and sense of place)

Marta Villa, La difficile trasformazione delle acque nel fondovalle atesino. Il case study della risistemazione idrica tra XVIII e XX secolo nella Piana Rotaliana. (Difficult Transformation of Water in Atesino Valley Floor. The Case Study of hydric Reset between XVIII and XX Century in Rotaliana Plain.)

Lisa Zecchin, Un approccio ecosistemico per il recupero e la riappropriazione culturale dei canali urbani: il caso di Padova (An ecosystemic approach for the recovery and the cultural reappropriation of urban canals: the case of Padua)

4.12 Riuso adattativo del patrimonio religioso dismesso o sottoutilizzato. Progetti strategici integrati e approcci metodologici per il riuso adattivo di chiese ed edifici religiosi storici dismessi o sottoutilizzati

Coordinatori: Mariateresa Giammetti (Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Napoli Federico II), Pasquale De Toro (Università degli Studi di Napoli Federico II) , Carla Danani (Università di Macerata), Albert Gerhards (Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität Bonn), Alexander Radej (Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität Bonn)

Le Linee Guida del Vaticano del 2018 su “La dismissione e il riuso ecclesiale di chiese” raccomandano che: «[…] se l’inclusione sociale e la salvaguardia della creazione (questione ecologica) sono le due sfide fondamentali del nostro tempo, riconducibili alla più ampia sfida della «umanizzazione» della città e del territorio, anche il riuso funzionale delle chiese dismesse potrebbe costituire un’opportunità, se ricondotto al principio dell’economia circolare, che si ispira alla natura e che si fonda innanzitutto proprio sul riuso, il restauro, la rigenerazione, il riciclo». Questa riflessione ispirata alle categorie della resilienza trasformativa delle città e dei territori, pone un tema sempre più cogente anche alla luce degli effetti della crisi economica e sociale connessa all’emergenza pandemica. La sessione sarà interdisciplinare e organizzata in coordinamento tra il Dip. di Architettura Univ. Federico II, il Dip. di Studi Umanistici Univ. di Macerata e la Katholisch-Theologischen Fakultät Univ. Bonn. La sessione sarà articolata in due sub sessioni con i seguenti obiettivi: Sub-sessione 1 _ Presentare esperienze progettuali e di ricerca legate a progetti e studi sul riso adattivo, per mettere a confronto buone pratiche sviluppate sia in Italia che all’estero. Sub-sessione 2 _ Individuare tematiche utili a tracciare criteri di supporto per i processi di transizione verso la riconversione/dismissione del patrimonio culturale religioso. A titolo esemplificativo ed affatto esaustivo si riportano alcuni dei contenuti che si propone di sviluppare nelle due Sub sessioni: Sub sessione 1: – lavori di ricerca e progetti condotti nell’ambito del Corso di perfezionamento in Riuso adattivo e gestione integrata del patrimonio culturale religioso dismesso promosso dal Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II (DIARC); – studi e progetti condotti nell’ambito della collaborazione tra il DIARC ed una delle unità di ricerca del Programma di ricerca interdisciplinare Transara Sakralraumtransformation finanziato da Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG). Sub sessione 2: – Riflessioni sulla trasformazione dei luoghi del sacro nell’orizzonte teoretico delle categorie di Soglia, Confine e Attraversamento sviluppate attraverso un dibattito tra studiosi di architettura, economia, filosofia morale e teologia liturgica.

Luigi Bartolomei, Il caso dell’Ex-Monastero di Sant’Agostino a Vicopelago tra teorie e prassi (The case of the former monastery of Sant’Agostino in Vicopelago between theories and practice)

Martina Bosone, Luigi Fusco Girard, Il modello di economia circolare per il riuso adattivo del patrimonio culturale religioso dimesso (The circular economy model for adaptive reuse of disused religious cultural heritage)

Carla Danani, Partecipazione e governo del patrimonio religioso dismesso o sottoutilizzato nell’età della rete (Participation and governance of disused or under-used religious heritage in the network age)

Pasquale De Toro, Riuso adattivo e gestione integrata del patrimonio religioso dismesso. Il Corso di Perfezionamento promosso dall’Università Federico II (Adaptive reuse and integrated management of disused religious heritage. The Specialization Course promoted by Federico II University)

Lucie Di Capua, Amalia Piscitelli, Angela Girardo, Nuovi strumenti digitali per il riuso adattivo del patrimonio culturale religioso dismesso o sottoutilizzato (New digital tools for adaptive reuse of disused or unde-used religious cultural heritage)

Davide Dimodugno, Nuove Prospettive Per Il Riuso Adattivo Delle Chiese Cattoliche: Verso Una Valorizzazione Come Beni Comuni? (New Perspectives For The Adaptive Reuse Of Catholic Churches: Towards A Valorisation As Common Goods?)

Mario Donatiello, Dinamiche economiche e sociali dei processi di riuso dei beni culturali religiosi. Il caso studio del quartiere Sanità (Economic and social dynamics of reuse processes concerning religious cultural heritage. The Sanità district case study)

Federica Fuligni, Mappature semantiche per nuove dimensioni di senso. Una possibile sintesi dei parametri rappresentativi per i processi di riuso dei beni religiosi. (Semantic mappings for new meaning dimensions. A possible synthesis of the representative parameters for the reuse processes of religious heritage.)

Mariateresa Giammetti, Prof. em. Albert Gerhards, Processi di transizione verso nuovi modelli dello spazio di preghiera (Transition processes toward new models of prayer space)

Piernicola Cosimo Intini, Pietro Intini, Restauro e riuso della chiesa dismessa di Santa Maria La Nova nella diocesi di Conversano-Monopoli, in Terra di Bari. (Restoration and reuse of the dismissed church of Santa Maria La Nova in the diocese of Conversano-Monopoli, in Terra di Bari.)

Alessandra Lucaioli, La tecnologia ed il paradigma della smart city come modalità di valorizzazione dei luoghi di culto dismessi o sottoutilizzati (Technology and the smart city paradigm as a way to enhance disused or underused places of worship)

Lorenzo Mondino, Pianificazione per il riutilizzo di edifici religiosi nelle Fiandre. Il ruolo del kerkenbeleidsplan per una scelta consapevole e condivisa. (Planning for reuse of religious buildings in Flanders. The role of kerkenbeleidsplan for a conscious and shared choose.)

Fabio Naselli, Kreshnik Merxhani, Il patrimonio religioso dismesso albanese. Possibili scenari di riuso adattivo dopo la caduta del regime socialista (Albanian disused religious heritage. Possible scenarios of adaptive reuse after the socialist regime)

Francesco Novelli, Carla Bartolozzi, Antonia Gravagnuolo, Martina Bosone, Mariarosaria Angrisano, Conventi dismessi e nuove strategie di riuso a confronto: il caso virtuoso degli Edifici Mondo nella città di Salerno. (Dismissed convents and new reuse strategies compared: the virtuous case of the Mondo Buildings in the city of Salerno.)

Michael Rabens, The Afterlife of American Synagogue Buildings: The Case of Chicago, ,

Aura Racioppi, “Un hospitale per pellegrini, escursionisti e turisti”.  Soluzioni per un turismo consapevole e regolamentato, nel rispetto di una comunità antica (“A hospitale for pilgrims, hikers and tourists”. Solutions for conscious and regulated tourism, respecting an ancient community)

4.13 Progettare lo spazio urbano. Il ruolo dei Complex Buildings nella progettazione e reinvenzione dello spazio pubblico nella città

Coordinatori: Emanuela Margione (Politecnico di Milano)

I Complex Buildings possono essere definiti come spazi eterotopici caratterizzati da un articolato programma di attività capace di riadattarsi nel tempo per rispondere ai bisogni della società. I primi prototipi vengono sperimentati a New York a partire dal 1916. Altri esempi sono riscontrabili sia nelle Kultur House sovietiche degli anni ’20, che negli edifici corporativisti fascisti degli anni ’30. Casi di studio più contemporanei sono invece i SESC brasiliani e i centri civici progettati nelle aree suburbane a partire dagli anni ’60.

Questi edifici, pur mostrando caratteristiche antitetiche (contesto politico in cui vengono realizzati, definizione architettonica e collocazione urbana, utenza a cui sono destinati) presentano svariati denominatori comuni che trascendono il mero aspetto funzionale. Tra questi, la ramificata rete di relazioni con l’area urbana circostante (tale da rendere difficile la distinzione tra la scala architettonica e quella urbana); il forte impatto nella rigenerazione delle aree urbane; la capacità di ospitare comunità diverse e di generare una serie di nuovi comportamenti spontanei. Diventa così chiaro quanto la loro definizione non possa più esaurirsi esclusivamente nella complessità del programma di attività ma debba considerare quegli aspetti relativi alla genesi, alla costruzione e alla resilienza dei suoi spazi capaci sia di riqualificare parti della città che di generare nuovi comportamenti sociali.

La sessione accoglie proposte in cui, attraverso un punto di vista progettuale, vengono indagati i momenti di genesi architettonica e urbana dei Complex Buildings (es. promuovendo un confronto critico tra progetti sviluppati in diversi contesti politici, storici, culturali e geografici); vengono analizzati i caratteri essenziali di una spazialità resiliente (es. descrivendo la configurazione spaziale degli edifici, le caratteristiche fisiche che rendono la forma indipendente dalla funzione, in che modo, attraverso la composizione, lo spazio si trasforma in soglia tra la dimensione architettonica e quella urbana); vengono descritte le modalità attraverso la quale la città, contemporanea e non, accoglie questo particolare tipo di architettura; viene investigato il ruolo di questi edifici come una possibile soluzione per affrontare le questioni urbane contemporanee e future (es. descrivendo il loro effetto diretto sugli spazi pubblici della città evidenziando la relazione tra definizione spaziale e nuovi comportamenti sociali).

Oscar Eugenio Bellini, Marianna Arcieri, Maria Teresa Gullace, Student Housing Responsivo: Nuova Opportunità Per La Città Contemporanea (Responsive Student Housing: A New Opportunity For Contemporary City)

Tommaso Brighenti, L’archivio come Complex Building. Il caso del Milano Metropolitan Archive, tra ricerca e sperimentazione progettuale (The archive as a Complex Building. The case of the Milano Metropolitan Archive, between research and design experimentation)

Francesca Daprà, Marika Fior, Gli oratori ambrosiani come strutture sistemiche complesse per la rigenerazione della rete dei servizi e spazi di prossimità (The ambrosian parish facilities as complex systemic structures for the regeneration of the proximity services and public space networks)

Maria Fierro, (In)città nelle città. Innesti urbani in contesti informali ((in)cities in the cities. urban grafts in informal contexts)

Ewa Kawamura, Filo-italianismo nei Complex Buildings in Giappone: 1980-2000 (Philo-Italianism in Complex Buildings in Japan: 1980-2000)

Laine Nameda Lazda, Cristina Pallini, Yuliia Batkova, Complex Buildings in Transition: Collectivist Soviet Resorts in the Baltic Countries, ,

Emanuela Margione, Architettonico Urbano: per una definizione critica della spazialità nel caso dei Complex Buildings. , ,

Francesco Martinazzo, VERSO UNA SCUOLA MACCHINICA: nuove forme di ibridazione per una critica al dispositivo (TOWARDS A MACHINIQUE SCHOOL: new forms of hybridization for a critique of the device)

4.14 Resilienza e patrimonio

Coordinatori: Grazia Brunetta (Politecnico di Torino), Michela Benente (Politecnico di Torino)

Gli studiosi sono invitati a presentare studi o ricerche che affrontino la complessa relazione tra Resilienza e Patrimonio. I temi, volti all’approfondimento epistemologico del concetto di ‘resilienza’ in relazione ai progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, dovranno essere compresi nel quadro culturale della sostenibilità. Facendo riferimento alle dinamiche di cambiamento, si ritengono di particolare interesse gli studi volti allo sviluppo di modelli analitici incentrati sull’analisi valoriale dei beni in relazione alla definizione di strategie progettuali e di governance territoriale. L’importanza di un approccio interdisciplinare ai temi legati a innovazioni e/o sperimentazioni per la costruzione di progetti di rigenerazione e valorizzazione, si profila quale elemento essenziale in relazione alla declinazione al concetto di resilienza al patrimonio culturale. Temi riconducibili alla sessione sono: – Interpretazione dei problemi generati dagli effetti del cambiamento climatico, in rapporto al patrimonio culturale e ai progetti di rigenerazione.

Analisi e lettura critica delle componenti complesse del sistema territoriale che riguardano la resilienza del patrimonio culturale; – Interpretazione di quadri interdisciplinari di analisi delle vulnerabilità territoriali, nell’ottica dell’elaborazione di soluzioni progettuali per la resilienza del patrimonio culturale; – Presentazione di progetti “resilienti” per la valorizzazione del patrimonio culturale ovvero progetti in cui sia esplicitata la capacità di adattamento ed evoluzione del patrimonio per politiche di valorizzazione del sistema territoriale.

Francesco Alberti, RECOVERING LANDSCAPE Nuovi sentieri di sviluppo per le comunità locali (RECOVERING LANDSCAPE New development paths for local communities)

Michela Benente, Irene Ruiz Bazan, L’importanza dell’analisi dei valori nel progetto della resilienza del Patrimonio culturale (The importance of the analysis of values in the project of the resilience of Cultural heritage)

Paola Bordoni, La tutela del Patrimonio Mondiale. Cambiamenti climatici e sostenibilità (The protection of World Heritage. Climate change and sustainability)

Gianluca D’Agostino, Applicazione del GIS per un patrimonio resiliente: il caso delle haveli di old Delhi, India. (Application of GIS for a resilient heritage: the case of the havelis of old Delhi, India.)

Carla Fernández Martínez, La catastrofe come opportunità per ripensare la città: il caso di Chillán (Cile) (The catastrophe as an opportunity to reinvent the city: the case of Chillán (Chile))

Marco Ferrari, Resilienza di un «patrimonio fragile» al cambiamento climatico: parchi e giardini storici tra mutate condizioni ambientali e nuove opportunità (The resilience of a «fragile heritage» to climate change: historic parks and gardens between altered environmental conditions and new opportunities)

Erica Lenticchia, Rosario Ceravolo, Valentina Lambiase, Giorgia Coletta, Gestione del rischio sismico dei centri storici mediante strumenti a scala territoriale (Seismic risk management of historical centers by means of territorial scale analyses)

Eleonora Melandri, Angela Santangelo, Andrea Ugolini, Simona Tondelli, The Ravenna Organigraph: a tool to map the governance structure for heritage sites (Uno strumento per mappare la governance dei siti del patrimonio: l’organigrafico di Ravenna)

Patrícia Monteiro, Architectural heritage of southern Portugal: disruptive practices and sustainability strategies for its preservation, ,

Maurizio Oddo, Antonella Versaci, Alessandro Barracco, ARCHITETTURA E RIFORESTAZIONE URBANA. Ripensare il centro come frammentazione di Paesaggio (ARCHITECTURE AND URBAN REFORESTATION. Rethinking the center as a fragmentation of Landscape)

4.15 Anfiteatri romani e antichi edifici per lo spettacolo: sopravvivenza e adattamento

Coordinatori: Luigi Cappelli (Dipartimento di Architettura – Università degli Studi di Napoli Federico II)

Gli anfiteatri e gli antichi edifici per lo spettacolo di epoca romana, teatri, circhi, odeia, basati su precisi caratteri tipologici e su una stretta connessione ai loro sistemi urbani di riferimento, hanno dimostrato, nei secoli, una notevole capacità adattiva per la loro sopravvivenza, pur richiedendo significative trasformazioni architettoniche, necessarie per nuovi usi.
Anche oggi tali manufatti possono assecondare paesaggi e città in continuo divenire, prestare le loro imponenti strutture a nuove dinamiche di visita e di uso, ponendosi come fulcri di strategie di gestione e simboli di un patrimonio fragile da indagare, conoscere, preservare, “usare” e trasmettere al futuro.

Fabio Ambrogio, Il teatro romano di Alba. Dalla scoperta alla creazione di un percorso per la sua valorizzazione (The Roman theatre of Alba. From discovery to the creation of a path for its enhancement)

Cristian Blangetti, Conoscenza, conservazione e valorizzazione dell’anfiteatro di Cirencester in Britannia. (Knowledge, conservation and enhancement of the Cirencester Amphitheatre in Britain.)

Luigi Cappelli, Un antico edificio ludico “multiforme”. Conoscenza e restauro dell’anfiteatro romano di Tarragona (Spagna) (An ancient “multiform” building. Knowledge and restoration of the Roman amphitheater of Tarragona (Spain))

Fabio Cosentino, Il teatro greco-romano di Catania tra memoria, trasformazioni, rappresentazioni e libertà (The grece-roman theatar of Catania: memory, development, historical rapresentation, liberty)

Wladek Fuchs, Strutture di spettacolo romane – la persistenza dei metodi di progettazione. (Roman structures of spectacle – the persistence of the design knowledge.)

Giorgio Ghelfi, L’antico teatro di Tindari. Studi preliminari per la conservazione ed il restauro. (The ancient theatre of Tindari. Preliminary studies for conservation and restoration.)

Filippo Masino, Il Teatro di Augusta Taurinorum restituito alla comunità (The Theatre of Augusta Taurinorum returns to the heritage community)

Antonio Mellano, la “liberazione” del teatro romano di Teramo, opportunità o perdita di valori ? (the “liberation” of Teramo’s Roman theatre: opportunity or loss of value?)

Francesca Musanti, Non solo “panem et circenses”. Antifragilità di uno spettacolare patrimonio culturale. (Not only “panem et circenses”. Antifragility of a spectacular cultural heritage.)

Elisa Pilia, Anfiteatri romani in Sardegna tra sublimità parassitaria e interventi per il riuso (Roman amphitheatres in Sardinia between parasitical sublimity and interventions of reuse)

Giulia Proto, Sopravvivenza e adattamento dell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli: gli interventi di restauro, consolidamento e allestimento di Ezio Bruno De Felice (Survival and adaptation of the Flavian Amphitheater in Pozzuoli: Ezio Bruno De Felice’s restoration plan (1966-1979).)

Emanuele Romeo, Teatri E Anfiteatri Di Età Classica. Valore D’antichità E Di Attualità Tra Conservazione E Valorizzazione (Theaters And Amphitheaters Of Classical Age. Ancient And Actuality Value Between Conservation And Enhancement)

Riccardo Rudiero, Da Segesta a Siracusa: le Carte sugli edifici ludici e per spettacolo, tra conservazione e rifunzionalizzazione (From Segesta to Syracuse: the Charters on theatres and amphitheatres, between conservation and reuse)

Simone Spampinato, Il frammento: il potere dell’immaginario (The fragment: the power of the imagination)

Mariangela Terracciano, Lo stadio romano di Antonino Pio a Pozzuoli: un palinsesto archeologico ed architettonico da conoscere e valorizzare (The Roman stadium of Antonino Pio in Pozzuoli: an archaeological and architectural palimpsest to know and to valorize)

Maurizio Villata, Tommaso Vagnarelli, Teatri e anfiteatri “minori”: alcune riflessioni sul ruolo e sulle potenzialità della marginalità nell’esperienza culturale di paesaggio (“Minor” theatres and amphitheatres: some reflections on the role and the potentiality of marginality in the cultural landscape experience)

Gianluca Vitagliano, Bruno De Nigris, Resistere al tempo e agli uomini. L’anfiteatro Verlasce di Venafro tra conservazione e trasformazioni. (Withstand time and men. The Verlasce amphitheater in Venafro between conservation and transformations.)

4.17 Spazio pubblico adattivo

Coordinatori: Luigi Coccia (Università di Camerino), Alessandro Gabbianelli (Università di Roma 3)

La pandemia di coronavirus è stata un’esperienza segnante che ha imposto una discontinuità concettuale sui modi di pensare l’urbanità e su come questa si è manifestata negli ultimi due secoli. In tal senso, questa sessione intende attivare una discussione sui caratteri e sui problemi della città occidentale focalizzando l’attenzione sullo spazio pubblico. Se lo svuotamento delle piazze storiche ha accentuato la forza espressiva dello spazio aperto nei tessuti consolidati favorendo la contemplazione della bellezza architettonica, l’occupazione inusuale di vuoti residuali ha messo in evidenza l’assenza di qualità architettonica dei luoghi periferici acquisiti come nuovi spazi di relazione dalle elevate potenzialità. Si comprende l’urgenza di interpretare i fenomeni in atto e di avanzare ipotesi progettuali sul tema dello spazio pubblico, una spazialità capace di recepire le molteplici istanze espresse dalla società e di conformarsi alla variegata natura dei contesti. Ragionare sullo spazio pubblico significa sperimentare nuove relazioni fisiche e sociali tra una moltitudine di punti dispersi sul territorio, ripensare ai luoghi della convivialità capaci favorire l’incontro tra esseri viventi garantendone la distanza. Adattività e coesistenza sono termini che mettono in discussione il tradizionale discorso attorno al progetto dello spazio aperto come luogo della continuità, della porosità e della mixité sociale e formale, spostando l’attenzione verso l’invenzione di strategie utili a definire nuove interazioni, messa in contatto ma anche presa di distanza tra differenze. La pandemia ha intensificato il carattere del campo urbano come macchina differenziante, che produce differenze sociali, politiche, ecologiche. In tal senso come far fronte alle esigenze di molteplici gruppi, collettivi, ecologie? Come assembrare differenti pratiche dell’abitare e di produzione spaziale? Come ridefinire senso e valore della relazione nelle nostre città? Il nesso tra adattabilità e coesistenza esplora pertanto la ridefinizione del senso dello spazio pubblico, aperto, verde, in rapporto alle pratiche sociali post-pandemiche. Le questioni sollevate e gli interrogativi da esse scaturiti potranno trovare sviluppi e auspicabili risposte nel territorio urbanizzato: tra densità e rarefazione le indagini potranno condurre alla prefigurazione di nuovi scenari in una varietà di situazioni urbane che vanno dalle aree consolidate a quelle della dismissione e delle frange urbano-rurali.

Roberta Albiero, Corpo urbano/corpo umano. Venezia come paradigma dello spazio percepito e immaginato (Urban Body/Human Body Venice as a paradigm of perceived and imagined space)

Yuliia Batkova, Domenico Chizzoniti, Reconstructing space and place: ephemeral form between monument and performance, ,

Francesco Casalbordino, Luoghi dell’incontro nel periurbano: una metodologia progettuale per lo spazio pubblico ai margini della città (Places of encounter in the periurban area: a design methodology for the public space on the edge of the city)

Marta Cognigni, SPORT E SPAZIO PUBBLICO COME INFRASTRUTTURA URBANA ADATTIVA.
Scenari di progettazione e ricerca per la città contemporanea (SPORT AND PUBLIC SPACE AS AN ADAPTIVE URBAN INFRASTRUCTURE. Design and research scenarios for the contemporary city)

Angela D’Agostino, Giovangiuseppe Vannelli, Strategie progettuali e processi partecipativi per uno spazio pubblico adattivo. Il Parco dei Quartieri Spagnoli a Napoli (Design strategies and participatory processes for an adaptive public space. The Park of the Spanish Quarters in Naples)

Giuseppe D’Ascoli, Re-interpretare gli spazi junkle: per un progetto di assemblaggi e coesistenze. (Re-interpreting the junkle spaces: for an urban project of assemblies and coexistence.)

Orfina Fatigato, Spazi interconnessi. Sperimentazioni per la costruzione di una rete di spazi pubblici a Casoria (Interconnected Spaces. Experimentation on a network of public space in Casoria)

Marco Ferrari, Maria Chiara Tosi, Il progetto della mescolanza (The Design of Mixture)

Ambrosio, Francesca, Sara Le Xuan, La città pubblica tra forma e politica dello spazio. Il Corviale a Roma e l’Eixample a Barcellona (The public city between the shape and policy of the place. The Corviale in Rome and the Eixample in Barcelona)

Mario Galterisi, INHABITING CROSSROADS: Gli spazi di prossimità dell’housing sociale nella fase post-pandemica (INHABITING CROSSROADS: The proximity spaces of social housing in the post-pandemic phase)

Emanuele Garda, L’eredità di una crisi: temi, riadattamenti e traiettorie per la “città pubblica” di Bergamo oltre la pandemia (The legacy of a crisis: themes, readaptations, and directions for the ‘public city’ of Bergamo beyond the pandemic)

Michele Lazazzera, Rosalba Belibani, Il progetto dello spazio pubblico come scenario Verso infrastrutture adattive per una città più flessibile ed ecologica (The project of public space as scenario Towards adaptive infrastructure for more flexible and ecological city)

Simone Porfiri, Topografie Adattive. Il Progetto Di Suolo Come Dispositivo Per Amplificare L’intensità Dello Spazio Aperto (Adaptive Topographies: The Ground Design As A Tool To Amplify The Intensity Of The Open Space)

Marta Rabazo Martin, Maria Grazia Cianci, Francesca Paola Mondelli, Dalla centralità alla vicinanza. Riflessioni sull’evoluzione concettuale e formale dello spazio pubblico della città di Roma dagli anni ’90. (From centrality to proximity. Reflections on the conceptual and formal evolution of the public space of the city of Rome since the 90s.)

Dajla Riera, Maria Federica Ottone, Resilienza urbana: il futuro dei centri commerciali (Urban resilience: the future of shopping centers)

Marella Santangelo, Riconquistare corpo e spazi (Regaining body and spaces)

Stefano Sartorio, Francesco Airoldi, Due facce della stessa medaglia. Parallelismi sulla capacità adattiva dello spazio pubblico di città e aree interne. (Two sides of the same coin. Parallelism on adaptive capacity of public spaces in cities and inner peripheries.)

4.18 ‘Città nelle città’. I grandi innesti urbani del fascismo nella città contemporanea

Coordinatori: Sara Iaccarino (Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

La sessione intende indagare le permanenze nella città contemporanea dei tracciati e dei grandi innesti urbani realizzati durante la stagione del fascismo in Italia. La città storica, durante il regime, è stata oggetto della sovrapposizione di un nuovo layer, con le sue regole e i suoi tracciati: essa diviene fulcro di interventi di liberazione e riscrittura, normati attraverso la definizione dei nuovi piani regolatori, nonché sede di innesti progettuali di vasta estensione atti a divenire manifesto delle ‘gesta’ e del potere del regime stesso. Varie erano le funzioni ospitate: mostre, fiere, centri universitari o sportivi nascevano con l’intento di destinare nuove ed estese aree urbane ai cittadini e, soprattutto, di creare spazi che, nella loro asettica monumentalità, contribuissero a ricreare scenografie urbane di rappresentatività.
Nel momento in cui tali complessi hanno perduto la funzione originaria e il ruolo di ‘manifesto costruito’, si è avviato un lungo periodo di decadenza e di dismissione che, ad oggi, ci mostra aree fortemente sconnesse, i cui caratteri monumentali sono lentamente degenerati in vuoti incerti e decadenti. Basti pensare al grande complesso dell’EUR di Roma: l’esasperata ricerca prospettica e monumentale condotta nella sua realizzazione ha ceduto oggi ad un immaginario fatto di spazi vuoti e atipici, scanditi da edifici immensi non pienamente sfruttati e rifunzionalizzati. Anche nella Mostra d’Oltremare di Napoli, le episodiche attività fieristiche ospitate nel complesso non hanno mai incentivato una piena rifunzionalizzazione e riqualificazione architettonica dei suoi spazi, che versano in pessime condizioni conservative e che mai sono stati restituiti completamente ad una città che perennemente richiede, tra l’altro, spazi e luoghi di comunità.
Tale condizione, dettata dalla non piena inclusione della città contemporanea di questi frammenti di città, caratterizzati da una storia e da una definizione tipologica controversa, reclamano fortemente nuove istanze di valorizzazione e di risignificazione. In un’ottica sequenziale, dunque, per la quale la città contemporanea si compone di layer sovrapposti afferenti a varie storie costruttive, urge indagare, attraverso la comparazione di vari casi, su come la città si sia gradualmente adattata a tali innesti e di come li abbia progressivamente accolti o rigettati nel suo attuale assetto.

Mattia Cocozza, Una porta urbana per la Mostra d’Oltremare. (An urban gate for the Mostra d’Oltremare.)

Alessia Fusciello, Stefano Guadagno, L’Istituto per i Figli del Popolo di Napoli: strategie per l’inclusione di un frammento urbano (The Institute for the Children of the People in Naples: strategies for the integration of an urban fragment)

Davide Galleri, Colleferro, città autoriale del Novecento. Da borgo industriale, a città fascista, a Capitale Europea dello Spazio. (Colleferro, the authorial city of the 20th Century. From industrial town, to fascist city, to European Capital of Space.)

Sara Iaccarino, Città del potere, città della connessione. I Palazzi Postali realizzati dal Ministero delle Comunicazioni durante il regime fascista (City of power, city of connection. The Postal Buildings built by the Ministry of Communications during the fascist regime)

4.20 Palazzi resilienti. L’architettura civica come specchio e strumento dell’adattabilità urbana (secoli XVIII-XX)

Coordinatori: Maria Grazia D’Amelio (Sapienza Università di Roma), Paola Barbera (Università degli Studi di Catania), Marco Folin (Università di Genova)

Sin dal medioevo, le città italiane si sono dotate di palazzi pubblici e architetture civiche di forte impatto urbano: edifici, monumenti, infrastrutture che assolvevano a svariate funzioni d’uso collettivo e in cui poteva riconoscersi l’identità civile degli abitanti. Questi edifici hanno spesso mantenuto per secoli, in certi casi sino ad oggi, un ruolo cruciale nella vita politica e culturale cittadina, come uno dei luoghi deputati all’autorappresentazione delle autorità locali e dei loro programmi di ‘buon governo’. Questo legame forte e fondante con la storia delle collettività cittadine non è stato tuttavia privo di conseguenze: lungi dal costituire una tipologia durevole, nel corso del tempo i palazzi pubblici sono stati chiamati ad assolvere svariate funzioni materiali e simboliche, generando continui, a volte radicali processi di trasformazione non solo a livello di usi e apparati decorativi, ma anche in termini più propriamente strutturali e architettonici. Tant’è che molto spesso anche quegli edifici e modelli che si presentano come frutto di persistenze genuinamente ‘originarie’ non sono in realtà che il frutto di ricostruzioni e restauri stilistici otto-novecenteschi.
In questo contesto di lungo periodo, la sessione mira a focalizzare l’attenzione sui momenti di svolta, le cesure storiche, le fasi di ristrutturazione/riconversione dopo eventi drammatici: le ricostruzioni post-belliche, le fasi ‘rivoluzionarie’, la dialettica fra diversi modelli di architettura pubblica e i relativi linguaggi, o ‘discorsi’ (nazionalistici VS municipalistici, aulici VS autoctoni, storicisti VS modernisti). Saranno particolarmente privilegiati gli approcci trasversali, capaci di mettere in luce la complessità dei processi storici nel contesto urbano e la permeabilità dell’architettura rispetto alle dinamiche politiche, sociali e culturali del proprio tempo.

Marco Corona, Palazzi e potere a Cagliari: due sedi “barbare”. Le decorazioni dei palazzi provinciale e comunale tra XIX e XX secolo. (Palaces and power in Cagliari: two “barbaric” buildings. The decorations of the provincial and municipal palaces between 19th and 20th century.)

Olimpia Di Biase, Architettura sulle preesistenze nel Settecento a Ferrara: il caso di Palazzo Paradiso (Architecture on pre-existing buildings in Ferrara during the 18th century: the case of Palazzo Paradiso)

Lorenzo Fecchio, Sofia Nannini, Marcello Piacentini e la ricostruzione del Palazzo della Ragione di Ferrara (1953-56): identità, politica e critica intorno ad un’architettura civica (Piacentini and the Reconstruction of the Palazzo della Ragione in Ferrara (1953-56): Identity, Politics and Debates around a Civic Architecture)

Lorenzo Grieco, L’architettura dei palazzi comunali del basso Lazio durante il Ventennio fascista (The architecture of Fascist-era town halls in South Latium)

Stefano Zaggia, Il concorso e la costruzione del Palazzo municipale di Padova. Conservazione delle memorie e trasformazioni urbane (1919-1930) (The contest and the construction of the Town Hall of Padua. Conservation of memories and urban transformations (1919-1930))

Macrosessione 5. Le narrative di quali voci? Un ripensamento critico su dati, narrative e prospettive.
5.01 Eredità di chi? Siti Espositivi, monumenti, festival e musei nello spazio urbano

Coordinatori: Shelley Hornstein (York University, Toronto, Canada)

La sessione propone di indagare su come potrebbe essere riformulato il termine “heritage” nel contesto dei processi di creazione di luoghi e delle storie di memoria generate attraverso siti commemorativi, monumenti pubblici, musei e spazi espositivi urbani. In che modo questi siti hanno contribuito o partecipato a interpellare itinerari turistici e identità locali?

Antonietta Biondi, From the wonderful urban to the “Paesaggio Metropolitano” (Dal meraviglioso urbano a “Paesaggio Metropolitano”)

A-Avava Ndo Gabriel II, I patrimoni del potere negli itinerari turistici in Camerun. (The heritages of power on touristic itineraries in Cameroon.)

Son Van Huynh, The Elements and Memorials

Federico Marcomini, Skopje 2014. Ricreare la storia (Skopje 2014. Recreating history)

Monica Naso, Francesca Frassoldati, Remodelling authenticity in a UNESCO site: the case of Langhe, Roero and Monferrato

Hanqing Zhao, Francesca Frassoldati, Super Authentic Ancient Town——The case of Wuzhen in China

5.02 Digital humanities per la storia urbana: analisi di reti, basi di dati e GIS

Coordinatori: Rubén Castro Redondo (Universidad de Cantabria), Alfredo Martín García (Universidad de León)

La presente propuesta tiene como objeto de debate los recursos que las nuevas tecnologías pueden proporcionar al estudio de la Historia Urbana y, en particular, al análisis espacial de las comunidades urbanas (culturas, estratificación, análisis socioprofesional, religiosidad, condición económica, pobreza, marginación), de su administración territorial (administración local, intramuros, capital de administración intermedia -señorial / provincial / reinal / virreinal-, independientemente de la materia de administración (territorio, hacienda, guerra, etc.), de sus ámbitos de acción e influencia (con el entorno inmediato, con su región, con otras ciudades), y de sus comportamientos (demográficos, culturales, sociales, económicos, etc.). En este sentido, interesan los contenidos metodológicos basados en las nuevas herramientas de georreferenciación espacial (GIS –SIG), entendiendo el espacio como centro de análisis histórico para conocer la distribución espacial de las variables urbanas de nuestro interés. Interesan también las posibilidades que hoy día ofrecen las más novedosas aplicaciones informáticas (bases de datos), las plataformas ligadas a la red (repositorios documentales, repositorios científicos institucionales de ciencia abierta…) y, en definitiva, todos los demás recursos que de muy variada naturaleza ofrecen lo que ha venido denominándose de manera genérica las Humanidades Digitales. El interés de esta propuesta no se limita a las posibilidades de dichas herramientas en la investigación y en el análisis de datos históricos, sino también en los recursos que el mundo digital pone a disposición del investigador a la hora de presentar sus resultados ante la comunidad científica y, por supuesto, a la hora de su publicación. En este último caso, como es lógico, se acogerán con especial interés aquellas aportaciones en torno a los principios definidos en la etiqueta Open Science, donde tienen especial acogida las publicaciones en red, digitales, libres, gratuitas y en acceso abierto. Debido a la orientación metodológica e instrumental de la mesa no se impondrán límites geográficos ni temporales sobre los cuales ejemplificar las experiencias digitales en la investigación histórica, siempre y cuando tengan el mundo urbano como centro de sus análisis. El binomio de Humanidades Digitales e Historia Urbana permite una reflexión amplia tanto en términos cronológicos -desde el Mundo Antiguo al siglo XX- como espaciales, sin ninguna limitación.

Silvia Battaglia, Conoscere per valorizzare. Censimento e digitalizzazione degli stadi italiani: un’ipotesi di catalogazione (Knowing to enhance. Census and digitization of Italian stadiums: a hypothesis of cataloguing)

Rubén Castro Redondo, Aplicazioni dei Sistemi Informativi Geografici per una nuova storia urbana (Applications of Geographic Information Systems for a new urban history)

Marianna Charitonidou, Teoria dell’intersezione nella storia dell’architettura e dell’urbanistica: la cura digitale e gli archivi di architetti e urbanisti (Intersectional theory in architectural and urban history: Digital curation and archives of architects and urban planners)

Óscar Fernández-Álvarez, Patrimonio cultural digital: Políticas y prácticas en una nueva era. (Digital cultural heritage: Policies and practices in a new era.)

Miguel González González, La exploración urbana (urbex) y su relación con el patrimonio industrial en las ciudades contemporáneas (Urban exploration (urbex) and its relationship with industrial heritage in contemporary cities)

María Herranz Pinacho, Alberto Corada Alonso, Archives on the network: a project of a map of the Hispanic cartographic heritage

Mirella Izzo, Il verde nelle carte storiche di Napoli. Una Mappa digitale della storia dei giardini. (Historical Green Gis of Naples: Analysis of old maps for the creation of a digital map.)

Alfredo Martín García, Lo studio del conflitto urbano attraverso le discipline umanistiche digitali: Ferrol in età moderna (The study of urban conflict through digital Humanities: Ferrol during the Early Modern Age)

Raquel Martínez Peñín, Georeferenziazione dei diversi spazi occupati dal quartiere ebraico medievale della città di León (Georeferencing of the different spaces occupied by the medieval Jewish quarter of the city of León)

Michele Nani, Ferrara1881. Un progetto-pilota per un Atlante storico della città fra ricerca, didattica e archivi (Ferrara1881. A pilot project for a urban-historical WebGis between research, teaching and archives)

Angela Parisi, Digital humanities e GIS per il recupero dei valori territoriali: il caso studio della rete delle strutture fortificate della Sicilia centrale (Digital humanities and GIS for the recovery of territorial values: the case study of the network of fortified structures in central Sicily)

María José Pérez Álvarez, Conflitto sociale e povertà a Zamora nel Settecento. (Social conflict and poverty in Zamora in the eighteenth century.)

Anxo Rodríguez Lemos, Ofelia Rey Castelao, Vocabolario della resistenza sociale nella monarchia ispanica dal XVII al XIX secolo (Vocabulary of social resistance in the Hispanic monarchy from the 17th to the 19th centuries)

Laureano M. Rubio Pérez, Emarginazione sociale e assistenza nella città di León nell’età moderna (Social marginalization and assistance in the city of León in the Early Modern Age)

Margarita Torremocha Hernández, Giustizia, cause penali e donne nell’età moderna. Violenza e conflitto nell’area urbana castigliana (Justice, criminal lawsuits and women in the Modern Age. Violence and conflict in the Castilian urban area)

Alex Valledor Arostegui, Verso una banca dati sistemica: maestri, capitani ed ammiragli nelle villaggi e città atlantiche nei secoli XVI e XVII (Towards a systemic database: masters, captains and admirals in Atlantic towns and cities in the 16th and 17th centuries)

5.03 Studi di storia urbana dell’Europa occidentale vs quelli dell’Europa orientale: fine di una storiografia a senso unico

Coordinatori: Massimo Visone (Università degli Studi di Napoli Federico II), Anda-Lucia Spânu (The Institute of Social Sciences and Humanities from Sibiu)

La sessione vuole essere una tavola rotonda per studiosi alla ricerca di un approccio alla ricerca utile a far emergere nuove voci/narrazioni che mettano in crisi un modo di pensare alla storia urbana europea. È un appello a quanti sono coinvolti in progetti di ricerca o gruppi di lavoro in cui l’unione di culture distinte è alla base della messa in discussione di punti di vista consolidati, come sperimentino metodologie di ricerca condivise e scambi di fonti storiche per creare nuovi discorsi, consapevoli, accettabili e utili a entrambe le parti per superare differenze di opinione.

Marianna Charitonidou, Strati temporali sovrapposti e storie architettoniche e urbane non Zeitgeist: su come sfidare l’eurocentrismo (Overlapping Temporal Layers and Non-Zeitgeist Architectural and Urban Histories: On How to Challenge Eurocentrism)

Anda-Lucia Spânu, La storiografia Rumena sulle immagini storiche di paesi e città e quella dell’Europa Occidentale: studio comparato (Romanian historiography regarding historical images of towns and cities and the Western European one: comparative study)

Massimo Visone, Le grandi teorie sono messe in crisi? (Are the great theories being undermined?)

5.04 Strategia di adattamento urbano contro le previsioni

Coordinatori: Fanjasoa Louisette Rasoloniaina (Université de Paris)

Dagli anni 2000, ricercatori quali Neil Brenner lavorano sulla teoria dell’urbanizzazione planetaria, mentre la Cina la sta già attuando con le sue nuove vie della seta. Anche se alcuni vedono questa dimanica come lo sviluppo di un nuovo impero, si tratta del fraintendimento di una strategia sistemica.
L’adattamento delle politiche spaziali si gioca su una scala molto grande, come quella delle megaregioni, dove le unità urbane che contano sono le megalopoli. In quelle del Nord America possiamo vedere una zonizzazione sistematica dall’ambiente urbano alle riserve naturali. Questo transetto ci riporta alla sezione di valle di Geddes, che implica che gli insediamenti e le attività umane seguono il bioma; tali figure urbane sono stati di evoluzione. Da questo punto di vista, il territorio è un organismo vivente che si evolve e che può anche morire. Le megalopoli possono essere viste come un fenomeno di metropolizzazione ipertelica. In natura, questa ipertelia è un fenomeno che sfida la logica della selezione naturale; il mostruoso fa parte della “natura”.
La pianificazione cinese dell’uso del suolo sembra essere un modello più drastico di opposizione urbano-industriale contro rurale-agricolo, su una scala molto grande, e richiede più attenzione. Il Delta del Fiume delle Perle è un trompe l’oeil: la Cina sta costruendo quello che sembra un ossimoro. Un iper-rurale-urbano: un modello frattale dal rurale all’urbano transcalare. Siamo di fronte a una reinvenzione sistemica! Questo è stato reso possibile dalla struttura amministrativa dell’economia: dallo stato centrale, il potere viene trasferito alle regioni che competono in progetti di economia circolare, in modo che siano poi le autorità locali e gli enti privati a guidare l’innovazione. La Cina è nel processo di transizione verso un’economia verde. Uno dei risultati iconici di questa storia di successo è l’isola Chong Ming, nel mezzo del delta del fiume Yangtze, di fronte a Shanghai, dove si riuniscono gli uccelli migratori di tutto il mondo, comprese alcune specie in pericolo.
Questo panel esamina tutti i paesaggi urbani ossimorici che (1) sfidano le concettualizzazioni del divario urbano-rurale; città e territori che si sono adattati, contro ogni anomalia, attraverso una trasformazione radicale; l’emergere di macroregioni in diverse parti del mondo dove convergono o si scontrano diversi ecosistemi economici, sociali, architettonici, politici e statali; (2) impongono una nuova teoria e ontologia urbana basata sull’adattamento sistemico; e (3) implicano una nuova cornice concettuale e metodologia.

Ekizoglu Esin, A new informational design that reaches the audience for whom it is intended, ,

Fanjasoa Louisette Rasoloniaina, Dopo la Primavera silenziosa: dalle megalopoli a Chong Ming o l’isola dove cantano gli uccelli (After the Silent Spring: from the megacities to Chong Ming or the island where the birds sing)

Marco Trisciuoglio, Dong Yinan, Dalla rigenerazione urbana alle comunità “transizionali”. Racconti e prospettive dalla Città di Nanchino (From Urban Regeneration to Transitional Communities. Tales and Perspectives from the City of Nanjing)

5.05 Smantellare il canone attraverso incontri multidisciplinari: il caso delle delegazioni diplomatiche in cittá

Coordinatori: Angela Gigliotti (Arkitektskolen Aarhus, Denmark and ETH Zürich), Fabio Gigone (Royal Danish Academy and Copenhagen University)

Questa sessione si occupa di architettura diplomatica (XV-XX sec.) alla luce di una necessaria revisione inclusiva della storiografia urbana. Si prediligeranno quelle fonti finora oscurate da una narrativa eroica e propagandistica legata a un’autorialità dominante (e.g. progettisti locali, collaboratori, segretari, funzionari, burocrati, lavoratori dei cantieri, costruttori, sviluppatori, stakeholders, artisti, ambasciatori), metodi di ricerca multidisciplinare e basati sull’elaborazione di archivi digitali.

Marco Felicioni, Invisible connections: reconstructing Venetian architect Giorgio Massari’s network (1687 – 1766). (Una rete invisibile di relazioni: il caso dell’architetto veneziano Giorgio Massari (1687-1766))

Angela Gigliotti, L’ Accademia di Danimarca a Roma: Rubino, Parducci, Giannoli e gli altri. (Det Danske Institut i Rom: Rubino, Parducci, Giannoli and the others.)

Fabio Gigone, Dono, Amore, ed Autorità: un percorso attraverso le pitture, l’architettura, e la diplomazia nella Versailles di Luigi XIV (Gift, Love, and Authority: a detour among paintings, architecture, and diplomacy in Versailles under Louis XIV)

Fatma Serra Inan, Spaces of Diplomacy in Sixteenth-Century Istanbul

Monica Prencipe, Chiara Monterumisi, VENTI DI CAMBIAMENTI E SCAMBI CULTURALI: una comparazione tra l’Istituto Svedese a Roma (1938-1940) e l’Istituto Italiano a Stoccolma (1952-1958) (WINDS OF CULTURAL (EX)CHANGES: A comparative overview of the Swedish Institute in Rome (1938-1940) and the Italian Institute in Stockholm (1952–1958))

Charlotte Rottiers, The Belgian Consulate-General in Seoul (1903-1907): materiality, contested authorship and hidden networks of actors

5.06 Dopo il piano: eredità del moderno e pratiche di decolonizzazione nel Global South

Coordinatori: Ines Tolic (Università di Bologna), Filippo De Dominicis (Università de L’Aquila)

AISU Panel

La conferenza di Bandung (1955) rappresentò un evento chiave per molti stati indipendenti che per la prima volta si affacciavano sulla scena globale in cerca di legittimazione. Finanziariamente instabili e tecnicamente impreparati, furono immediatamente etichettati come “sottosviluppati” per marcare la distanza che li separava dagli standard dell’occidente industrializzato.
Nei decenni successivi, “la cultura tecnica occidentale” – per usare le parole di Ernesto Nathan Rogers – diventò “una fatalità alla quale nessuna nazione poteva sottrarsi e tutti per evolvere erano costretti ad appropriarsi in una certa misura di essa”. Assistenza tecnica, programmi abitativi, sviluppo economico erano solo alcune delle promesse che i blocchi occidentale e orientale offrivano e che si sarebbero concretizzate nella produzione di insediamenti e città, ma anche in nuove forme di egemonia e controllo. Infatti, Anthony King notò come fosse “impossibile dissociare la nozione di pianificazione, a un primo livello, da una serie di argomenti correlati quali lo stile architettonico, la salute, la forma della casa, la legislazione, le tecniche di costruzione e queste, a un altro livello, dal complessivo sistema culturale, economico, politico e sociale del quale fanno parte. La costruzione di spazi “moderni” e “pianificati” nati dalle definizioni “occidentali” (e capitaliste) del concetto di civilizzazione, […] hanno ovviamente modificato molto di più che il solo ambiente fisico”.
Ponendo al centro le operazioni di planning sviluppate nel secondo dopoguerra nel Global South, attraverso metodologie di indagine proprie della storia urbana e del progetto, la sessione invita a riflettere sui processi di adattamento iniziati dopo la stesura e l’adozione dei piani con l’obiettivo di portare alla luce dinamiche e voci non ancora rivelate, e ricomporre così i duri processi di negoziazione fra ambizioni globali e bisogni locali. Approfondendo la condizione “post-coloniale” degli stati che hanno ottenuto l’indipendenza nella seconda metà del XX secolo, la sessione si propone di includere i processi di decolonizzazione all’interno della disciplina urbana e della sua storiografia. A questo scopo, studiosi e ricercatori dovrebbero ragionare sul modo in cui la modernizzazione è stata adattata e contestata dalle comunità locali per comprendere la vita delle città “dopo il piano”.

Harrison Blackman, The Lagos Handbook and Harvard Project on the City’s narrativization of postcolonial practices in Nigeria

Manlio Michieletto, Alexis Tshiunza, Da Kinshasa a Leopoldville: un città in (de)costruzione (From Kinshasa to Leopoldville: a city under (de) construction)

Mojca Mojca Smode Cvitanovic, Melita Cavlovic, Anonymous generation of technical assistance – Yugoslav architects in Cape Verde and Guinea-Bissau (1975-1982)

Loris Luigi Perillo, Il Concorso PREVI: un esperimento tra pianificazione urbana e auto-costruzione (PREVI Competition: an experiment between urban planning and self-construction)

5.07 “Tra donne sole”. L’incedere paziente delle donne nelle storie di cose, di case e di città

Coordinatori: Francesca Castanò (Università della Campania Luigi Vanvitelli), Chiara Ingrosso (Università degli Studi della Campania), Anna Gallo

La necessaria riscrittura della storiografia canonica passa oggi per la scoperta di nuove prospettive, di cui, insieme a quella postcoloniale, di razza, ambientale, quella di genere sembra assumere una nuova, fondamentale centralità. Riscoprire archivi, rintracciare opere, architetture e progetti di donne, contribuisce in molti casi a riconfigurare le chiavi interpretative tradizionali. In questa sessione, dal titolo ispirato a una celebre opera di Cesare Pavese, si vogliono intercettare le storie al femminile esemplari di una rivoluzione culturale invisibile e tenace, le cui imprese rimangono significative e durature. Accanto ai racconti dei conflitti vissuti da intere generazioni, in molti casi le donne assurgono infatti a protagoniste involontarie delle conquiste della contemporaneità. Ricordate solo come figlie, muse, madri, amanti, mogli sono state al pari e più dei loro stessi uomini, progettiste, custodi e ordinatrici di memorie, lavoratrici instancabili e interpreti coraggiose di secoli travagliati, femministe consapevoli. Obiettivo della sessione è quello di rendere evidente il legame tra i diversi livelli della progettazione, dalla città al cucchiaio, chiarendo come l’essere donna qualifichi tali apporti. Nella misura in cui si riconosce alle donne la loro capacità di adattamento ai modi espressivi e alle strutture dei differenti linguaggi artistici alle diverse scale, esse diventano protagoniste di un lavoro di ricerca transdisciplinare, in cui la pluralità di sguardi e la proliferazione di prospettive di analisi sono in grado di introdurre nuovi scenari interpretativi, sulle cose, sulle case e sulle città. La sessione è aperta a tutti i contributi che vorranno approfondire questi temi, soprattutto riferiti alle progettiste del Novecento e alle loro opere, ma anche alle donne che contemporaneamente si sono occupate di critica e cultura dell’architettura, del design e dell’urbanistica e della loro diffusione teorica. Saranno benvenuti i casi-studio nazionali ed internazionali che offriranno letture inedite, approfondendo storie trascurate dalle narrazioni tradizionali e dalle rappresentazioni canoniche, che esprimano contributi “differenti” e per questo unici e innovativi.

Elisa Boeri, Francesca Giudetti , 1972: “Milano è de scegliere insieme”. Gae Aulenti, l’effimero domestico e la città che entra in scena. (1972: “Milan must be chosen together”. Gae Aulenti, the domestic ephemeral and the city entering the stage.)

Alessandro Brandino, Antonietta Iolanda Lima architettura come intreccio di saperi e azioni (Antonietta Iolanda Lima architecture as an intertwining of knowledge and actions)

Francesco Caiazzo, Raccontare un’altra città. Le memorie delle donne di Taranto in una prospettiva di storia orale. (Telling another city. The memories of the women of Taranto in an oral history perspective.)

Valeria Casali, Elena Dellapiana, Angry women with big mouths, e altro ancora (Angry women with big mouths, and much more)

Francesca Castanò, Anna Gallo, Il Palazzo Muti-Bussi di Roma, Gae Aulenti alla prova della Storia (The Palazzo Muti-Bussi in Rome, Gae Aulenti at the trial of History)

Federica Ciarcia’, Emilia Garda, Architettura, editoria e design fra Italia e America Latina nel secondo novecento. Il contributo paziente di tre donne. (Architecture, publishing and design between Italy and Latin America in the second half of the XXs. The patient contribution of three women.)

Felicia Di Girolamo, Mary Edith Durham e i disegni delle città albanesi del XX secolo (Mary Edith Durham and the drawings of the Albanian cities of the twentieth century)

Anna Franzese, Le sorelle Stingo: custodi ed eredi dell’antica manifattura ceramica Stingo di Napoli (Stingo sisters: custodians and heirs of the ancient stingo ceramic manufacture in Naples)

Ester Germani, Artista, committente, progettista di giardini: Herta Wedekind, voce narrante di Villa Ottolenghi ad Acqui Terme tra primo Novecento e contemporaneità (Artist, client, garden designer: Herta Wedekind, narrator of Villa Ottolenghi in Acqui Terme between the early twentieth century and contemporaneity)

Matteo Iannello, Anna Castelli Ferrieri. L’etica del progetto (Anna Castelli Ferrieri. The ethics of the project)

Chiara Ingrosso, Stefania Filo Speziale, prima architetta napoletana (Stefania Filo Speziale, first Neapolitan architect)

Matilde Martellini, “Viva l’arte viva”. Nuovi scenari di drammaturgia museale al femminile. (“Viva l’arte viva”. New scenarios of museum dramaturgy by women.)

Claudia Mattogno, Diventare visibili e tessere reti. Nuove narrazioni per costruire memorie e valorizzare le presenze femminili nella progettazione urbana (Becoming visible and weaving networks. New narratives to build memories and enhance female presences in urban design)

Maria Serena Pirisino, Valentina Pintus, Paesaggi domestici al femminile. Dimensioni, forme e identità dell’abitare (Feminine domestic landscape. Dimensions, shapes and identity of living)

Monica Prencipe, “Pioniere dello Spirito”. Architette a Roma durante gli anni del Fascismo. (“Female pioneers of the Spirit”. Women architects in Rome during the Fascist period.)

Arianna Scaioli, Emancipare le donne attraverso l’architettura: l’approccio umanistico di Yasmeen Lari (Empowering Women through Architecture: The Humanistic Approach of Yasmeen Lari)

Marco Trisciuoglio, Federico Madaro, Tra architettura e letteratura. Lin Huiyin e la città cinese degli anni Trenta (Between Architecture and Literature. Lin Huiyin and the Chinese City of the Thirties)

Maria Grazia Turco, Tra città e architettura: Roma nella prima metà del Novecento. Il ruolo delle donne (Between city and architecture: Rome in the first half of the twentieth century. The role of women)

Macrosessione 6.  Interazioni tra umanità e ambiente nella longue durée
6.01 E-culture: formati pandemici e oltre. Digitale e patrimonio culturale in questione

Coordinatori: Rosa Tamborrino (Politecnico di Torino), Silvia Chiusano (Politecnico di Torino), Marie Paule Jungblut (University of Luxemburg)

AISU Panel

Durante la pandemia, la cultura si è dimostrata un elemento straordinario di resilienza. Ne hanno tratto evidenza la sua necessità sociale e le potenzialità di formati e strumenti digitali come concreto supporto delle istituzioni culturali e della vita sociale e culturale. L’Italia, primo paese a entrare in lockdown, a chiudere le istituzioni culturali e a limitare l’uso degli spazi aperti, ha anche sperimentato come la lente pandemica ha reso visibile le proprietà adattive del cultural and natural heritage. Ne sono derivati formati innovativi e piattaforme su base web per produrre, condividere e fruire della cultura e dell’heritage. Questa innovazione ha accomunato altri paesi, da quelli (come l’Italia) che hanno scontato un ritardo nella digitalizzazione del patrimonio ma che hanno risposto con un’incredibile accelerazione, a quelli in cui la digitalizzazione e i formati digitali erano più avanzati.
Lo scenario della cultura digitale è un ecosistema basato su una mescolanza di competenze diverse che comprendono le humanities, le scienze sociali e l’area delle ICT. Lo sviluppo di questo ambito integrato è un’importante sfida della ricerca attuale; ma la coesistenza e sinergia di tali diverse competenze in forma integrata necessita di una messa a punto di linguaggi, strumenti e obiettivi comuni.
La sessione intende riproporre tale articolazione di competenze costruendo un’occasione multidisciplinare per discutere di tali temi attraverso possibili approfondimenti.
Alcune questioni articolano la riflessione su cui vogliamo portare la discussione e i casi studio:

  • In che modo la e-culture ha funzionato nei diversi paesi durante la pandemia?
  • Come integrare l’esperienza digitale e quella diretta in forme virtuose e sostenibili?
  • Come i formati possono tener conto di riposizionamenti della ricerca sulle città e di una visione che consideri aspetti di genere, etnia, multiculturalità?
  • Come sfruttare la e-culture (anche in formati ludici) per temi sociali e formativi?

All’interno dello scenario delineato, invitiamo contributi originali di ricerca che indirizzano uno o più tra i seguenti argomenti (la lista non è esaustiva): identificazione e valutazione critica di possibili fonti di dati, modellazione di data lake per la raccolta dei dati, costruzione di narrative per la condivisione delle informazioni raccolte con diversi utenti target, architetture IT per lo sviluppo del sistema. Contributi su prototipi preliminari o completamente stabiliti sono più che benvenuti.

Farzaneh Aliakbari, Il cyberspazio distribuisce la cultura: esperienze dall’Iran durante la crisi del COVID-19 (Cyberspace serves Culture: Experiences from Iran during the COVID-19 crisis)

Marianna Charitonidou, Verso un approccio civico ai dati urbani: i miti dell’universalismo digitale (Towards a civic approach to urban data: The myths of digital universalism)

Marie-Paule Jungblut, Migrants’ chronicles 1892. An educational digital game between veracity and playability (Migrants’ chronicles 1892 An educational digital game between veracity and playability)

Tillmanns Katharina, Mixed-Reality Learning On-Site With A Body-Based Design Approach, ,

Helene Mallinson, “How To Make A Museum”: The Western Sudan Community Museum Project (2018 – 22)

Anna Osello, Matteo Del Giudice, Francesca Ugliotti, Digital Twin per E-culture: input e output di dati con HBIM, VAR e interoperabilità (Digital Twin for E-culture: data input and output working with HBIM, VAR and interoperability)

Rosa Tamborrino, Atlanti digitali per il patrimonio culturale. L’Atlante della resilienza culturale italiana. (Digital Atlas for heritage mapping. The Digital Atlas of Itallian resilience.)

6.02 Domande aperte sui processi collaborativi di costruzione dell’heritage

Coordinatori: Daniela Ciaffi (Politecnico di Torino), Rosa Tamborrino (Politecnico di Torino)

AISU Panel

Nel tempo del confinamento e del distanziamento fisico per la pandemia Covid19, intere comunità si sono adattate a nuovi stili di vita. La grande vitalità culturale, grazie anche al lavoro rilevante svolto da associazioni e terzo settore, ha palesato un grande cambiamento in atto nel mondo della cultura e dell’heritage che, di fatto, va oltre le istituzioni deputate e i modi consueti.
Più in generale, tali avvenimenti hanno portato in evidenza un tipo di partecipazione interessata alla discussione sulle modalità di costruzione della memoria collettiva in forme plurali e inclusive, nonché a nuove forme di progettualità nel mondo del Cultural e Natural Heritage aperte a persone esperte e non esperte.
Un ulteriore ambito di riflessione crossdisciplinare riguarda la relazione tra il livello nazionale e quello locale. La “heritigization” di matrice ottocentesca ha accompagnato i processi di costruzione delle nazioni e contribuito alla loro legittimazione. Oggi processi innovativi di costruzione dell’heritage sono sperimentati a livello locale ma il raccordo con le politiche statali resta problematico.
Alcuni musei della città e progetti di ricerca hanno avviato progetti di crowdsourcing e di co-produzione. Parallelamente alcune amministrazioni pubbliche locali d’avanguardia stipulano alleanze inedite per la cura del patrimonio. Ad esempio, i responsabili comunali stipulano “patti di collaborazione” con le Soprintendenze insieme a gruppi informali di volontari, ad associazioni e a singoli cittadini attivi. Il mondo accademico comincia a confrontarsi con tali nuove sfide.
Che tipo di impatto le forme di partecipazione hanno dimostrato/potrebbero avere nella costruzione dell’heritage? Come cambia il ruolo della conoscenza scientifica dimostrato/atteso rispetto a tali processi? Che tipo di modificazioni comporta/potrebbe comportare rispetto alle forme consuete del ‘fare storia’? Come integrare approcci partecipativi, pratiche di crowdsourcing, e storia orale per delineare nuovi significati del patrimonio culturale e naturale delle città? In che modo una prospettiva di “longue durée” può incontrare forme di memoria così ravvicinata? Come cambia la visione della gestione “top-down” dell’heritage nella prospettiva della cura condivisa dei beni comuni? La sessione invita a presentare temi e casi studio che consentano una discussione ampia e ricca di riflessioni con diverse accentuazioni disciplinari in una prospettiva comparativa europea e internazionale.

Gianluigi De Martino, Viviana Saitto, Quale Patrimonio per l’Allestimento. Quale Allestimento per il Patrimonio. (What Heritage for Exhibit What Exhibit for Heritage)

Irene Ruiz Bazán, Modelli di gestione del patrimonio rurale singolare. Una sfida aperta. (Models of Management for Singular Rural Heritage. An open challenge.)

Marianna Sanasi, Dalle radici della teoria dei beni comuni all’applicazione al patrimonio culturale (From the beginning of the theory of common goods to application in cultural heritage)

6.03 Il paesaggio montano tra contemplazione eremitica, attrazione estetica e conquista sportiva: percezioni e trasformazioni delle cattedrali della terra

Coordinatori: Carla Bartolomucci (Università degli studi dell’Aquila)

La visione delle montagne è profondamente cambiata nei secoli, trasformandosi da territori orridi e inaccessibili a spazi di contemplazione eremitica o di attrazione estetica (si pensi alle tappe alpine dei viaggiatori del Grand Tour per ammirare i ghiacciai), a luoghi di esplorazione e ricerca scientifica (si vedano le ascensioni di umanisti e scienziati ben prima della nascita dell’alpinismo), fino a divenire oggetto di sfida agonistica e di sfruttamento turistico.
Luoghi di frontiera e di attraversamento, le montagne hanno costituito per secoli vie di comunicazione e scambio di culture; divenute teatro di guerra nel secolo scorso, sono state poi trasformate in luoghi di produzione industriale (con rilevanti modifiche causate dall’industria idroelettrica) oltre che playground di conquista sportiva e attività ricreative. Oggi, ancor più a seguito della pandemia, le aree montane fungono da scenario periurbano come spazio di benessere e di montagnaterapia, ma sono sempre più evidenti gli effetti di fruizioni incompatibili e degradanti.
Le diverse modalità di percezione e uso hanno provocato notevoli mutamenti nel paesaggio alpino e appenninico (stravolgimento degli abitati, nuovi insediamenti, costruzione di strade, impianti di salita, bivacchi e rifugi in alta quota) senza che la riflessione sui significati storico-culturali, quindi sul valore monumentale di tali luoghi – non a caso definiti già nell’Ottocento “Palazzi della Natura” (Lord Byron) e “Cattedrali della Terra” (John Ruskin) – risulti tutt’oggi pienamente condivisa.
La sessione intende stimolare un confronto transdisciplinare nell’ottica della salvaguardia delle montagne come patrimonio a rilevante rischio antropico, evidenziandone le vicende storiche e i molteplici significati culturali che tali luoghi rappresentano. Appare sempre più urgente la necessità di tutelare il territorio montano integrando i diversi approcci (geografico, ambientale, paesaggistico, storico, urbanistico, socio-economico, ecologico) in una visione comune che vada oltre i singoli specialismi e consideri il patrimonio montano come insieme monumentale in cui l’impatto del turismo può produrre trasformazioni irreversibili. È opportuno considerare anche gli esiti discordanti (talora poco compatibili) del riconoscimento di alcuni siti nel patrimonio mondiale UNESCO, confrontando esperienze e approcci diversi di tutela del paesaggio.

Giulia Beltramo, Tra architettura e memoria. Progettualità per la conservazione del paesaggio culturale in bassa valle Po e in valle Infernotto (Between architecture and memory. Planning for the conservation of the cultural landscape in the lower Po and Infernotto valleys)

Giulia Bergamo, Dall’archetipo della montagna ad una nuova percezione collettiva: il paesaggio della Val Maira, trasformazioni di un’area di confine (From the archetype of the mountain to a new collective perception: the landscape of Val Maira, transformations of a boundary area)

Filiberto Ciaglia, Percezione e scoperta di due catene montuose dell’Appennino abruzzese. Verso una storia delle esplorazioni del Velino e del Sirente tra ‘700 e ‘900 (Perception and discovery of two Apennine mountain ranges. Toward an history of explorations of Velino and Sirente between the 18th and 20th centuries)

Filippo De Dominicis, Stazioni, postazioni, avamposti. Infrastrutture leggere di media e alta montagna (Stations, placements, outposts: Light infrastructures for medium and high altitudes.)

Caterina Franco, Per una storia ambientale delle stazioni sciistiche d’alta quota, nelle Alpi Occidentali. (For an environmental history of high altitude ski resorts in the Western Alps.)

Alessia Placidi, Carla Bartolomucci, Rovine, fortificazioni, montagne. La conservazione del paesaggio fra abbandono e sviluppo (Ruins, fortifications, mountains. Landscape conservation between abandonment and development)

Nicolò Rivero, Il paesaggio fortificato dell’alta Val Maira: sistemi difensivi tra XIX e XX secolo in uno spazio di confine (The fortified landscape of the upper Maira valley: defensive systems between the 19th and the 20th century in a border area)

Gerardo Semprebon, Alisia Tognon, Mauro Marinelli, Upwards! Restanza e futuri per i territori alpini d’alta quota (Upwards! Resettlement and future for high alpine territories)

Davide Sigurtà, La viabilità militare nella Grande Guerra in provincia di Brescia: infrastruttura per la valorizzazione della montagna (The military roads in the Great War in the province of Brescia: infrastructure for the enhancement of the mountain)

6.04 Matrice del progetto: TRANS-lazione delle esperienze di psicogeografia immersiva degli utenti su una piattaforma virtuale interattiva ludicizzata come servizio per l’internet delle cose [PAAS per IOT]

Coordinatori: Christine Wacta (Ohio University), Louisette Rasoloniaina (Université de Paris), Esin Ekizoğlu (Ecole d’Architecture Paris Val de Seine)

La sessione si concentra sul GeoEmotionsMapping per rivelare le interdipendenze tra utenti e spazio e costruire un Inf-HUB del comportamento dell’utente per supportare l’approccio urbano terapeutico, allo scopo di: Semplificare la vita umana liberando tempo per più attività di svago, fornire un’esperienza aumentata superiore in uno stile di vita sempre più esigente con ambienti digitali associati sempre più complessis. Riregistrare gli utenti in simbiosi organica non controllata con l’ambiente Porre la domanda su “cosa significa veramente essere umani in un ambiente post-Covid?”

Matthew Dudzik, Data-Driven Approaches to Cultural Design in Architecture

Esin Ekizoglu, Mobile territories as a new layer of unexplored emotions through the experiences of users of public space

Mortamais Elizabeth, IN-visible cities

Fanjasoa Louisette Rasoloniaina, The setting of a symbiotic and digital ecosystem merging Embodied Computing with urban and territorial conception and ideation

Christine Wacta, Crowdsensing, Crowdsourcing, a community participatory initiative for advanced urban analytics.

6.05 Paesaggi produttivi in trasformazione. Verso una interpretazione patrimoniale delle transizioni energetiche nella storia industriale e postindustriale

Coordinatori: Oana Cristina Tiganea (Politecnico di Milano), Francesca Vigotti (Politecnico di Milano)

A partire dal XIX secolo i processi produttivi, siano essi legati all’industria o alle attività rurali, hanno profondamente modificato l’assetto dei territori. Nel XX secolo si assiste a un passaggio di scala nella gestione delle risorse: dal contesto regionale a quello nazionale e continentale, sino al livello globale contemporaneo. In questo scenario, le risorse sono intese non solo come materie prime, la cui estrazione ha portato a un diretto impatto ambientale sui territori, ma anche come capitali umani e immateriali: l’insieme di persone e conoscenze che hanno strutturato nel tempo gli aspetti economici, politici e socioculturali delle comunità. Rispetto a questo progressivo cambiamento di scala risultano di interesse le trasformazioni territoriali legate alle transizioni energetiche avviate dall’inizio del Novecento.
Nel XX secolo hanno progressivamente preso avvio studi interdisciplinari per comprendere in che modo si potrebbero interpretare e tutelare le testimonianze delle attività legate alla produzione. Questi studi, conseguenza della coesistenza sullo stesso territorio dei processi di industrializzazione e deindustrializzazione, hanno contribuito alla definizione di un processo selettivo del riconoscimento patrimoniale dell’eredità della produzione. Se il linguaggio standardizzato dell’industria facilita la lettura e l’interpretazione delle sue tracce materiali a livello globale, la specificità locale (socioculturale, economica, politica) influisce direttamente sulla percezione patrimoniale e sui processi di conservazione.
Considerando le recenti linee guida della Commissione Europea riguardo alla transizione energetica, la sessione propone di indagare da un punto di vista multidisciplinare le modalità di interpretazione dei processi di produzione in una prospettiva patrimoniale, attraverso contributi teorici e la presentazione di casi studio che rispondano alle seguenti domande di ricerca:
A quale scala territoriale si arrestano l’approccio patrimoniale e i processi di conservazione? Cosa viene considerato e valutato come patrimonio (industriale) attualmente?
A livello teorico, come la lettura di “brevissima durata” alla scala territoriale dei fenomeni più recenti può influenzare i processi di patrimonializzazione?
Quale potrebbe essere l’interpretazione, la gestione e l’accettazione degli scarti della produzione industriale come componenti del paesaggio?

Manuela Mattone, PATRIMONIALIZZARE I PAESAGGI PRODUTTIVI: il caso del paesaggio dell’idroelettricità (CAPITALISING PRODUCTIVE LANDSCAPES: the case of the hydroelectricity landscape)

Valentina Pintus, Paesaggio della produzione in Sardegna tra conoscenza, conservazione e riuso (Sardinian production landscape: knowledge, conservation and reuse)

Awilda Rodriguez Carrion, Imperiled industrial patrimony: Re-envisioning a Puerto Rico’s sugar mill through dreamscapes and future mixed reality scenarios., ,

Nino Sulfaro, La percezione pubblica del patrimonio industriale. Alcune riflessioni su industrializzazione e processi sociali in Calabria (XVII-XX sec.) (Public perception of Industrial Heritage. Some notes on industrialization and social processes in Calabria (Italy) (18th-20th Century))

Oana Cristina Tiganea, Francesca Vigotti, Le conseguenze della produzione di energia nucleare: lasciti “tossici” ed eredità culturali a Stei, Romania (In the Aftermath of Nuclear Energy Production: Inherited ‘Toxic’ and Cultural Legacies in Stei, Romania)

Elena Vigliocco, Riccardo Ronzani, Industria idroelettrica e fotovoltaica: due modelli a confronto (Hydroelectric and photovoltaic industry: two compared models)

6.06 Città, musei e storie. Metodiche inclusive e approcci interpretativi per i patrimoni museali nella contemporaneità

Coordinatori: Alessandro Castagnaro (Università degli Studi di Napoli Fedrico II), Bianca Gioia Marino (Università degli Studi di Napoli Fedrico II)

Con un’inedita visione della città storica, vista per la prima volta – e a livello globale – come qualcosa di distante e impraticabile a causa dell’evento pandemico, la percezione del valore della città/socialità come spazio vissuto e delle loro memorie inverate nel patrimonio storico rappresenta un significativo dato della nostra contemporaneità. All’esigenza di condivisione e di riconoscimento di tale valore le strutture museali hanno risposto con la diffusione del patrimonio da esse custodito in continuità con l’idea del museo come struttura aperta e come centro propulsore di cultura, così come la recente normativa prescrive. Negli ultimi anni tali strutture hanno promosso la loro programmazione articolandone e innovandone contenuti e tipologia comunicativa, grazie anche agli strumenti consentiti dallo sviluppo di nuove tecnologie digitali. Nello stesso tempo il museo è diventato un punto centrale per la vita sociale e culturale della città ponendosi come polo urbano cui far convergere attività culturali e di ricerca, andando dunque oltre lo status di contenitore di collezioni. In tal senso, come effetto congiunto, è emersa l’idea della funzione di rete di tale tipo di istituzione in una visione di relazione tra musei rappresentativa di una immagine culturale della città e della sua storia. La sessione incoraggia dunque la riflessione su tali temi e accoglie le ricerche e i contributi che si possono articolare nelle seguenti sotto tematiche: ruolo storico e ruolo attuale del museo nella città contemporanea (pre e post pandemia) sottolineando le trasformazioni che la presenza e l’azione del museo ha potuto o può innescare; la funzione di rete che il museo può rivestire in un’ottica interattiva e di co-produzione culturale tra rischi (turismo di massa, fenomeni immobiliari, ecc.) e potenzialità (coinvolgimento della comunità, funzione educativa, sviluppo della ricerca, consapevolezza culturale, etc.) nella trasformazione del contesto urbano; le nuove forme di comunicazione legate alla compagine storico sociale, all’incremento di nuove narrative, casi di conversione e restauri di edifici storici e di nuove architetture nel loro impatto nel contesto urbano; il dialogo tra ricerca scientifica e istituzione museale e le sue ricadute su approcci interpretativi e nuove metodiche inclusive per la gestione delle trasformazioni e degli interventi sui complessi museali.

Francesca Capano, Raffaele Amore, Il Museum Herculanense ieri, e oggi? Archeologia, architettura e paesaggio all’ombra del Vesuvio (The Museum Herculanense yesterday, and today? Archaeology, architecture and landscape in the shadow of Vesuvius)

Alessio Cardaci, Roberta Frigeni, Antonella Versaci , La digitalizzazione del patrimonio culturale: rilievo, conservazione e valorizzazione della collezione dei ‘lapidei’ del Museo delle storie di Bergamo (The digitization of Cultural Heritage: survey, conservation and enhancement of the ‘lapidei’ collection of the Museo delle storie di Bergamo)

Luisa Del Giudice, Mariangela Terracciano, I musei della civiltà contadina in Campania, tra storia e contemporaneità (The museums of rural life in Campania, between history and contemporaneity)

Caterina Di Felice, Il museo si apre alla città: riflessioni a partire da alcuni esempi recenti nel contesto italiano. (The museum outside the museum: insights from Italian case-studies for a new approach to urban context.)

Germano Germano’, Il museo e la città: il Museo Archeologico di Reggio Calabria tra storia e innovazione (The museum and the city: the Archaeological Museum of Reggio Calabria between history and innovation)

Iole Nocerino, Rossella Marena, Daniela Pagliarulo, Annamaria Ragosta, Il museo come struttura aperta: una ricerca in itinere per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (The museum as an open structure: a research in progress for the Museo Archeologico Nazionale of Naples)

Daniela Pagliarulo, Museo e ricerca: un’esperienza storica, un’esigenza attuale e il contributo di Carlo Ludovico Ragghianti. (Museum and research: a historical experience, a current requirement and the contribution of Carlo Ludovico Ragghianti.)

Marianna Pezzella, Inclusione e accessibilità museale: un sistema di valutazione basato sull’esperienza dei visitatori (Inclusion and accessibility: valuation system based on visitors experience)

Camilla Portesani, Joella Van Donkersgoed, Public History: la nuova Scienza Cittadina del passato. Un progetto partecipativo per dare nuova luce alla narrativa storica (Public History as the new Citizen Science of the Past, a participatory project to impact history production)

Roberta Ruggiero, La metropolitana di Napoli, esempio di museo a cielo aperto. Il caso delle stazioni “Duomo” e “Municipio” (The Naples metro, an example of an open-air museum. The case of the ‘Duomo’ and ‘Municipio’ stations)

Alberto Terminio, La valorizzazione del patrimonio museale nell’opera di Ezio De Felice (The enhancement of the museum heritage in the work of Ezio De Felice)

6.07 L’espressione de “la longue durée”, il cambiamento della Modellazione 3D nel tempo

Coordinatori: Willeke Wendrich (University of California Los Angeles, USA), Elaine Sullivan (University of California, Santa Cruz, USA)

AISU Panel

L’archeologia consente la ricostruzione o l’interpretazione dell’ambiente, dei paesaggi, dell’urbanizzazione e dell’architettura nella longue durée. Le conoscenze e le ricostruzioni di cambiamenti complessi nel tempo sono spesso pubblicate come narrazioni o risultati di ricerche quantitative. Le visualizzazioni – siano esse grafici, disegni o modelli 3D di realtà virtuale – hanno il vantaggio di poter essere utilizzate per rappresentare sia le narrazioni sia i numeri. Inoltre, hanno dimostrato di offrire qualcosa di più delle rappresentazioni della conoscenza, e di riuscire anche a suscitare nuove domande. Ciò che si è dimonstrato essere particolarmente efficace, sono le visualizzazioni che rappresentano i cambiamenti nel tempo. Se presentati attraverso un’immagine, questi cambiamenti vengono presentati come intervalli di tempo congelati, per esempio come “fasi costruttive”. Anche in una serie di immagini, per esempio in quelli che Edward Tufte chiama “piccoli multipli” (Tufte 2001, 170), o in modelli tridimensionali di Realtà Virtuale che rappresentano gli sviluppi nel tempo, il cambiamento è rappresentato come fasi particolari. Esistono, quindi, diversi modi per esprimere visivamente gli sviluppi a lungo termine, ma questi richiedono un’attenta considerazione di ciò che è considerato una “fase” e perché.

Per questa sessione diamo il benvenuto a presentazioni incentrate sulle seguenti questioni nella rappresentazione di paesaggi archeologici o storici:
• cambiamento ambientale e architettonico
• strategie per la visualizzazione di cambiamenti complessi nel tempo
• sfide nella rappresentazione della cronologia; compreso il ritmo/frequenza di cambiamento e come esprimere un cambiamento temporale incoerente
• luoghi come continui cantieri e luoghi di cambiamento
• visualizzazione di paesaggi abitati

Edward Tufte, 2001 The Visual Display of Quantitative Information, seconda edizione, Cheshire,Connecticut: Graphics Press

Daniele Amadio, Il rilievo integrato e la modellazione 3D per l’analisi dei danni causati da eventi atmosferici straordinari sui beni culturali. Il caso di Al-Baleed. (Integrated survey and 3D modeling for the analysis of damage caused by extraordinary atmospheric events on cultural heritage. The case of Al-Baleed.)

Nicola Lercari, Modellando il Neolitico: La Visualizzazione 3D Multi-temporale come Strumento di Analisi dei Processi di History Making a Çatalhöyük, Turchia (Modeling the Neolithic: 3D Multi-temporal Visualization as a Tool to Examine History Making at Çatalhöyük, Turkey)

Elaine Sullivan, Timing is Everything: Visualizing Change at the Ancient Egyptian Site of Saqqara in 3D, ,

Matei Tichindelean, Brandon Keith, Iman Nagy, Costruzione, distruzione e riconfigurazione del paesaggio rituale di Philae (Construction, Destruction, and Reconfiguration of the Ritual Landscape of Philae)

Willeke Wendrich, Egitto eterno contro il cambiamento continuo: partecipazione della comunità per per rinvigorire il passato (Eternal Egypt versus continual change: engaging the community to invigorate the past)

6.08 La città storica come modello di sviluppo urbano innovative

Coordinatori: Giovanni Leoni (Università di Bologna), Andrea Borsari (Università di Bologna), Speranza Falciano (Gran Sasso Science Institute)

La sessione intende affrontare un paradosso che riguarda la città storica italiana ed europea.
Da un lato la città storica soffre un momento di estrema difficoltà, per abbandono, per fenomeni patologici di iper-affolamento legati al turismo improvvisamente sovvertiti dalla pandemia, per processi di degrado sociale e fisico.
Contemporaneamente la città storica viene assunta come modello per un possibile sviluppo sostenibile della forma città (città creativa, città dei 15 minuti, recupero della socialità di comunità, ecc.).
Ma la messa in pratica di tali suggestioni richiede un cambio di prospettiva.
Oltre ai doverosi interventi di tutela del patrimonio storico d’eccellenza, occorre riconsiderare l’azione sociale, economica e politica sulla città storica tenendo in conto la sua qualità diffusa. Il patrimonio infra-ordinario non è meno rilevante del patrimonio di eccellenza se l’obiettivo è quello di una cura complessiva della città come bene comune.
Tale qualità diffusa richiede uno impegno specifico poiché consiste negli esisti sempre mutevoli della vita quotidiana dei cittadini. Serve poi anche uno sforzo costante per rendere le qualità urbane disponibili tanto al cittadino permanente quanto ai “cittadini temporanei”.
Sullo sfondo e come fondamento di tali azioni è richiesta la costruzione di un quadro concettuale e operativo condiviso tra ambiti di ricerca umanistica, scientifica e tecnologica.

La sessione raccoglie interventi che intendano focalizzarsi, anche e non solo, sui seguenti temi:
• la costruzione culturale della città storica e l’immaginario urbano come forme che configurano la percezione e fruizione degli spazi urbani; la rilevazione delle modalità di relazione dei corpi con la città
• il superamento del conflitto tra memoria e innovazione della città storica valorizzando la memoria come sfida e misura per la innovazione e le culture creative
• la assunzione della città storica come luogo di innovazione sociale
• la considerazione della città storica nella sua relazione fondativa con la costruzione della sfera pubblica e le politiche culturali
• la valorizzazione della città storica come un modello specifico di città circolare con particolare attenzione per un equilibrio tra politiche e pratiche europee da un lato e specificità locali dall’altro
• le tecnologie per il Cultural Heritage nell’equilibrio tra ricerca sull’eccellenza e scalabilità ai temi del patrimonio ordinario e alle applicazioni site specific.

Pierpaolo Ascari, La città dei corpi: architettura ostile, muri imbrattati e altre forme di vita (The city of bodies: unpleasant design, dirty walls and other forms of life)

Andrea Borsari, Città storica e new urban aesthetic (Historic City and new urban aesthetic)

Matteo Cassani Simonetti, Il risanamento conservativo della città storica come operazione sociale. Gli studi di Leonardo Benevolo per il centro di Bologna (The Conservative Restoration of the Historic City as a Social Operation. Leonardo Benevolo’s Studies for Bologna City Center)

Ilaria Cattabriga, La costruzione di un immaginario urbano attraverso processi partecipativi: il caso studio del Piano Cervellati per il Centro Storico di Bologna (The Construction of an Urban Imaginary through Participative Processes: the Case-study of the Cervellati Plan for the Historic Center of Bologna)

Enrico Chinellato, Enacting the City: Artistic Practices in Public Space as Forms of Memory Work, ,

Carolina Di Biase, Ritorno alle città d’arte italiane. Turisti e residenti, dopo la pandemia (Back to Italian Art Cities. Tourists and Residents, after the Pandemic)

Arshia Eghbali, La città degli studenti: forme dell’abitare a Bologna (The City of Students: Forms of Living and Dwelling in Bologna)

Giovanni Leoni, La Storia della Città come agente politico (The History of the City as a Political Agent)

Giulia Montanaro, Il patrimonio tecnologico intangibile della città storica come strumento per uno sviluppo di un futuro sostenibile (Building Technologies as Intangible Cultural Heritage: a Tool for Developing a Sustainable Future)

Zeno Mutton, Studenti e pratiche creative nelle città universitarie: caso studio sulle pratiche di sostenibilità ambientale svolte da studenti universitari (Students and creative practices in university cities: a case study on environmental sustainability initiatives carried out by university students)

Rosa Tamborrino, Innovare con il patrimonio urbano attraverso un approccio digitale (Innovating with urban heritage via digital approach)

6.10 Ambientare l’architettura: il disegno come strumento della memoria

Coordinatori: Martina Frank (Università Ca’ Foscari Venezia), Myriam Pilutti Namer (Università Ca’ Foscari Venezia)

Disegnare architetture ha svolto, e tuttora svolge, funzioni diverse e assume importanza in ambiti di interesse differenti. Costituisce, ad esempio, espressione creativa e di immediata utilità come sostegno, oltre che degli esseri umani in generale, dell’attività intellettuale e della capacità di osservazione dell’architetto; per l’archeologo è utile per ragionare e documentare siti e reperti, lì dove il viaggiatore se ne serve per i propri appunti, il fotografo per i propri reportage e l’artista per i propri studi. La sessione intende riflettere in prospettiva cross-disciplinare sul ruolo del disegno di architettura come strumento della memoria, e propone di concentrare l’attenzione su esempi dove il costruito dialoga con l’ambiente che lo circonda, sia esso paesaggio naturale o urbano, reale o immaginario. Questo tipo di disegno è difficilmente classificabile in una specifica categoria e, lontano dall’appartenere ai generi della veduta e del rilievo, si colloca in una dimensione che assegna al tempo e alla memoria – personale, sociale e storica -, ruoli determinanti, laddove il tempo dell’architettura non coincide sempre con quello del paesaggio. La sessione vuole approfondire la natura di questi disegni e analizzare il rapporto tra l’architettura e l’ambiente in un ampio arco cronologico che si estende dall’età moderna al contemporaneo e includendo nel disegno anche quello digitale. In particolare si intende ragionare sui presupposti e significati teorici e sulla funzione di questi disegni, concentrando l’attenzione sull’importanza che il disegno di architettura riveste nel definire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente e nel tramandare la memoria di paesaggi naturali o urbani, reali o immaginari, o interpretazioni e rielaborazioni creative di questi.

Cristina Cuneo, Gabriella Morabito, Antonia Spanò, Disegni di architettura e paesaggio per itinerari digitali: sulle tracce dei viaggi di Clemente Rovere (1807-1860) (Drawings of architecture and landscape for digital itineraries: the travels of Clemente Rovere (1807-1860))

Konrad Jennifer Jasmin, The principle of deconstructive drawing: a subversive medium for exposing architectural paradoxes, ,

Neelakantan Keshavan, Tracing Intervals: between Wallpapers and Chora L Works, ,

Matteo Pennisi, Laura La Rosa, Il Disegno della città di Catania di Bohob (Bohob’s Plan of the city of Catania)

Myriam Pilutti Namer, Gli Skizzen aus Pergamon di Christian Wilberg (1880) (Christian Wilberg’s Skizzen aus Pergamon (1880))

Federica Rossi, Memorie molteplici: Giacomo Quarenghi e la pratica del disegno (Multiple Memories: Giacomo Quarenghi and the Practice of Drawing)

Starlight Vattano, Giuseppe D’Acunto, I progetti per il ponte dell’Accademia di Venezia nella Biennale del 1985. Una ricostruzione digitale (The projects for the ponte dell’Accademia in Venice in the 1985 Biennale. A digital reconstruction)

6.11 Dall’indifferenza alla distruzione selettiva: approci equivoci alle aree storiche urbane nel periodo tra le due guerre

Coordinatori: Mesut Dinler (Politecnico di Torino)

Il periodo tra le due guerre ha favorito il manifestarsi di un approccio di grande consapevolezza nei confronti dei luoghi storici urbani. Gli studi recenti su questo periodo sembrano porre gli interventi di distruzione e/o di tutela delle città storiche su posizioni diametralmente opposte. Le azioni di salvaguardia avvenute in tale periodo, tuttavia, possono essere interpretate come operazioni di distruzione selettiva in tempo di pace considerando gli effetti che hanno avuto sull’identità collettiva nel processo di costruzione dell’identità nazionale.
Questa sessione, nel riconoscere la reciprocità del rapporto fra tutela e demolizione selettiva, esplora come i conflitti sociali emersi, siano stati controllati, e sfidati dagli interventi nelle città storiche, non necessariamente emersi durante periodi bellici, ma piuttosto da un contesto relativamente più pacifici. La sessione invita a presentare contributi su temi che riguardano, in modo non esclusivo, gli approcci equivoci agli spazi pubblici storici, dall’indifferenza alla distruzione selettiva, sorti durante il periodo fra le due guerre.

Özge Sezer, De-Historicization and Centralization: Examining Harput and Elazığ through the Lenses of Preservation Policies in Turkey during the Interwar Period, ,

Gunce Uzgoren, Da vigneti a ‘città grigia’: Tracciare un patrimonio frammentato attraverso le implementazioni sul Boulevard Atatürk di Ankara tra il 1923-50 (From Vineyards and Prairies to ‘Gray City’: Tracing a Fragmented Heritage through the Implementations on Ankara Atatürk Boulevard between 1923-50)

6.12 Città di antica fondazione in Europa. Genesi della forma urbis e dell’immagine storica del paesaggio urbano

Coordinatori: Alfredo Buccaro (Università di Napoli Federico II), Francesca Capano (Università di Napoli Federico II)

AISU Panel

La sessione intende porre all’attenzione degli studiosi il tema della città europea di antica fondazione e della sua vicenda evolutiva quale documento ‘di pietra’, palinsesto di tracce e memorie da analizzare attraverso fonti dirette o indirette per la ricostruzione della forma urbis, anche grazie alle nuove tecniche della grafica digitale.
In tempi recenti l’archeologia urbana si è andata affermando come ambito di studi dalle grandi potenzialità, evidenziando però nel contempo la necessità di un approccio interdisciplinare. Infatti la corretta lettura del disegno urbano, delle logiche ad esso sottese e del processo evolutivo di lunga durata che lo caratterizza può essere affrontata correttamente solo alla scala della città, a ciò concorrendo tutti i ‘frammenti’ della sua storia – materiali o immateriali, documentari, iconografici o descrittivi – indipendentemente dal loro valore di dettaglio, oltre che dalla forma del loro racconto.
La sessione vuole stimolare contributi volti all’analisi della città antica e delle sue trasformazioni attraverso l’esame di tutti gli elementi che hanno contribuito alla genesi della sua forma e dell’immagine storica del paesaggio urbano. Di quest’ultimo andrà valutato anche il rapporto con il più ampio contesto extramoenia, scenario significativo delle attività umane strettamente legate alla vita e alla costruzione culturale e fisica della città, nella continua dialettica norma-deroga e limite-soglia che caratterizza, sin dalle origini, la vicenda urbana europea.

Raffaele Amore, Prima di Ippodamo. L’interpretazione della forma urbana delle colonie della Magna Grecia secondo la letteratura specialistica (Before Hippodamus. The interpretation of the urban form of the colonies of Magna Graecia according to the specialized literature)

Alfredo Buccaro, Tracce di Neapolis. Per una ricostruzione del disegno della città antica (Neapolis traces. For a reconstruction of the Ancient City original plan)

Francesca Capano, La veduta di Partenope e Neapolis di Maresca, Buzzi e de Grado (1780) (View of Partenope and Neapolis by Maresca, Buzzi and de Grado (1780))

Mirella Izzo, Neapolis e i resti della città antica: dalle pagine dei grand tourists all’Historical GIS (Neapolis, the ruins of the ancient city from the journals and letters of Grand Tour travelers to the Historical GIS)

Maria Ines Pascariello, Saverio D’Auria, Intersezione di cardini e decumani: tracce e segni dell’antica Neapolis (Intersection of cardines and decumans: tracks and signs of Neapolis)

Salvatore Suarato, Il tessuto antico nella città contemporanea: Stabia e Castellammare tra permanenze e trasformazioni (The ancient structure in the contemporary city: Stabia and Castellammare between permanences and transformations)

Alessandra Veropalumbo, Le pubblicazioni dell’Accademia dei Lincei sugli scavi archeologici e monumenti antichi per lo studio della forma urbis di Napoli (The publications of the Accademia dei Lincei on archaeological excavations and ancient monuments for the study of the forma urbis of Naples)

6.13 Archeologia, architettura e restauro della città storica

Coordinatori: Alessandro Ippoliti (Università degli Studi di Ferrara), Benedetta Caglioti (Università degli Studi di Ferrara)

L’esigenza funzionale, spesso legata “all’attraversamento” della città e ai necessari spostamenti nella realtà quotidiana contemporanea, pone questioni metodologiche quando il contesto sul quale si interviene è un palinsesto di stratificazioni, testimonianza di plurime civiltà che, se correttamente interpretate, ci restituiscono significati storici, sociali, economici, educativi.
La sezione si propone di mettere a confronto diverse esperienze realizzate che hanno avuto l’obiettivo di trasmettere al futuro le testimonianze materiali di storia e bellezza che provengono dal passato e che hanno avuto necessariamente l’esigenza di “adattarsi” al progetto contemporaneo non privilegiando soluzioni di recupero, ristrutturazione, riqualificazione ma valorizzando le preesistenze attraverso una corretta conservazione, vivibilità e fruizione.

Francesca Romana Fiano, Alexandros Tsonidis, Maria Pasia, Yorgos Papazoglou, Christina Milopoulou, Antonia Stylianou, ECDYSIS: il processo di trasformazione della pelle urbana di Larissa. Riflessioni metodologiche sulla relazione tra archeologia e architettura (ECDYSIS: the Urban Skin transformation process in Larissa city. Methodological considerations on architecture and urban archaeology relationship)

Nicoletta Marconi, Valentina Florio, Identità antiquariale, stratificazione storica, cicatrici belliche, restauri. Il palazzo Colonna-Barberini nel palinsesto urbano di Palestrina (Antiquarian identity, historical stratification, wartime scars, restoration. The Colonna-Barberini palace in the urban palimpsest of Palestrina)

Luigi Oliva, La via Appia antica in ambito romano e nazionale: nuovi valori ed esperienze per la tutela e la fruizione della Regina Viarum. (The Appian Way in the Roman context and in the national one: new values and experiences for safeguarding and using the Regina Viarum.)

Florina Pop, Roberto Ragione, Rossella Leone, Città, restauro e multimedialità: interazioni per la conservazione della memoria archeologica nel contesto urbano di Roma (City, Conservation and Multimedia: Interactions for the Preservation of Archaeological Memory in the Urban Context of Rome)

6.14 Patrimonio, paesaggio e comunità: ricerche ed esperienze tra conoscenza, valorizzazione e sviluppo

Coordinatori: Elena Manzo (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), Marina D’Aprile (Università della Campania L. Vanvitelli)

Nell’ottica dell’integrazione delle risorse e dei valori ambientali con il retaggio storico e artistico – o più in generale con il patrimonio culturale dei luoghi – la sessione intende focalizzare il confronto su tecniche di conoscenza e strategie di intervento volte a favorire nuove direttrici di sviluppo, sostenibilmente e ricostruire connessioni culturali e artistiche tra luoghi disgregati o degradati, ma dalle forti potenzialità di rivalutazione per le economie locali e nazionali, segnatamente turistiche. La prospettiva di indagine e di confronto multidisciplinare privilegerà tematiche incentrate sulla valorizzazione di territori, urbani e periurbani, in allineamento con la oramai matura consapevolezza di una visione ecosostenibile nelle strategie di ristrutturazione dell’ambiente naturale e antropizzato, in linea con l’ormai consolidata interpretazione a livello globale della sostenibilità come sistema complesso e integrato di fattori ambientali, economici, sociali e culturali, identicamente determinanti per la promozione di fenomeni e processi che incidano, positivamente, sugli svolgimenti vitali. In tal senso, come suggerito dalla Convenzione di Faro, le interazioni tra patrimoni (naturali e culturali, materiali e immateriali) e comunità sostanziano i vettori privilegiati di una valorizzazione stricto sensu per la salvaguardia dei repertori culturali e del paesaggio nella loro accezione più ampia. In questo scenario, le greenways, in perfetta sintonia con gli obiettivi del Nuovo Bauhaus Europeo, configurano, ad esempio, un mezzo collaudato per incentivare la fruizione, la conoscenza – e, quindi, il senso di appartenenza – alle risorse identitarie, materiali e immateriali, di un territorio, favorendo forme di sviluppo socioeconomico, non limitate alla funzione turistica. Progettati ex novo, ovvero adattando infrastrutture di trasporto dismesse e antichi tracciati viari, gli itinerari ecologico-culturali costituiscono, difatti, una strategia riconosciuta (SNAI) anche per il rilancio di borghi interni, aree in via di spopolamento, in abbandono e paesaggi dimenticati, ristabilendo così interazioni e legami interrotti con le comunità di riferimento e promuovendone di ulteriori.

Ahmed Adham, Tarek Teba, Negotiating Urban Allotments In Berlin In The Lens Of The Narrative Analysis, ,

Maria Teresa Campisi, Angela Parisi, Ricostruire la memoria storica del territorio. Esperienze e riflessioni di ricerca su ambiti siciliani (Reconstruct the historical memory of the territory. Research experiences and reflections on Sicilian contexts)

Caterina F. Carocci, Costanza Arcidiacono, Renata Finocchiaro, Valentina Macca, Cesare Tocci, Poggioreale antica: alla ricerca della memoria perduta (Ancient Poggioreale: searching for lost memory)

Marina D’Aprile, Conservazione e valorizzazione dei patrimoni tra accessibilità e inclusività: lo strumento delle greenways nel contesto europeo (Heritage preservation and enhancement between accessibility and inclusiveness: the greenways tool in the European context)

Monica Esposito, Gli impianti termali campani: tra memoria storica, reti territoriali e sviluppo turistico (The thermal plants in Campania: between historical memory, territorial networks and tourism development)

Federica Fiorillo, “Slow Tour in Slow food”: un sistema di green ways tra le architetture rurali per la valorizzazione delle aree interne del Cilento (“Slow Tour in Slow food”: a system of greenways through rural architecture for the enhancement of the inland areas of Cilento)

Kreangkrai Kirdsiri, (The Historic town of Phetchaburi: Heritage and Community Effort for Values Transmission to the Sustainable Future)

Antonio Maio, Chiara Tosato, Valorizzare il territorio e la cultura materiale e immateriale: un centro studi europeo della dieta mediterranea nel nucleo antico di Serre (SA) (Valuing the territory and its material and immaterial culture: a European study centre on the Mediterranean diet in the ancient centre of Serre (SA))

Elena Manzo, Sulle tracce del Grand Tour. Greenways e beni culturali come strategia di sviluppo sostenibile per i borghi interni del Parco Nazionale del Cilento (In the footsteps of the grand tour. Greenways and cultural heritage for the sustainable development of Cilento National Park’s inland villages)

Marica Merola, Federica Fiorillo, Maria Rosaria Cocozza, Maurizio Perticarini, Green ways e nuove sinergie, un approccio multidisciplinare a supporto della riqualificazione infrastrutturale del Cilento (Green ways and new synergies, a multidisciplinary approach to support infrastructural redevelopment in the area of Cilento)

Riccardo Serraglio, Conoscenza e valorizzazione del paesaggio storico della vite maritata (Knowledge and enhancement of the historical landscape of the “vite maritata”)

Emanuela Sorbo, Gianluca Spironelli, La Chiesa ‘Incompiuta’ di Brendola. Processi collaborativi e memoria collettiva a confronto per una prospettiva di “longue durée” del bene culturale (The ‘Unfinished’ Church of Brendola. Collaborative processes and collective memory for a “longue durée” perspective on Cultural Heritage)

Antonella Violano, Slow Tourism e Paesaggi bioculturali: Temporary Smart House per la ricettività sostenibile delle aree interne (Slow Tourism and Biocultural Landscapes: Temporary Smart House for the sustainable hosting of internal areas)

6.16 Verde, orti e giardini per una “città rigenerativa”

Coordinatori: Maria Adriana Giusti (Politecnico di Torino)

AISU Panel

Una matura acquisizione dei temi legati ad ambiente, ecologia, sostenibilità, cambiamenti climatici, economia circolare impone di individuare strumenti per comprendere e gestire i cambiamenti che investono strutture, valori economici, antropologici, simbolici e identitari. Di fronte al degrado strutturale, alla fluidità di comportamenti, a sempre nuove emergenze, l’indagine deve allargarsi a vari campi, costruendo la conoscenza attraverso gli strumenti di un’ historie croisé per spiegare le interazioni di cultura, ecologia, risorse. Ciò evidenziando le opportunità dei territori urbani e di quei siti, terrain vague o luoghi di risulta, abbandonati o degradati, disposti ad accogliere modalità informali e usi condivisi, nella direzione sempre più forte e partecipata di una domanda sociale di naturalità, di valori legati alla cura, alla coltivazione (orti urbani, fluviali, verde industriale), al riciclo e alla sostenibilità. Il focus verte quindi sui modi di considerare il rapporto tra patrimonio urbano e natura come potente catalizzatore rigenerativo, a partire da indagini sulle utopie storiche, dalle garden city, agli interventi puntuali di micro-chirurgia ambientale dei parchi delle grandi città europee e non, fino a ricreare connettivi ecosistemici tra aree adibite a parchi e giardini e il tessuto circostante, più in generale l’integrazione del verde nei processi di riqualificazione. Ciò comporta di considerare, oltre agli approcci teorici e metodologici, anche le esperienze a scala nazionale e internazionale, a partire dagli esiti della scuola territorialista italiana che affronta il territorio come sistema vivente complesso. Tema centrale di discussione è la sostenibilità dello sviluppo incentrata sulla valorizzazione del patrimonio, quale elemento fondamentale per la produzione durevole di ricchezza, utilizzando l’acqua, la terra, la vegetazione, l’energia in modo coordinato e in armonia con il contesto, in funzione della resilienza del sistema. I contributi potranno orientativamente vertere su temi quali: Giardino in città/Città – giardino; principi ed esperienze per una nuova garden city: idea e sviluppo di un’utopia paesaggistica, esempi internazionali; l’integrazione del verde nella rigenerazione urbana, esperienze a confronto; ruolo della pianificazione per trasformare una “città sostenibile” in un “ecosistema urbano”.

Michele Cerro, ‘Pause’ verdi resilienti nella trama urbana di Napoli. Il caso del giardino di Palazzo Cellamare a Chiaia (Resilient green ‘breaks’ in the urban texture of Naples. The case of the garden of Palazzo Cellamare in Chiaia)

Gabriella De marco, Analogie: a partire da Une Dimanche après -midi a l’Ile de la Grande – Jatte di Georges Seurat. Divagazioni intorno al tema del tempo libero (By analogy from Une Dimanche après- midi a l’Ile de la Grande Jatte di Georges Seurat. A digression about the leisure)

Kennedy Gitu Wagura, Urban Herders in Nairobi: Negotiating between Survival and Extinction in a Rapidly Expanding city, ,

Marta Quintana de Juan, La Contemporanea Rus In Urbe O Il Richiamo Della Natura Nel Xxi Secolo – Modelli Storici Per La Città Verde Del Futuro (The Contemporary Rus In Urbe Or The Call Of Nature In The 21st Century – Historic Models For The Green City Of The Future)

Kevin Santus, Rileggere il moderno: valori progettuali per le fragilità climatiche contemporanee (Reinterpret the modernity: design values for contemporary climatic fragilities)

6.17 Il processo di patrimonlizzazione sull’eredità della cultura locale tra storia e cambiamenti

Coordinatori: Pelin Bolca (Politecnico di Torino), Francesca Giusti (Università degli Studi di Firenze)

Le aree storiche alle diverse scale (villaggi, città, paesaggi) rappresentano sistemi complessi che si sono adattati nel tempo a cambiamenti che differiscono nei contesti europei e non europei, modellando le diverse caratterizzazioni del patrimonio culturale. In genere potrebbero essere collegate alle città storiche, tuttavia il loro studio implica incroci specifici tra le tradizionali categorie di “urbano”, “periurbano” o “rurale”, che possono sembrare inadeguati per includere nuovi sviluppi e processi di patrimonializzazione. A ogni scala le aree storiche includono valori del patrimonio materiale e immateriale, collegati a siti culturali e naturali e/o che generano le memorie collettive. Pertanto richiedono un approccio olistico e una prospettiva lunga e duratura per raggiungere una migliore comprensione delle dinamiche, cambiamenti e caratterizzazioni sotto lenti locali e globali. Tale nuovo tipo di anatomia può permettere di comprendere le relazioni tra sviluppi storici e patrimonio.

L’obiettivo della sessione è quello di aprire una discussione su casi studio in/al di fuori l’Europa per offrire una prospettiva olistica sui processi di patrimonializzazione delle aree storiche nel lungo periodo, estendendo l’indagine alle esperienze di tutela e di restauro, valutandone l’impatto culturale e sociale. Particolare interesse verterà sull’eredità della cultura coloniale, e/o gli effetti del processo di costruzione della nazione a seguito di eventi bellici sulle azioni di classificazione, tutela, restauro e come questi processi si possono rapportare all’attuale dibattito sulla “decolonialitation” dello spazio urbano.

La sessione incorporerà discussioni ponendo interrogrativi del genere: come può un cambiamento (fisico/politico/sociale/economico/tecnologico/religioso/etc) modificare il processo di patrimonializzazione? In che modo l’uso alterato di un’area storica e la trasmissione delle conoscenze tra gli attori ha influenzato la comprensione del patrimonio e/o della memoria? Come ripensare la memoria locale, intrecciando punti di vista diversi (artisti, architetti, sociologi, psicologi, etc) e offrire nuove prospettive cha vadano al di là di azioni-simbolo come la rimozione degli emblemi dallo spazio pubblico? Le proposte che si avvalgono di rappresentazioni digitali di aree storiche nei loro contesti urbani e/o quadri storici narrati con le tecnologie digitali e linee guida intrecciate a vari temi saranno accolte con particolare favore.

Matteo Barisone, Niccolò Pozzi, RAPPORTO DA LA HABANA. Indagine sull’architettura cubana 1960-1990. Prime ipotesi per “Plaza de la Revolución”. (REPORT FROM LA HABANA. Investigation of the Cuban architecture 1960-1990. First project proposal of “Plaza de la Revolución”.)

Pelin Bolca, Francesca Giusti, Il Processo di Patrimonializzazione in Marocco dal protettorato francese all’indipendenza (The Process of Heritigization in Morocco from the French protectorate to the independence)

Bruno Di Gesù, La Decadenza Della Campagna Romana E L’espansione Edilizia Nel Settore Sud-Occidentale (The Decay Of The Roman Countryside And The Building Expansion In The Southwest Sector)

Macrosessione 7. Interazioni tra adattabilità e precarietà
7.01 Muovere dalle città verso i piccoli centri. Dinamiche storiche e prospettive attuali

Coordinatori: Mauro Volpiano (Politecnico di Torino), Teresa Colletta (Università di Napoli Federico II)

AISU Panel

La sessione intende proporre il tema del decentramento spontaneo dalle città più grandi verso i piccoli centri limitrofi, in tutta l’area mediterranea, negli anni più recenti, ma anche con riferimento a processi storici di più lunga durata.
I contributi proposti potranno riguardare:
1.La riqualificazione urbana dei piccoli centri e le leggi a riguardo italiane e mediterranee specifiche, i numerosi bandi e gli interessi dei sindaci delle piccole città.

  1. Casi studio di ripopolamento dei piccoli centri. Insediamenti storici e territori marginali: strategie e prospettive per il ripopolamento. I casi di piccoli comuni “virtuosi”, as best practices, nella valorizzazione del patrimonio, non solo in Italia, ma nell’area mediterranea (Francia, Spagna, Grecia, Turchia, Cipro etc.)
  2. Il patrimonio culturale materiale e immateriale dei piccoli centri: quali strumenti di conoscenza storica e quali fonti per la rigenerazione urbana e il riequilibrio territoriale.
  3. Il coinvolgimento attivo delle comunità residenti: identità locali, memorie e tradizioni, la riproposizione di antiche tradizioni festive, come strumenti per la rivitalizzazione nell’ottica di un turismo sostenibile.
  4. Riflessioni sulle nuove opportunità per associazioni e organizzazioni dal basso; processi partecipativi delle comunità ed il ruolo delle stesse nella valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale per la conservazione dello spirito del luogo.
  5. La dialettica tra insediamenti minori, ambiente rurale e paesaggio storico: conoscenza e salvaguardia in relazione alle dinamiche di ripopolamento, della tutela degli ambienti rurali e della valorizzazione dei paesaggi. Le nuove forme di città rurali.
  6. Le nuove tecnologie e le opportunità offerte dalla digitalizzazione nei piccoli centri in via di ripopolamento. Il ruolo degli” esperti” e la partecipazione dei protagonisti locali per preservare l’identità e autenticità del proprio patrimonio.
    Le comunicazioni dovranno essere sviluppate con particolare riferimento alle metodologie storiche di indagine del patrimonio, evidenziando le prospettive di ricerca nell’utilizzo delle fonti documentarie, gli approcci metodologici e critici alla storiografia dei luoghi, le possibili indagini sulla materialità degli insediamenti.

Marina Arena, Alessio Altadonna, Fabio Todesco, Il recupero dei piccoli centri. Ritornare a Massa San Nicola (The small towns regeneration. Return to Massa San Nicola)

Dimitra Babalis, Valeria Siddi, Strategie di Piano per la regolamentazione del traffico urbano. Mobilità Urbana Sostenibile e qualità urbana per il Centro Storico di Iglesias (Regulation strategies for urban traffic. Sustainable Mobility and urban quality for the City Centre of Iglesias)

Massimo Balsimelli, La conoscenza come metodo per la rigenerazione: gli insediamenti storici della Toscana (Knowledge as a method for the renewal: the historical settlements of Tuscany)

Antonio Bocca, Lia Fedele, Centri minori, energia e rigenerazione urbana (Small towns, energy and urban regeneration)

Gianluca Fenili, La valorizzazione dei centri storici: ricerca storica e analisi dell’edificato (The enhancement of historic centers: historical research and building analysis)

Viktoria Eva Lelek, Development and morphology of suburban residential areas in the Barcelona Metropolitan Region, ,

Maria Giulia Picchione, La cultura tradizionale e il patrimonio culturale immateriale quale elemento identitario delle comunità e garanzia per lo sviluppo economico e sociale (Traditional culture and intangible cultural heritage as an identity element of communities and as a guarantee for an economic and social development)

Daniela Stroffolino, Architettura: volano per la rinascita delle aree interne (Architecture: driving force for the rebirth of the rural areas)

Marina Tornatora, Claudia Prina, Archeologie indecise (Indecisive archaeology)

7.02 Ri-abitare/Dis-abitare. Strategie e progetti per luoghi e spazi in attesa

Coordinatori: Marina Tornatora (Università degli Studi di Reggio Calabria Mediterranea), Claudia Pirina (Università degli Studi di Udine)

Nella storia di città e regioni, repentine o lente fluttuazioni demografiche hanno da sempre prodotto luoghi e spazi che si sono trovati a far fronte alla necessità di più o meno profondi ripensamenti, a causa di mutate condizioni di fruizione. Se in taluni casi la riconversione ne ha garantito la sopravvivenza grazie alla loro capacità di adattamento a nuove istanze, in altri, il non immediato riassetto di manufatti e/o spazi ha condotto alla comparsa di una serie di ‘luoghi’ in attesa di trovare una nuova dimensione, una differente scala o di essere inseriti all’interno di reti più vaste capaci di trasformare territori fragili in spazi potenziali. In tal senso la pandemia ha contribuito a far riflettere sulle possibilità di inversione di trend negativi, proponendo nuovi possibili assetti per sviluppi economici che intervengano anche sulla rimodulazione di rapporti tra demografia e territorio, proponendo nuova vita per spazi ibridi/intermedi di ‘margine’. Ampliando il punto di vista, gli spazi in attesa possono essere intesi secondo differenti accezioni: spazi in dismissione o abbandono, spazi che necessitano di riuso/riabilitazione o riconversione, ma anche spazi incompiuti il cui interesse risiede nel ciò che avrebbe potuto essere, ma ancora non è. In un’ottica rivolta inoltre agli Obiettivi dell’Agenda 2030, tali spazi marginali (in senso fisico o meno) rappresentano un’opportunità per la ricostruzione di un rapporto tra urbano e rurale, o tra periferia e centro, oltre che per un attento rapporto tra necessità di nuove urbanità e consumo di suolo.
La dimensione della prefigurazione e figurazione proposta dalla sessione non rivolge il proprio interesse solo verso politiche o progetti che propongano di riabitare tali spazi, ma una loro dismissione e rinaturalizzazione in relazione a mutate condizioni di contesto. L’obiettivo è di sviluppare una riflessione sul processo di senescenza e abbandono dei territori e delle infrastrutture non più solo come espressione di un fallimento, ma di accompagnarlo tramite strumenti di transizione verso un’interazione fra insediamenti umani e ambiente naturale, con una maggiore attenzione alle dinamiche delle comunità. Una transizione di mentalità e di approccio che dovrebbe confrontarsi con una diversa idea di bello, lontana dall’estetizzazione imposta dal dominio della comunicazione e dell’immagine, per concorrere a un pluralismo paesaggistico.

Blagoja Bajkovski, Slobodan Velevski, Marija Mano Velevska, URBAN NARRATIVES FOR A CONTEMPORARY CITY
Rethinking urban growth on the case of a suspended area in Skopje city center (URBAN NARRATIVES FOR A CONTEMPORARY CITY Rethinking urban growth on the case of a suspended area in Skopje city center)

Riccarda Cantarelli, Oltre la crisi: riflessioni sulla sostenibilità nell’isola veneziana di Olivolo (Beyond the crisis: Reflections on sustainability on the Venetian island of Olivolo)

Giovanni Carli, Per un racconto urbano verbo-visuale. Hinc et nunc tra architettura e moda (For a verbal-visual urban story. Hinc et nunc between Architecture and Fashion)

Domenico Giuseppe Chizzoniti, Tommaso Lolli, Elisa Maruelli, Caratteri architettonici e significato della città. Strategia e recupero di alcune aree micro-dismesse nella città di Fidenza. (Architectural traits and significance of the city. Strategy and recovery of some micro-dismissed areas in the city of Fidenza.)

Giovanni Comi, Ri-abitare spazi fragili per costruire inedite relazioni (Re-inhabiting fragile spaces to build new relationships)

Maria Lorenza Crupi, La casa estesa e la terrazza sullo Stretto (The extended home and the terrace on the Strait)

Marco Ferrari, Elisabetta Bortolotto, Monica Bosio, Pietro Ferrara, Le possibilità di un’isola (The Possibilities of an Island)

Giampiero Lombardini, Dopo l’abbandono: i piccoli centri tra paura di morire e diritto di vivere. Il caso della Liguria interna (After abandonment: small towns between fear of dying and the right to live. The case of internal Liguria)

Olivia Longo, Davide Sigurtà, Ri-abitare la ex base NATO di Cavriana. Il progetto dell’attesa come valore storico. (Re-inhabiting the decommissioned NATO Base in Cavriana. The project of “waiting” as a historical value.)

Elisa Pilia, Donatella Rita Fiorino, Giovanni Sistu, Alice Scalas, Protocolli integrati per la rifunzionalizzazione sostenibile di grandi complessi ed areali demaniali storici dismessi. Il Progetto SOSLABS. (Integrated protocols for the sustainable reuse of historical decommissioned state-owned monumental complexes. The SOSLABS project.)

Giuseppina Scavuzzo, Tra il villaggio e la giugla. I luoghi sospesi dell’(in)ospitalità di confine. (Between the village and the jungle. The suspended places of border (in)hospitality.)

Giovangiuseppe Vannelli, Angela D’Agostino, Luisa Russo, Progetti per obsolescenze interne: frammenti di frazioni a Cerro al Volturno (Projects for inner obsolescence: fragments of hamlets in Cerro al Volturno)

Macrosessione 8. L’impatto della crisi
8.01 Narrative sullo scenario urbano del post-crisi

Coordinatori: Sara Monaci (Politecnico di Torino), Tatiana Mazali (Politecnico di Torino)

AISU Panel

La recente pandemia ha ampliato forme di esclusione preesistenti – ad esempio le disuguaglianze digitali emerse come gravi ostacoli all’accesso all’educazione, al lavoro, e alla possibilità di relazione e di socializzazione, – e ha rilevato come alcuni fenomeni – es. lo smart working, la didattica a distanza, i gig-workers – possano trasformarsi da opportunità desiderabili a forme di periferizzazione esistenziale (Ruzzeddu, 2020; Bolisani et al., 2020). Qui il concetto di periferia digitale corrisponde non solo ad un contesto spaziale – l’abitazione, il quartiere, la città – ma anche ad una periferia sociale e simbolica deve l’individuo si trova psicologicamente ai margini di un sistema (Papa, 2021). E’ interessante anche riflettere sul ruolo dei media nel diffondere immaginari e narrazioni ora volti a valorizzare la transizione al digitale come un orizzonte desiderabile, ora tese a metterne in luce i limiti e le contraddizioni. Siamo insomma di fronte ad una svolta epocale che gli apparati della comunicazione mainstream fanno fatica a raccontare, e che allo stesso tempo i social media fanno emergere attraverso la conflittualità dei discorsi d’odio, della misinformation e delle pandemie del non-senso. Tali processi sono difficili da cogliere in maniera sistematica, perché in fase di ascesa e in continuo mutamento, e per il fatto di essere composti da molti fenomeni minori, a volte interferenti a volte autonomi.
Obiettivo di questa sessione è quello di mettere a confronto contributi che riflettano sulle narrative post-pandemia relative a nuove condizioni di marginalità (a titolo esemplificativo donne in smart working, immigrati, riders etc.) ovvero a rappresentazioni conflittuali della “transizione digitale”.
La sessione si propone di accogliere sguardi multidisciplinari che spaziano dagli studi culturali sulla comunicazione e i media – con un focus anche sui metodi digitali più adeguati all’elaborazione e all’analisi dei dati in rete -, alle prospettive urbanistico-spaziali, alle analisi di stampo sociologico delle disuguaglianze.

Beatrice Agulli, Fabrizio Paone, Smart Working e nuove forme di esclusione. Indizi e tracce, a partire dal paesaggio urbano (Smart Working and new forms of exclusion. Clues and traces, starting from the urban landscape)

Alessandra Colombelli, Tania Cerquitelli, Greta Temporin, L’impatto della pandemia di Covid-19 sul personale tecnico-amministrativo e accademico in università: carico di lavoro eccessivo ed esaurimento (The impact of the Covid-19 pandemic on university administrative and academic staff: physical and emotional exhaustion and overwork)

Simone Persico, Sara Monaci, Tatiana Mazali, Narrazioni della disuguaglianza durante la pandemia in Italia: un approccio quanti-qualitativo per analizzare il dibattito Twitter sullo smart working (Narratives of inequalities during the COVID19 pandemic in Italy: a quanti-qualitative approach to analyse the Twitter debate on smart working)

Mariya Shcherbyna, (Inclusion, Culture Of Inclusion And Online-Education: Phenomenon And Significance)

Fiorella Spallone, Diritto allo Studio e innovazione urbana: una prospettiva socio-urbanistica per la definizione del public engagement (Right to study and urban innovation: a socio-urban perspective for the definition of public engagement)

8.02 Da plague-in cities a plug-in cities. Interventi e risanamenti urbani tra la seconda metà del XIV e la prima metà del XV secolo

Coordinatori: Damiano C. Iacobone (Politecnico di Milano)

Da plague-in cities a plug-in cities. Interventi e risanamenti urbani tra la seconda metà del XIV e la prima metà del XV secolo. La peste che colpì a metà del XIV secolo l’Italia e il resto d’Europa si era diffusa a partire dalle città di Messina e Genova, per poi interessare gran parte della penisola. Se la trasmissione dell’infezione avveniva dai ratti agli uomini attraverso le pulci, nondimeno contribuirono alla diffusione della pestilenza la congestione urbana, condizioni igieniche generali pessime e la presenza di rifiuti organici in luoghi pubblici. Per quanto già i Regimina contra pestis prevedevano l’isolamento e l’allontanamento dai luoghi affollati, sarebbe opportuno valutare quanto possa aver contribuito alla diffusione della pestilenza (sia pure in modo indiretto) la struttura urbana medievale, con la rete stradale principalmente curvilinea (che aveva raggiunto il suo apogeo nel XII secolo), con vicoli ciechi, isolati stretti e giustapposti e la ristrettezza dei luoghi pubblici. Allo stesso tempo sarebbe interessante valutare quanto il cambiamento dell’organizzazione urbana a favore di tracciati rettilinei, assi viari più ampi, piazze e spazi pubblici, che iniziano ad essere realizzati alla fine del ‘300 per diventare componenti essenziali della struttura urbana dal ‘400, sia stato anche determinato da esigenze di tipo sanitario e di contrasto alle epidemie (insieme alla realizzazione di lazzaretti e luoghi di isolamento), oltre che da istanze di decoro urbano, di rinnovamento delle tipologie edilizie e conseguente cambiamento dei tracciati viari, e da elaborazioni di carattere teorico. Una serie di casi specifici, sia riferiti all’Italia che al contesto europeo, posti in correlazione, potrebbero portare a comprendere come sia stata superata l’epidemia attraverso interventi urbani, sino a configurare una rete stabile e solida di città tra la fine del XIV secolo e la prima metà del secolo successivo. Del resto, gli studi più aggiornati sulle epidemie stanno cercando di superare l’approccio puramente biologico, cercando di «analizzare la maniera in cui l’organizzazione, le norme culturali di una società hanno saputo adattarsi alle costrizioni dell’ambiente naturale e far loro fronte» (A. Burguière).

Damiano Iacobone , Provvedimenti e misure contro la peste a Milano e nel suo territorio in età viscontea, ,

Gianluca Mete, Epidemie e urbanistica, dall’emergenza al cambiamento. Il caso di Cremona e dei centri vicini. (Epidemics and urban history: from the emergency to the changes. The case of Cremona and the other cities.)

Joana Pinho, Health environments and urban development in Lisbon (14th-16th centuries), ,

Paolo Storchi, Prevenire è meglio che curare. Accorgimenti urbanistici per rendere le città italiane più salubri e impedire la diffusione dei contagi nei XIV/XV sec. (Prevention is better than cure. Urban planning measures to make italian cities healthier and prevent the spread of the plague in the XIV/XV cent.)

8.03 COVINFORM

Coordinatori: Donatella Strangio (Sapienza Università di Roma), Elena Ambrosetti (Sapienza Università di Roma), Diotima Bertel (SYNYO Gmbh – Austria)

AISU Panel

Da quando il COVID-19 è emerso nel dicembre 2019, ha avuto un impatto sociale, comportamentale ed economico globale quasi senza precedenti. Gli effetti della pandemia vanno ben oltre la salute fisica, incidendo sulla “vita quotidiana” e sul benessere, sulla salute mentale, sull’istruzione, sull’occupazione e sulla stabilità politica. “Gruppi vulnerabili” come anziani, migranti, persone che vivono con malattie croniche, persone con uno status socioeconomico inferiore, ecc. sono stati colpiti in modo sproporzionato dalla pandemia e dalle sue conseguenze socioeconomiche.
Per comprendere l’impatto delle diverse misure su questi diversi gruppi, è necessaria una ricerca comparativa più completa e coordinata che affronti le risposte subnazionali e sovranazionali e nazionali e il loro impatto e le conseguenze previste e non intenzionali (anche storicamente). Le misure attuate a livello internazionale, nazionale o locale non hanno un impatto uguale sull’intera popolazione, con prove che evidenziano gli impatti sproporzionati che la pandemia ha avuto su diversi segmenti della società, colpendo in misura maggiore i gruppi vulnerabili ed emarginati.
Sarà importante confrontare i risultati sulle risposte avviate dai governi nazionali, comprendendo l’impatto ineguale e l’impatto della pandemia di COVID-19 sui gruppi vulnerabili, l’efficace comunicazione in risposta al COVID-19 accentuata dalla grande quantità di informazioni false e cospirazione teorie online nei paesi europei. Alla luce di quanto sopra, l’obiettivo di questa sessione è fornire prove preliminari risultanti dalla ricerca desk e empirica del progetto COVINFORM H2020. In particolare, mira a valutare l’impatto delle risposte nazionali e locali al COVID-19 sul comportamento umano, sulle dinamiche sociali e sugli esiti di salute fisica e mentale all’interno sia della popolazione generale che di specifici gruppi vulnerabili.

Alessandra De Rose, Maria Felice Arezzo, Marta Pasqualini, Vulnerabilità e disuguaglianze nella salute mentale: una valutazione dell’impatto della pandemia di Covid-19 (Vulnerabilities and inequalities in mental health: an assessment of the impact of the Covid-19 pandemic)

Sergei Shubin, Diana Beljaars, Louise Condon, Pandemic subjects in Wales: vulnerability, rationality, marginalisation, ,

Marco Teodori, Prima del Covid-19. Caratteri ed effetti a livello locale della prima grande pandemia influenzale del Novecento: la “spagnola” a Roma nel 1918-1919 (Before Covid-19. The local effects of the first great influenza pandemic of the twentieth century: the “Spanish flu” in Rome in 1918-1919.)

Marina Zannella, Giorgio Alleva, Elena Ambrosetti, Gloria Anderson, Massimo Fantoni, Rita Murri, Donatella Strangio, Alessandra De Rose, Sara Miccoli, Gli operatori sanitari durante la pandemia: risultati preliminari di un caso studio realizzato a Roma (The health care workers during the pandemic: preliminary finding of a case study implemented in Rome)

8.05 La rappresentazione dello spazio urbano in tempi di crisi

Coordinatori: Anat Falbel (EAHN Urban Representations Interest Group), Conor Lucey (University College Dublin), Ines Tolic (Università di Bologna)

AISU Panel

Con l’obiettivo di contribuire alla discussione proposta da AISU per il suo congresso Adaptive Cities – Tempi e sfide della città flessibile attraverso la lente postpandemica. Ripensare tempi e sfide della città, la EAHN Urban Representations Interest Group suggerisce una riflessione sulla rappresentazione dello spazio urbano in tempi di crisi.
Considerando la vulnerabilità dell’ambiente emersa con l’Antropocene e ragionando sulle conseguenze delle distruzioni in una prospettiva storica, analizzando fenomeni che vanno dal cambiamento climatico e i cosiddetti “disastri naturali” fino al diffondersi delle malattie, il tema principale della sessione è la rappresentazione iconografica delle catastrofi naturali e di quelle causate dall’uomo, come anche le risposte (di attori pubblici e di quelli privati) volte a contenere gli effetti di tali eventi.
La sessione vorrebbe richiamare soprattutto contributi in grado di riflettere sulla rappresentazione dello spazio urbano in tempi di crisi nel periodo storico compreso fra il XVIII secolo e il giorno d’oggi, usando come fonte diverse tipologie di documenti visuali. Contestualmente, si invitano i relatori a interrogarsi sul contesto culturale e sulle condizioni che hanno portato alla realizzazione di questi documenti (ragioni, codici, convenzioni, produttori), considerando la rappresentazione sia come oggetto di analisi che come operazione storiografica. Casi studio specifici dovrebbero essere considerati come opportunità per individuare interpretazioni e temi storiografici di più ampio respiro, contribuendo in questo modo al dibattito sulla rappresentazione urbana e sulle metodologie della sua analisi, da un punto di vista storico ma con un occhio rivolto verso le sfide del futuro. Alcune delle domande che la sessione si pone di affrontare sono: Quali sono state le modalità dominanti di rappresentazione delle catastrofi urbane nell’Antropocene? In che modo queste rappresentazioni sono state prodotte e fatte circolare indicendo così sulla messa a punto di nuove strategie urbane o portando a nuove rappresentazioni? In che modo l’iconografia dello spazio urbano in tempi di crisi ha incorporato o si è appropriata dell’apporto di altre discipline? In che modo gli ultimi due anni hanno modificato il nostro punto di vista sul rapporto fra città e malattia, e in che modo questa relazione è stata rappresentata? In quale misura la rappresentazione della città in tempi di crisi contribuisce a dare forma al suo futuro?

Alessandro Benetti, 1979: fotografie di un quartiere in cantiere. La rénovation urbaine di Parigi come crisi pianificata (1979: photographs from a neighborhood in progress. Paris’s rénovation urbaine as a planned state of crisis)

Cristina Cuneo, La rappresentazione della città e la sua fruizione digitale: lo spazio urbano durante il lockdown. Il caso di Torino (The representation of the city and its digital use: urban space during the great lockdown. The case of Turin)

Lilyana Karadjova, The discursive spaces of natural disasters rephotography

Piotr Kisiel, 60%: war damage in a small town

Ines Tolic, Chiara Monterumisi, Fra crisi e progetto. Le rappresentazioni del Fiera District attraverso la lente postpandemica (Between Design and Crisis: The Representations of Bologna’s Fiera District Through the Postpandemic Lens)

8.06 In guerra e in pace. Minacce belliche e mutazioni della città europea in epoca contemporanea

Coordinatori: Andrea Maglio (Università Federico II di Napoli), Gemma Belli (Università di Napoli Federico II)

AISU Panel

In epoca contemporanea modalità belliche ed esigenze di ampliamento e trasformazione urbana hanno diversamente interagito, condizionando forma, struttura e immagine delle città europee. Nell’Ottocento il venire meno della necessità di determinati elementi difensivi, come ad esempio le mura, offre l’occasione per ripensare la configurazione urbana, in concomitanza con la forte crescita demografica e le nuove esigenze di modernizzazione. D’altro canto, se a inizio secolo sorgono nuovi spazi per le funzioni militari, come il Campo di Marte, si avverte pure l’esigenza di adeguare presìdi e strutture con funzioni militari (porti, caserme, infrastrutture viarie, ecc.). Nel Novecento, poi, le diverse modalità con cui sono condotte le azioni offensive comporta una capacità di adattamento ancora più evidente. La Seconda guerra mondiale richiede la nascita di misure difensive quali rifugi antiaerei, piani per l’evacuazione e la sicurezza di abitanti, edifici e opere d’arte, ma anche il ripensamento della struttura del territorio, talvolta immaginando la nascita di piccoli centri considerati meno vulnerabili. La fine della guerra, ancora, segna la comparsa di nuovi studi mirati a prevenire gli effetti di eventuali conflitti e a misurarsi, successivamente, con le condizioni della ‘guerra fredda’. La fine di quest’ultima, infine, comportando una riorganizzazione delle alleanze come la Nato, di fronte a casi di dismissione, pone ulteriori occasioni di riuso e ripensamenti. La sessione sollecita contributi in grado di legare il tema delle trasformazioni urbane di epoca contemporanea alle diverse modalità con cui negli ultimi due secoli sono stati condotti in Europa i conflitti e, nel secondo dopoguerra, alle misure generate dalle paure di nuovi possibili, catastrofici eventi bellici.

Gemma Belli, Pianificare la città e paura del conflitto atomico. Il contributo di Domenico Andriello (1909-2003) nell’Italia del secondo dopoguerra. (Planning the city and fear of the atomic conflict. The contribution of Domenico Andriello (1909-2003) in post-World War II Italy.)

Ermanno Bizzarri, L’architettura italiana dei rifugi antiaerei durante la seconda guerra mondiale. Strategie di difesa sotterranea (The Italian Architecture of Air-raid Shelters during World War II. Strategies of Underground Protection)

Francesca Capano, Il castello di Ischia nell’Ottocento, e la reggia divenne carcere (Ischia castle in the 19th century, and the royal palace became a prison)

Martin Harutyunyan, Architecture of Stepanakert, the capital of Nagorno Karabakh, 1990-2020 (between two large-scale wars), ,

Andrea Maglio, Dalla guerra alla pace: il modello di città “articolata e diradata” nella ricostruzione tedesca da sistema difensivo a rappresentazione dell’occidente (From War to Peace: the “Articulated and Spread out” City in Germany, from a Defensive System to the Representation of the Democratic West)

Fabio Mangone, Da fabbrica bellica ad arsenale. Il complesso di via Campegna a Napoli, 1939-1960. (From a War factory to an Arsenal. The Via Campegna complex in Naples, 1939-1960.)

Giovanni Menna, L'”Istituto per i Figli del Popolo di Napoli” (1939-40): un collegio paramilitare in riva al mare (The “Istituto per i Figli del Popolo di Napoli” (1939-40): a paramilitary college by the sea)

Valeria Pagnini, Gli istituti di formazione militare a Napoli tra Settecento e Ottocento: modelli di educazione civica e trasformazione urbana (Military training institutes in Naples between the eighteenth and nineteenth centuries: models of civic education and urban transformation)

Giovanni Spizuoco, Le città storiche indiane e la colonizzazione britannica a cavallo tra Ottocento e Novecento: sommosse, rivoluzioni e trasformazione urbana. (Historic Indian cities and British colonization at the turn of the nineteenth and twentieth centuries: riots, revolutions and urban transformation.)